Divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici (Art. 57)

SeA no name miniCons. Giust. Amm., Sez. Giur., 03.03.2015 n. 188
(sentenza integrale)

“Dopo la scadenza del 31.1.2006, nonostante sia incontestato che il rapporto contrattuale tra le parti si sia protratto sino al 2010 (cfr. l’attestazione, con valenza confessoria, rilasciata dall’Azienda appellata in data 26.8.2010 riferita al servizio reso dalla T. negli anni 2007-2009), non constano verifiche istruttorie ad hoc, né tanto meno ulteriori atti di rinnovo o di proroga adottati in forma espressa, non essendo stati depositati né dalla parte appellante, né dall’azienda.
Né può supplire il documento prodotto in ultimo dalla difesa di T., che assume (anche ai sensi dell’art. 104, co. 2, c.p.a.) di non averne avuto la disponibilità prima, e che ha ad oggetto un atto del 20.2.2007 (quindi a distanza di oltre un anno dalla scadenza del gennaio 2006) del Direttore generale dell’Azienda ospedaliera che recava l’autorizzazione alla prosecuzione di un numero cospicuo di rapporto di fornitura e di servizi – vi si legge – “con validità contrattuale scaduta o di prossima scadenza, presso le ditte già aggiudicatarie/affidatarie, alle medesime quotazioni economiche già praticate, nelle more dell’espletamento e aggiudicazione delle nuove gare”.
Si tratta, infatti, di un atto interno e generale, di programmazione della spesa, cui è del tutto ovvio ritenere che dovessero seguire singoli e puntuali accordi contrattuali, tra Azienda ospedaliera e privati appaltatori tenuti ad eseguire il singolo appalto, rispettosi – in primo luogo – della regola generale di garanzia che impone per i contratti della pubblica amministrazione la forma scritta ai sensi dell’art. 1350 c.c. e dalla cui violazione consegue la nullità del contratto (v., ex multis, Cass., n. 9219/2014 e Cons. St., VI, n. 3507/2010).
All’assenza di forma scritta si accompagna la già prospettata inosservanza del divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici, inosservanza che l’art. 57 co. 7 del d.lgs. 163/2006 sanziona, sempre, con la nullità.
Non è forse inutile rammentare come la disposizione appena ricordata abbia una chiara impronta comunitaria, costituendo il portato della previsione introdotta con l’art. 23 della l. 62/2005 (che modificava l’art. 6 della l. 537/1993, in seguito abrogato dal d.lgs. 163/2006) proprio per far fronte all’avvio di una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano, volta a sanzionare una prassi tradizionalmente incline ad ammettere il rinnovo tacito dei contratti pubblici.
Né qualificando la fattispecie diversamente, nei termini di una proroga anziché di un rinnovo, se ne potrebbe predicare in qualche modo la validità, avendo l’art. 57, u.c., una valenza generale e di sistema (v. Cons. St., V, n. 4192/2013 e n. 2151/2011).
Anche i non molti precedenti giurisprudenziali degli ultimi anni favorevoli alla proroga dei contratti pubblici hanno limitato tale possibilità ai soli casi in cui fosse stata prevista da una clausola generale della lex specialis e la sua concreta attuazione, per un periodo circoscritto e necessario all’indizione di una nuova gara ed in forma espressa, fosse sorretta da una adeguata motivazione (v. ad esempio Cons. St., III, n. 3580/2013).
Il che conferma come, a tutto concedere, la sola proroga ammissibile sia quella espressa e pur sempre nel rispetto di condizioni che nella vicenda in esame, comunque, non sarebbe dato riscontrare (v., anche, Infra).”

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