Offerte imputabili ad un unico centro decisionale: illegittima l’esclusione automatica senza previo contraddittorio (Art. 38)

lui232TAR Torino, 10.07.2015 n. 1214
(sentenza integrale)

“L’art. 38, primo comma – lett. m-quater), del Codice dei contratti pubblici dispone che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento di appalti i soggetti “che si trovino, rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all’art. 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale”.
In forza di tale disposizione, sono sanzionate con l’esclusione dalla gara non solo le ipotesi di collegamento formale tipizzate dall’art. 2359 cod. civ., ma anche le situazioni di cosiddetto collegamento sostanziale le quali, attestando la riconducibilità dei soggetti partecipanti alla selezione ad un unico centro decisionale, possono mettere in pericolo il rispetto delle regole generali di par condicio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione. Il legislatore ha inteso evitare il rischio di ammettere alla gara soggetti che, in quanto legati da stretta e stabile comunanza di interessi, non sono ritenuti capaci di formulare offerte caratterizzate dalla necessaria indipendenza, serietà ed affidabilità.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, la riconducibilità delle offerte ad un unico centro decisionale può essere affermata dalla stazione appaltante solo in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti.
Come è noto, la Corte di Giustizia ha avuto modo di pronunciarsi sul previgente D.Lgs. n. 157 del 1995, giudicando la normativa italiana in materia di appalti di servizi incompatibile con il diritto comunitario, e segnatamente con la Direttiva 1992/50/CE, nella parte in cui vietava in assoluto la partecipazione alla medesima gara d’appalto di imprese che si trovassero in una situazione di collegamento: secondo la Corte, il diritto comunitario osta ad una disposizione nazionale che, pur perseguendo gli obiettivi legittimi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, stabilisca un divieto assoluto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, di partecipare in modo simultaneo e concorrente ad una medesima gara d’appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul rispettivo comportamento nell’ambito della gara (Corte Giust. CE, sent. 19 maggio 2009, in C-538/07, Assitur s.r.l.).
Il Codice dei contratti pubblici è stato prontamente adeguato al principio affermato dalla Corte. L’art. 38, primo comma – lett. m-quater) e secondo comma, del D.Lgs. n. 163 del 2006, come modificato dall’art. 3, secondo comma, del D.L. n. 135 del 2009), contempla come causa di esclusione non più il controllo formale ex se, ma ogni situazione di controllo e collegamento, formale o sostanziale, accompagnata da univoci elementi di prova che le offerte siano riconducibili ad un unico centro decisionale, prescrivendo altresì che la verifica e l’eventuale esclusione siano disposte dalla stazione appaltante solo dopo l’apertura delle buste contenenti l’offerta economica.
Sotto il profilo procedimentale, a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia, non è più consentito alle stazioni appaltanti di sanzionare il collegamento tra imprese mediante l’esclusione automatica dalla procedura selettiva, ma occorre accertare se, in concreto, tale situazione abbia influito o meno sul loro rispettivo comportamento nell’ambito della gara, consentendo alle imprese interessate di dimostrare nell’apposito sub-procedimento l’insussistenza di rischi di turbativa della selezione (così, da ultimo: TAR Piemonte, sez. I, 6 marzo 2015 n. 430; nel senso della necessità di un accertamento in contraddittorio con le imprese concorrenti, si veda già: TAR Lazio, sez. II, 8 maggio 2014 n. 4810; Cons. Stato, sez. IV, 25 gennaio 2010 n. 247).
Nella seduta pubblica del 9 gennaio 2015, il responsabile del procedimento ha invece deliberato l’immediata esclusione delle concorrenti T. s.r.l. ed I. s.r.l., ritenendo che le rispettive offerte fossero imputabili ad un unico centro decisionale, senza darne alcun preavviso e senza consentire loro la presentazione di controdeduzioni entro un termine breve compatibile con l’esigenza di celerità della gara.
Ad avviso del Collegio, il vizio del contraddittorio non può essere degradato come inidoneo all’annullamento dell’esclusione, in applicazione dell’art 21-octies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990.
Infatti, al cospetto di una decisione della stazione appaltante tipicamente discrezionale, quale quella sulla effettiva incidenza della situazione di collegamento sulla formulazione delle offerte, non incombe sulla ricorrente l’onere di fornire la prova circa la rilevanza del momento partecipativo, essendo invece vero il contrario. Sul punto, l’amministrazione resistente non ha fornito in modo convincente la prova, seppur in chiave necessariamente prognostica, della inutilità a priori dell’apporto partecipativo delle società escluse dalla gara.
Con specifico riguardo alla fattispecie di esclusione disciplinata dall’art. 38, primo comma – lett. m-quater), del Codice dei contratti pubblici, è ben possibile che l’instaurazione del contraddittorio con i soggetti interessati permetta di raggiungere una differente valutazione degli indizi di collegamento. Ad esempio, le imprese avrebbero potuto rendere giustificazioni in ordine alla vicinanza dei ribassi percentuali, alle somiglianze grafiche delle offerte, alle date ed alle modalità di confezionamento e spedizione dei plichi, alle date di effettuazione dei versamenti obbligatori, alla condivisione dei soggetti emittenti delle cauzioni provvisorie, e così via.
Come affermato da autorevole dottrina, l’indefettibilità del contraddittorio discende, anche nell’ambito delle gare d’appalto, dall’art. 47, par. 2, della Carta dei diritti dell’Unione Europea, per effetto del quale il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio è stato elevato a principio comunitario, quale parte integrante del “diritto ad una buona amministrazione” ed in perfetta corrispondenza con le garanzie discendenti dall’art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Con il conseguente necessario adeguamento, innanzitutto in via di interpretazione conforme, delle norme di diritto interno ed in particolare degli artt. 21-octies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990, nelle fattispecie in cui l’amministrazione procedente non abbia rispettato gli obblighi partecipativi.
La Corte europea, infatti, ha affermato che il necessario svolgimento di un procedimento in contraddittorio presuppone non soltanto la facoltà per l’interessato di accedere al fascicolo, ma anche il dovere per l’autorità procedente di dare comunicazione d’ufficio all’interessato degli elementi fattuali e giuridici rilevanti per consentirgli un contraddittorio effettivo, tale da poter influire sull’esito della decisione: in tal senso, non è consentita la violazione delle regole poste a garanzia dei soggetti coinvolti nel procedimento, anche se, in ipotesi, tale violazione non abbia influito in concreto sull’esito della decisione amministrativa (cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo, sent. 25 luglio 2000, Mattoccia; Id., sent. 5 ottobre 2000, APEH Uldozotteinek Szovetsege).
Né può dubitarsi, alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte, circa l’attinenza dei procedimenti di evidenza pubblica per l’affidamento di appalti ai “diritti e doveri di carattere civile” richiamati dall’art. 6, par. 1, della Convenzione (cfr., tra molte: Corte europea dei diritti dell’uomo, sent. 10 luglio 1998, Tinnelly & Sons Ltd; Id., sent. 21 settembre 2006, Arac; Id., sent. 11 dicembre 2008, Velted-98 AD).”

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