Consiglio di Stato, Sez. VI, 17.03.2014 n. 1312
(estratto)
In via generale, l’Amministrazione, come soggetto giuridico, può agire non solo in forma autoritativa, ma anche in base ai modelli interprivati, restando soggetta in quest’ultimo caso alle medesime regole vigenti per i privati nei loro rapporti.
Tale dualismo emerge in modo evidente nella materia contrattuale, che vede l’Amministrazione soggetta a regole dettate nell’interesse pubblico per la scelta dell’altro contraente, con applicazione però delle norme di diritto privato dopo l’instaurazione del rapporto negoziale, fonte di diritti soggettivi e di correlativi obblighi fra le parti; a tale differente linea concettuale corrisponde il riparto di giurisdizione, che assegna al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva in materia di “affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, svolti da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria, ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale [….]”(cfr. art. 244 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nonché art. 133, comma 1, lettera e), n. 1 Cod. proc. amm.), mentre spetta al giudice ordinario la cognizione su controversie, attinenti alla fase esecutiva del contratto (cfr., fra le tante, Cons. Stato, V, 10 febbraio 2010, n. 691; IV, 2 febbraio 2010, n. 469; Cass. SS.UU. 22 agosto 2007, ord. n. 17829).
Nell’ambito di detta fase esecutiva, è stata ritenuta espressione di un irrinunciabile potere autoritativo di valutazione discrezionale dei requisiti del contraente, il recesso dell’appaltatore ai sensi dell’art. 11, commi 2 e 3 d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia), per sospetto di infiltrazioni mafiose nell’impresa appaltatrice, con conseguente cognizione del giudice amministrativo (Cass., SS.UU., 11 gennaio 2011, n. 391; 29 agosto 2008, n. 21928; 17 dicembre 2008, n. 29425), ma non anche il recesso effettuato nella fase esecutiva, da considerare paritetica e rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario (Cass. SS.UU., 28 novembre 2008, n. 28345; Cons. Stato, V, 7 gennaio 2009, n. 8; Cons. Giust, Amm. Reg. Sic. 28 settembre 2007, n. 883; Cons. Stato, V, 14 maggio 2010, n. 2959 e 10 febbraio 2010, n. 691; Cons. Stato, IV, 2 febbraio 2010, n. 469). Al medesimo giudice ordinario si ritiene affidato ogni atto successivo all’aggiudicazione ed alla stipula del contratto, ivi compresa la revoca dell’aggiudicazione stessa per sopravvenuti motivi di opportunità (cfr. in tal senso Cass., SS.UU., 11 gennaio 2011, n. 391).
Così, il Collegio non ritiene che il citato art. 1, comma 13, del d.-l. n. 135 del 2012 possa corrispondere all’attribuzione di una potestà, che consenta all’Amministrazione – già parte di un rapporto contrattuale a regolazione civilistica – di intervenire ab extra sul rapporto stesso in forma e modalità autoritativa, in modo tale da svincolarsi dagli obblighi contrattuali assunti per affermate esigenze di interesse pubblico. Non confermano tale indirizzo, infatti, né il testo, né la ratio della norma in esame: il primo, in quanto assegna in modo esplicito all’Amministrazione un “diritto” di recesso e la seconda (coincidente con la possibilità di ottenere prestazioni “migliorative”, in base ai parametri delle convenzioni stipulate da Consip), poiché detta finalità viene perseguita con una fattispecie di recesso unilaterale del contratto, che costituisce mera specificazione di quanto comunque consentito al committente, nell’ambito dei contratti di appalto, a norma dell’art. 1671 Cod. civ..
Sono già assicurate dalla norma ricognitiva del diritto in questione (lex specialis rispetto al citato art. 1671 Cod. civ.), pertanto, le finalità di interesse pubblico al perseguimento di economie di scala ed alla omogeneità dei costi delle forniture e dei servizi, commissionati da pubbliche amministrazioni tramite un centro specializzato per i loro approvvigionamenti con inerente contrattazione centralizzata, in capo a una figura, organizzativa (oggi la Consip s.p.a.) istituita per un tale scopo.
Una volta formalizzate le convenzioni, che dovrebbero assicurare detti parametri di maggiore convenienza, ogni altra forma di contrattazione è dichiarata nulla (art. 1, comma 1, d.-l. n. 95 del 2012) e solo in via transitoria – per i contratti stipulati prima della data di entrata in vigore del ricordato d.-l. n. 95 del 2012 (convertito dalla l. 7 agosto 2012, n. 135) – si attribuisce appunto al contraente pubblico il diritto di recesso in questione, con successiva adesione alla convenzione Consip, ove l’appaltatore non acconsenta a modificare in senso conforme le condizioni contrattuali (con pagamento comunque, in caso di non adesione di detto appaltatore, delle prestazioni già eseguite e di un decimo di quelle da eseguire: art. 1 cit., comma 13).
Costituisce, pertanto, esercizio di un potere a carattere contrattuale dell’Amministrazione – in forza di una clausola contrattuale inserita ex lege, a norma dell’art. 1339 Cod. civ. – e non espressione di una potestà pubblica, che sarebbe in sé estrinseca al sinallagma contrattuale, l’esercizio del diritto di recesso, che la legge riconosce nella situazione anzidetta.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it
RISORSE CORRELATE
- Esecuzione - Consegna anticipata, parziale e sotto riserva - Successivo inadempimento dell'affidatario - Revoca dell'aggiudicazione e scorrimento in favore dell’impresa seconda classificata in gara - Giurisdizione del Giudice Ordinario (art. 32 d.lgs. n. 50/2016)
- Stipulazione del contratto d'appalto - Revoca dell'aggiudicazione - Inammissibilità - Occorre recesso (Art. 134)
- Recesso delle Amministrazioni da un contratto di fornitura e servizi per "spending review"