Lotti – Suddivisione – Obbligo – Disciplina nuovo Codice dei contratti – Valutazione dei contapposti interessi – Motivazione – Limiti (art. 51 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Firenze, 12.12.2016 n. 1755

6 – Con il primo motivo di ricorso l’Impresa censura il bando di gara impugnato, per aver lo stesso indetto una gara di consistenti dimensioni senza divisione in lotti, come imposto dall’art. 51 del d.lgs. n. 50 del 2016, in tal modo restringendo la concorrenza, in palese violazione dei principi comunitari volti a favorire gare pubbliche nelle quali sia garantito un confronto concorrenziale aperto anche alle imprese di piccole e medie dimensioni. La Sezione si è già pronunciata su tematica simile nella sentenza n. 1129 del 2016, ancorché resa su gara alla quale si applicava la disciplina di cui al d.lgs. n. 163 del 2006; la questione deve quindi essere ripresa e analizzata nel nuovo contesto disciplinare di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 e della normativa europea di cui esso costituisce recepimento. Anche nel nuovo quadro disciplinare la censura è infondata alla luce delle considerazioni di seguito esplicitate.
6.1 – L’art. 51 del d.lgs n. 50 del 2016 ha mantenuto e in parte rafforzato il principio della “suddivisione in lotti”, posto in essere “al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese” alle gare pubbliche, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006. Deve tuttavia evidenziarsi che, anche nel nuovo regime, il principio non risulta posto in termini assoluti e inderogabili, giacché il medesimo art. 51, al comma 1, secondo periodo, afferma che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera d’invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139”. Il principio della “suddivisione in lotti” può dunque essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata; residua tuttavia la necessità di comprendere le indicazioni che l’ordinamento fornisca in ordine ai valori o interessi nel perseguimento dei quali la deroga può avvenire, giacché la regolamentazione procedimentale (obbligo di motivazione), pur significativa e importante, non copre lo spazio ancor più rilevante della legalità sostanziale e cioè della scelta del contemperamento degli interessi pubblici contrapposti. Risposta al quesito pare rinvenibile dall’esame della disciplina europea, di cui quella nazionale costituisce recepimento. Il n. 78 della direttiva 2014/24/UE, occupandosi della questione, dopo aver posto in evidenza la necessità di garantire la partecipazione delle PMI alle gare pubbliche e il correlato strumento della suddivisione in lotti, si occupa anche della possibile scelta della stazione appaltante di non procedere all’articolazione in lotti e, oltre a prevedere la necessità di motivazione, si spinge anche a considerare le possibili ragioni giustificative di una tale scelta: evidenzia quindi che “tali motivi potrebbero, per esempio, consistere nel fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ritiene che tale suddivisione possa rischiare di limitare la concorrenza o di rendere l’esecuzione dell’appalto eccessivamente difficile dal punto di vista tecnico o troppo costosa, ovvero che l’esigenza di coordinare i diversi operatori economici per i lotti possa rischiare seriamente di pregiudicare la corretta esecuzione dell’appalto”. Tra gli interessi che possono essere valorizzati dalle stazioni appaltanti per non procedere alla suddivisione in lotti vi è dunque anche quello dei costi cui la suddivisone in lotti può condurre. Ecco che già a livello europeo compare la tensione tra i due contrapposti obiettivi costituiti, da un lato, dalla finalità di garantire la partecipazione delle PMI alle gare d’appalto, con conseguente loro suddivisione in lotti di importo limitato, e, dall’altro, della finalità di garantire razionalizzazione e contenimento della spesa attraverso la centralizzazione e aggregazione delle gare medesime.
6.2 – Ai fini della composizione dei suddetti contrapposti interessi assume rilievo, come dato di legislazione interna che consuma parte della scelta valutativa della stazione appaltante, la legislazione di c.d. spending review; viene in particolare in considerazione la disciplina di cui all’art. 9 del decreto-legge n. 66 del 2014, norma che, in relazione alla acquisizione di servizi specificamente individuati da parte di soggetti nominativamente indicati e al superarsi di soglie anch’esse specificamente fissate, impone l’aggregazione, centralizzando gli acquisti medesimi in all’uopo creati. Il DPCM 24 dicembre 2015 (in G.U. 9 febbraio 2016, n. 32), cui la norma primaria ha rimesso la disciplina applicativa, sottopone alle gare centralizzate, in chiara funzione di risparmio di spesa, l’affidamento dei “servizi di smaltimento rifiuti sanitari” di importo superiore a € 40.000,00. Si tratta di regolamentazione che, pur non escludendo in radice la suddivisione in lotti, effettua una selezione delle tipologie di gare per le quali l’obiettivo di aggregazione in funzione del contenimento dei costi e dell’ottenimento di economie di scala appare oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore.
6.3 – Nel caso in esame il soggetto aggregatore, che ha indetto la gara ai sensi della richiamata disciplina di cui al decreto-legge n. 66 del 2014 e del DPCM del 24 dicembre 2015, ha correttamente motivato la scelta di non procedere alla suddivisione in lotti, statuendo che “la gara è impostata in unico lotto per ottenere economie di mercato, a fronte di tipologie di prestazioni uguali per tutta la Regione, come richiesto dalla mission di Estar dalla tipologia di gara ricompresa nell’elenco del DPCM 24/12/15, riservate ai soggetti aggregatori, considerando che l’attuale assetto di mercato, come evidenziato dal dialogo tecnico effettuato, non pregiudica la partecipazione alla gara”. Alla luce delle considerazioni sopra svolte e della normativa europea e interna richiamata si tratta di motivazione adeguata e idonea a rispondere all’obbligo di giustificazione di cui all’art. 51 del d.lgs. n. 50 del 2016.
6.4 – Parte ricorrente invoca anche la violazione dell’art. 30 del d.lgs. n. 50 del 2016 e del principio di libera concorrenza ivi garantito, con l’effetto di dover ulteriormente scrutinare se la scelta del lotto unico effettuata nella gara in considerazione non rischi di pregiudicare un confronto concorrenziale adeguato e molteplice, ponendo le gare nelle mani di pochi operatori.
Anche questo profilo di contestazione può essere respinto.
Risulta infatti significativo che, pur in presenza di gara a lotto unico di importo assai notevole, i requisiti di fatturato richiesti per la partecipazione sono parametrati su importi non proibitivi e che lasciano aperta la possibilità di ampia partecipazione degli operatori economici del settore. Infatti il Disciplinare di gara prevede che gli operatori interessati devono aver svolto nel triennio servizi corrispondenti per importo di almeno € 8.500.000,00 e quindi per concorrere è necessario un fatturato medio annuo intorno a € 2.800.000,00, ammontare non particolarmente preclusivo alla concorrenza, se si tiene conto che i limiti dimensionali per qualificare un operatore economico come “piccola impresa” arriva fino a 10 milioni di euro di fatturato annuo, anche se congiunto a numero di dipendenti (DM Attività Produttive 18 aprile 2005). D’altra parte gli operatori possono poi utilizzare tutto lo strumentario proprio del diritto degli appalti che consente anche ai più piccoli di accedere al mercato degli appalti pubblici (ATI, avvalimento).

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