Corte di Giustizia Europea, 14.01.2021 (C-387/19)
L’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2015/2170 della Commissione, del 24 novembre 2015, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una prassi in forza della quale un operatore economico è tenuto a fornire spontaneamente, al momento della presentazione della sua domanda di partecipazione o della sua offerta, la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati per dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza, nei suoi confronti, di un motivo di esclusione facoltativo di cui all’articolo 57, paragrafo 4, di detta direttiva, come modificata dal regolamento delegato 2015/2170, qualora un simile obbligo non risulti né dalla normativa nazionale applicabile né dai documenti di gara. Per contro, l’articolo 57, paragrafo 6, di detta direttiva, come modificata dal regolamento delegato 2015/2170, non osta a un siffatto obbligo qualora esso sia previsto in modo chiaro, preciso e univoco nella normativa nazionale applicabile e sia portato a conoscenza dell’operatore economico interessato mediante i documenti di gara.
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Il considerando 102 della direttiva 2014/24 è così formulato: «(…) è opportuno consentire che gli operatori economici possano adottare misure per garantire l’osservanza degli obblighi volte a porre rimedio alle conseguenze di reati o violazioni e a impedire efficacemente che tali comportamenti scorretti si verifichino di nuovo. Tali misure potrebbero consistere, in particolare, in misure riguardanti il personale e l’organizzazione quali la rottura di tutti i rapporti con le persone o con le organizzazioni coinvolte nel comportamento scorretto, in misure adeguate per la riorganizzazione del personale, nell’attuazione di sistemi di rendicontazione e controllo, nella creazione di una struttura di audit interno per verificare la conformità e nell’adozione di norme interne di responsabilità e di risarcimento. Qualora tali misure offrano garanzie sufficienti, l’operatore economico interessato non dovrebbe più essere escluso solo sulla base di tali motivi. Gli operatori economici dovrebbero avere la possibilità di chiedere che siano esaminate le misure adottate per garantire l’osservanza degli obblighi ai fini di una possibile ammissione alla procedura di aggiudicazione. Occorre tuttavia lasciare agli Stati membri la facoltà di determinare le esatte condizioni sostanziali e procedurali applicabili in tali casi. Essi dovrebbero essere liberi, in particolare, di decidere se consentire alle singole amministrazioni aggiudicatrici di effettuare le pertinenti valutazioni o affidare tale compito ad altre autorità a livello centrale o decentrato». |
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L’articolo 18 di tale direttiva, intitolato «Principi per l’aggiudicazione degli appalti», al suo paragrafo 1, dispone quanto segue: «Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità e in modo non discriminatorio e agiscono in maniera trasparente e proporzionata. (…)». |
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L’articolo 57 di detta direttiva, intitolato «Motivi di esclusione», ai suoi paragrafi da 4 a 7, enuncia quanto segue: «4. Le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere, oppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni: (…)
(…)
(…) 5. (…) Le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere oppure gli Stati membri possono esigere che le amministrazioni aggiudicatrici escludano un operatore economico in qualunque momento della procedura qualora risulti che l’operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui al paragrafo 4. 6. Un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 4 può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione. Se tali prove sono ritenute sufficienti, l’operatore economico in questione non è escluso dalla procedura d’appalto. A tal fine, l’operatore economico dimostra di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito, di aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità investigative e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti. Le misure adottate dagli operatori economici sono valutate considerando la gravità e le particolari circostanze del reato o dell’illecito. Se si ritiene che le misure siano insufficienti, l’operatore economico riceve una motivazione di tale decisione. Un operatore economico escluso con sentenza definitiva dalla partecipazione alle procedure di appalto o di aggiudicazione delle concessioni non è autorizzato ad avvalersi della possibilità prevista a norma del presente paragrafo nel corso del periodo di esclusione derivante da tale sentenza negli Stati membri in cui la sentenza è effettiva. 7. In forza di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e nel rispetto del diritto dell’Unione, gli Stati membri specificano le condizioni di applicazione del presente articolo. In particolare essi determinano il periodo massimo di esclusione nel caso in cui l’operatore economico non adotti nessuna misura di cui al paragrafo 6 per dimostrare la sua affidabilità. Se il periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza definitiva, tale periodo non supera i cinque anni dalla data della condanna con sentenza definitiva nei casi di cui al paragrafo 1 e i tre anni dalla data del fatto in questione nei casi di cui al paragrafo 4». |
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L’articolo 59 della medesima direttiva, intitolato «Documento di gara unico europeo», ai suoi paragrafi 1 e 2, dispone quanto segue: «1. Al momento della presentazione delle domande di partecipazione o delle offerte, le amministrazioni aggiudicatrici accettano il documento di gara unico europeo (DGUE) che consiste in un’autodichiarazione aggiornata come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi in cui si conferma che l’operatore economico in questione soddisfa le seguenti condizioni:
(…) Il DGUE consiste in una dichiarazione formale da parte dell’operatore economico, in cui si attesta che il pertinente motivo di esclusione non si applica e/o che il pertinente criterio di selezione è soddisfatto, e fornisce le informazioni rilevanti come richiesto dall’amministrazione aggiudicatrice. Il DGUE indica inoltre l’autorità pubblica o il terzo responsabile per determinare il documento complementare e include una dichiarazione formale secondo cui l’operatore economico sarà in grado, su richiesta e senza indugio, di fornire tali documenti complementari. (…) 2. Il DGUE è elaborato sulla base di un modello di formulario. La Commissione stabilisce tale modello di formulario mediante atti d’esecuzione. (…)». |
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L’articolo 69 della direttiva 2014/24, intitolato «Offerte anormalmente basse», al suo paragrafo 1 così dispone: «Le amministrazioni aggiudicatrici impongono agli operatori economici di fornire spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte se queste appaiono anormalmente basse rispetto a lavori, forniture o servizi». |
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L’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 prevede che gli Stati membri devono mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a tale direttiva entro il 18 aprile 2016, mentre l’articolo 91, primo comma, di detta direttiva dispone che la direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114), è abrogata a decorrere dal 18 aprile 2016. |
Regolamento di esecuzione (UE) 2016/7
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L’allegato 2, parte III, C, del regolamento di esecuzione (UE) 2016/7 della Commissione, del 5 gennaio 2016, che stabilisce il modello di formulario per il documento di gara unico europeo (GU 2016, L 3, pag. 16), contiene, in particolare, le due seguenti sezioni:
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Sulla prima questione
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Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una prassi di uno Stato membro secondo cui l’operatore economico interessato è tenuto a fornire spontaneamente, al momento della presentazione della sua domanda di partecipazione o della sua offerta nell’ambito della procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati per dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza, nei suoi confronti, di un motivo di esclusione facoltativo di cui all’articolo 57, paragrafo 4, di detta direttiva, qualora un simile obbligo non risulti né dalla normativa nazionale applicabile né dai documenti di gara. |
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A tal riguardo, in primo luogo, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24, un operatore economico che sia interessato, in particolare, da uno dei motivi di esclusione facoltativi di cui all’articolo 57, paragrafo 4, di tale direttiva può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità, fermo restando che, se tali prove sono ritenute sufficienti, l’operatore economico in questione non è escluso dalla procedura d’appalto per un siffatto motivo. Tale disposizione introduce, dunque, un meccanismo di provvedimenti di ravvedimento operoso (self-cleaning) conferendo al riguardo un diritto agli operatori economici che gli Stati membri devono garantire al momento della trasposizione di tale direttiva, nel rispetto delle condizioni stabilite da quest’ultima [v., per analogia, per quanto riguarda l’articolo 38, paragrafo 9, della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU 2014, L 94, pag. 1), che è equivalente all’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24, sentenza dell’11 giugno 2020, Vert Marine, C‑472/19, EU:C:2020:468, punti 16 e 17]. |
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Occorre rilevare che né il tenore letterale dell’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24 né il considerando 102 di tale direttiva precisano in che modo o in quale fase della procedura d’appalto possa essere fornita la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso. |
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In tali circostanze, si deve constatare che, alla luce del solo tenore letterale dell’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24, la possibilità lasciata agli operatori economici di fornire la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati può essere esercitata su iniziativa di questi ultimi o su iniziativa dell’amministrazione aggiudicatrice, così come può essere esercitata al momento della presentazione della domanda di partecipazione o dell’offerta o in una fase successiva della procedura. |
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Tale interpretazione è suffragata dall’obiettivo perseguito dall’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24. Infatti, prevedendo che un operatore economico debba fornire la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso, tale disposizione mira a sottolineare l’importanza attribuita all’affidabilità dell’operatore economico nonché a garantire una valutazione obiettiva degli operatori economici e ad assicurare una concorrenza effettiva (v., per analogia, sentenza dell’11 giugno 2020, Vert Marine, C‑472/19, EU:C:2020:468, punto22). Orbene, tale obiettivo può essere raggiunto qualora sia fornita la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso, in qualunque fase della procedura che preceda l’adozione della decisione di aggiudicazione, essendo essenziale che l’operatore economico abbia la possibilità di far valere e far esaminare i provvedimenti che, a suo avviso, consentono di rimediare a un motivo di esclusione che lo riguarda. |
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Detta interpretazione è altresì avvalorata dal contesto in cui si inserisce l’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24. A tal riguardo, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 57, paragrafo 7, di tale direttiva, le condizioni di applicazione di tale articolo e, pertanto, del paragrafo 6 di quest’ultimo devono essere specificate dagli Stati membri nel rispetto del diritto dell’Unione. Orbene, nell’ambito del margine di discrezionalità di cui dispongono nella determinazione delle modalità procedurali di cui all’articolo 57, paragrafo 6, di detta direttiva (v., per analogia, sentenza dell’11 giugno 2020, Vert Marine, C‑472/19, EU:C:2020:468, punto 23), gli Stati membri possono prevedere che la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso debba essere fornita spontaneamente dall’operatore economico interessato al momento della presentazione della sua domanda di partecipazione o della sua offerta, così come essi possono anche prevedere che tale prova possa essere fornita dopo che detto operatore economico sia stato formalmente invitato a farlo dall’amministrazione aggiudicatrice in una fase successiva della procedura. |
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Tale margine di discrezionalità degli Stati membri lascia tuttavia impregiudicate le disposizioni della direttiva 2014/24 che prevedono la possibilità per gli operatori di fornire spontaneamente la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso sin dalla presentazione della domanda di partecipazione alla procedura d’appalto pubblico o della loro offerta. Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 49 delle sue conclusioni, l’articolo 59, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/24 prevede che le amministrazioni aggiudicatrici debbano accettare, al momento della presentazione di tali domande o di tali offerte, il DGUE, documento mediante il quale l’operatore economico dichiara sull’onore di essere interessato da un motivo di esclusione e di aver adottato misure di autodisciplina o «Self-Cleaning», fatte salve ulteriori verifiche. |
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Ciò premesso, le disposizioni di cui all’articolo 59 della direttiva 2014/24, relative al DGUE, non ostano a che gli Stati membri decidano, nell’ambito del margine di discrezionalità ricordato al punto 30 della presente sentenza, di lasciare all’amministrazione aggiudicatrice l’iniziativa di chiedere la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso successivamente alla presentazione della domanda di partecipazione o dell’offerta, anche nel caso in cui la domanda di partecipazione o l’offerta siano accompagnate da un DGUE. |
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Dall’interpretazione letterale, teleologica e sistematica dell’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24, quale risulta dai punti da 27 a 30 della presente sentenza, emerge che tale disposizione non osta né a che la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso sia fornita dall’operatore economico interessato di propria iniziativa o su espressa richiesta dell’amministrazione aggiudicatrice né a che essa lo sia al momento della presentazione della domanda di partecipazione o dell’offerta o in una fase successiva della procedura d’appalto. |
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In secondo luogo, occorre precisare che, come risulta dall’articolo 57, paragrafo 7, della direttiva 2014/24, gli Stati membri sono tenuti, quando stabiliscono le condizioni di applicazione di tale articolo 57, a rispettare il diritto dell’Unione. In particolare, essi devono osservare non solo i principi per l’aggiudicazione degli appalti enunciati all’articolo 18 della direttiva 2014/24, tra i quali figurano, in particolare, i principi di parità di trattamento, di trasparenza e di proporzionalità, ma anche il principio del rispetto dei diritti della difesa, il quale, in quanto principio fondamentale del diritto dell’Unione, di cui il diritto di essere ascoltato in qualsiasi procedimento costituisce parte integrante, trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo, come una decisione di esclusione adottata nell’ambito di una procedura d’appalto (sentenza del 20 dicembre 2017, Prequ’ Italia, C‑276/16, EU:C:2017:1010, punti 45 e 46 nonché giurisprudenza ivi citata). |
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In tali circostanze, occorre anzitutto ricordare, da un lato, che, in forza del principio di trasparenza, tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione devono essere formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, così da permettere a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata e di interpretarle allo stesso modo (sentenza del 14 dicembre 2016, Connexxion Taxi Services, C‑171/15, EU:C:2016:948, punto 40 e giurisprudenza ivi citata). Dall’altro lato, il principio della parità di trattamento esige che gli operatori economici interessati da un appalto pubblico dispongano delle stesse opportunità nella formulazione delle loro offerte, conoscano esattamente i vincoli procedurali e siano assicurati del fatto che gli stessi requisiti valgono per tutti i concorrenti (sentenza del 14 dicembre 2016, Connexxion Taxi Services, C‑171/15, EU:C:2016:948, punto 39 e giurisprudenza ivi citata). |
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Ne consegue che, qualora uno Stato membro preveda che la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso possa essere fornita solo spontaneamente dall’operatore economico al momento della presentazione della domanda di partecipazione o dell’offerta, senza possibilità, per detto operatore, di fornire tale prova in una fase successiva della procedura, i principi di trasparenza e di parità di trattamento richiedono, come sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 66 e 67 delle sue conclusioni, che gli operatori economici siano apertamente informati in via preventiva, in maniera chiara, precisa e univoca, dell’esistenza di un siffatto obbligo, vuoi che tale informazione risulti direttamente dai documenti di gara, vuoi che essa risulti da un rinvio, in tali documenti, alla normativa nazionale pertinente. |
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Inoltre, il diritto di essere ascoltato implica che, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 90 e 91 delle sue conclusioni, tali operatori devono essere in grado, per poter manifestare, utilmente ed efficacemente, il loro punto di vista in tale domanda o in tale offerta, di identificare, essi stessi, i motivi di esclusione che l’amministrazione aggiudicatrice può invocare nei loro confronti alla luce delle informazioni contenute nei documenti di gara e nella normativa nazionale al riguardo. |
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Infine, nei limiti in cui esso non costituisce un ostacolo irragionevole all’esercizio del regime dei provvedimenti di ravvedimento operoso, l’obbligo per gli operatori economici di fornire spontaneamente la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso nella loro domanda di partecipazione o nella loro offerta è conforme, nel caso in cui sia esercitato alle condizioni ricordate ai punti 36 e 37 della presente sentenza, al principio di proporzionalità, in forza del quale le norme stabilite dagli Stati membri o dalle amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito dell’attuazione delle disposizioni della direttiva 2014/24, come le norme destinate a specificare le condizioni di applicazione dell’articolo 57 di tale direttiva, non devono andare oltre quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi previsti da questa stessa direttiva (v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Tim, C‑395/18, EU:C:2020:58, punto 45 e giurisprudenza ivi citata). |
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Nel caso di specie, occorre rilevare che, come indicato dal giudice del rinvio, sebbene il Regno del Belgio abbia trasposto nel suo diritto nazionale, mediante l’articolo 70 della legge del 17 giugno 2016, l’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24 precisando che la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso deve essere fornita su iniziativa dell’operatore economico, tale legge non era entrata in vigore alla data di pubblicazione del bando di gara e neppure alla data di presentazione dell’offerta delle ricorrenti nel procedimento principale. Inoltre, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, pur richiamando i motivi di esclusione previsti dalla normativa nazionale allora in vigore, i documenti di gara non indicavano espressamente che tale prova dovesse essere fornita spontaneamente dall’operatore economico interessato. |
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In tali circostanze, e fatto salvo l’obbligo che incombeva alle ricorrenti nel procedimento principale, in forza dei requisiti di trasparenza e di lealtà, di informare l’amministrazione aggiudicatrice dei gravi illeciti professionali che esse avevano commesso nell’ambito dell’esecuzione di appalti precedenti aggiudicati dalla stessa amministrazione aggiudicatrice, tali ricorrenti potevano ragionevolmente attendersi, sul solo fondamento dell’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24, che esse sarebbero state successivamente invitate dall’amministrazione aggiudicatrice a fornire la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati per porre rimedio a qualsivoglia motivo di esclusione facoltativo che tale amministrazione potesse rilevare. |
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Dai punti da 34 a 37 della sentenza del 3 ottobre 2019, Delta Antrepriză de Construcţii şi Montaj 93 (C‑267/18, EU:C:2019:826), che si riferisce a una normativa nazionale che non precisava se la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso dovesse essere o meno fornita spontaneamente dall’operatore economico, né in quale fase della procedura dovesse essere fornita, emerge che, sebbene incomba agli operatori economici informare l’amministrazione aggiudicatrice, sin dal momento della presentazione della loro domanda di partecipazione o della loro offerta, della cessazione anticipata di un precedente contratto di appalto per gravi carenze, l’amministrazione aggiudicatrice, qualora concluda che sussiste un motivo di esclusione derivante da tale cessazione o che vi sia dissimulazione di informazioni relative a tale cessazione, deve nondimeno dare agli operatori interessati la possibilità di fornire la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati. |
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Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione sollevata dichiarando che l’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una prassi in forza della quale un operatore economico è tenuto a fornire spontaneamente, al momento della presentazione della sua domanda di partecipazione o della sua offerta, la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati per dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza, nei suoi confronti, di un motivo di esclusione facoltativo di cui all’articolo 57, paragrafo 4, di detta direttiva, qualora un simile obbligo non risulti né dalla normativa nazionale applicabile né dai documenti di gara. Per contro, l’articolo 57, paragrafo 6, di detta direttiva non osta a un siffatto obbligo qualora esso sia previsto in modo chiaro, preciso e univoco nella normativa nazionale applicabile e sia portato a conoscenza dell’operatore economico interessato mediante i documenti di gara. |
Sulla seconda questione
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Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24 debba essere interpretato nel senso che produce un effetto diretto. |
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A tale riguardo, da una giurisprudenza costante risulta che, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise, è possibile farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato membro interessato, sia quando quest’ultimo abbia omesso di trasporre tempestivamente la direttiva nell’ordinamento nazionale sia quando esso l’abbia trasposta in modo non corretto (sentenza del 13 febbraio 2019, Human Operator, C‑434/17, EU:C:2019:112, punto 38). |
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Nel caso di specie, occorre rilevare che, come risulta in sostanza dalla decisione di rinvio, la legge del 17 giugno 2016 volta a trasporre la direttiva 2014/24 nel diritto belga è entrata in vigore solo il 30 giugno 2017, ossia in una data successiva alla data di scadenza del termine di trasposizione di tale direttiva, il 18 aprile 2016. Pertanto, la questione dell’effetto diretto dell’articolo 57, paragrafo 6, di detta direttiva è pertinente. |
46 |
La Corte ha precisato che una disposizione del diritto dell’Unione è, da un lato, incondizionata se sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione né subordinato, per quanto riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni dell’Unione o degli Stati membri e, dall’altro, sufficientemente precisa per poter essere invocata da un singolo ed applicata dal giudice allorché sancisce un obbligo in termini non equivoci (sentenza del 1o luglio 2010, Gassmayr, C‑194/08, UE:C:2010:386, punto 45 e giurisprudenza ivi citata). |
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La Corte ha inoltre dichiarato che, anche se una direttiva lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità per l’adozione delle modalità della sua attuazione, una disposizione di tale direttiva può essere considerata di carattere incondizionato e preciso se addossa agli Stati membri, in termini non equivoci, un’obbligazione di risultato precisa e assolutamente incondizionata quanto all’applicazione della regola da essa enunciata (v., in tal senso, sentenze del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a., da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punti 104 e 105, nonché del 14 ottobre 2010, Fuß, C‑243/09, EU:C:2010:609, punti 57 e 58). |
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Nel caso di specie, si deve considerare che, prevedendo che un operatore economico possa fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un motivo di esclusione che lo riguarda, l’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24 conferisce agli operatori economici un diritto che, da un lato, è formulato in termini non equivoci e, dall’altro, addossa agli Stati membri un’obbligazione di risultato che, sebbene le sue condizioni sostanziali e procedurali di applicazione debbano essere specificate dagli Stati membri in forza dell’articolo 57, paragrafo 7, di tale direttiva, non dipende dalla trasposizione nel diritto interno per poter essere invocata dall’operatore economico interessato e applicata a vantaggio di quest’ultimo. |
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Infatti, indipendentemente dalle concrete modalità di applicazione dell’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24, tale disposizione prevede in modo sufficientemente preciso e incondizionato, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 46 della presente sentenza, che l’operatore economico interessato non possa essere escluso dalla procedura d’appalto qualora riesca a dimostrare, in modo ritenuto soddisfacente dall’amministrazione aggiudicatrice, che i provvedimenti di ravvedimento operoso adottati ripristinano la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un motivo di esclusione che lo riguarda. Di conseguenza, l’articolo 57, paragrafo 6, di tale direttiva prevede, a vantaggio di tale operatore economico, un livello minimo di tutela indipendentemente dal margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri nella determinazione delle condizioni procedurali di tale disposizione (v., in tal senso, sentenze del 14 luglio 1994, Faccini Dori, C‑91/92, EU:C:1994:292, punto 17, nonché del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a., da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punto 105). Ciò vale a maggior ragione in quanto, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 102 delle sue conclusioni, l’articolo 57, paragrafo 6, di detta direttiva stabilisce gli elementi fondamentali del regime dei provvedimenti di ravvedimento operoso e del diritto conferito all’operatore economico indicando gli elementi minimi da dimostrare nonché i criteri di valutazione da rispettare. |
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Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione sollevata dichiarando che l’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che esso produce un effetto diretto. |
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
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