TAR Firenze, 10.05.2019 n. 693
Le controversie inerenti alla fase esecutiva esorbitano dall’ambito cognitivo proprio della giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che le attività riferite allo stesso rientrano pienamente nell’ambito di un rapporto negoziale che, a partire dall’affidamento, si connota per l’assenza di poteri autoritativi (cfr. Cassazione civile, Sez. unite, 6.9.2010, n. 19049; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 20.7.2012, n. 1596; Sez. II, 20.10.2005, n. 3450; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 29.12.2008, n. 12364; T.A.R. Trento, 13.0.2005, n. 246; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 17.11.2003, n. 13607).
A nulla rileva il fatto che l’Amministrazione abbia denominato il proprio provvedimento come revoca della aggiudicazione. La qualificazione giuridica dell’atto spetta infatti al giudice che deve operarla, tenendo conto del suo contenuto sostanziale e non del nomen juris ad esso attribuito dalla p.a.
Essendo la aggiudicazione l’atto conclusivo di una procedura di gara (non importa se negoziata o meno) l’annullamento o la revoca della stessa presuppone la valorizzazione di vizi di legittimità o di merito inerenti tale procedimento o relativi alle fasi che lo hanno preceduto.
Invece, qualora (…) l’atto adottato sia fondato su presupposti inerenti la qualità o la quantità della prestazione promessa non vengono in questione tratti inerenti la procedura di gara ma elementi inerenti la fase esecutiva del rapporto la cui cognizione appartiene al giudice ordinario. Ciò vale a prescindere dal fatto che il contratto sia stato o meno stipulato, atteso che la natura della controversia (e la conseguente individuazione del giudice avente giurisdizione su di essa) va determinata sulla base di elementi obiettivi e non può dipendere dalla decisione delle parti di sottoscrivere o meno un atto negoziale.
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