Subappalto – Limite – Incompatibilità con il diritto euro unitario – Disapplicazione – Affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi – Distinzione (art. 105 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 31.05.2021 n. 4150

L’art. 105, comma 2, del Codice dei contratti pubblici (nella parte in cui prevede che il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto) deve essere disapplicato in quanto incompatibile con l’ordinamento euro-unitario, come affermato dalla Corte di Giustizia nelle pronunce Sezione Quinta, 26 settembre 2019, C-63/18, e 27 novembre 2019, C-402/18 (Cons. St., sez. V, 16 gennaio 2020, n. 389, che ha puntualmente rilevato come “i limiti ad esso relativi (30% per cento ‘dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture’, secondo la formulazione del comma 2 della disposizione richiamata applicabile ratione temporis, […] deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea”; id., sez. V, 17 dicembre 2020, n. 8101.

L’art. 105, comma 3, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016 non può essere configurato come una norma derogatoria del subappalto posto che la disposizione muove dalla considerazione della specificità di determinate categorie di forniture e di servizi e, sulla base della natura peculiare di dette prestazioni e della diversità del regolamento contrattuale in termini di rapporti tra le parti del contratto e con l’amministrazione appaltante, giunge alla conclusione che i contratti con i quali vengono affidate a lavoratori autonomi specifiche attività rientranti nell’appalto non sono contratti di subappalto; ne deriva che la disciplina in tema di subappalto non è immediatamente estendibile, se non si dimostri che il contratto di lavoro autonomo costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto.

Nell’interpretazione dell’art. 105, comma 3, lett. a), del Codice dei contratti pubblici (secondo cui “non si configurano come attività affidate in subappalto […] l’affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi, per le quali occorre effettuare comunicazione alla stazione appaltante”) occorre muovere dalla premessa che le prestazioni oggetto di siffatti contratti sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico e non invece direttamente a favore di quest’ultimo, come avviene nel caso del subappalto.
L’impostazione del problema in termini di deroga rispetto alla disciplina del subappalto della norma sull’impiego di lavoratori autonomi (così come nell’ipotesi della utilizzazione di prestazioni rese sulla base dei contratti continuativi di cooperazione: lett. c-bis) del medesimo art. 105, comma 3), non tiene conto della differenza specifica che intercorre tra i due tipi di contratti, che emerge anche dalle norme sopra richiamate. L’art. 105, comma 3, cit., non può essere configurato come una norma derogatoria del subappalto posto che essa muove dalla considerazione della specificità di determinate categorie di forniture e di servizi e, sulla base della natura peculiare di dette prestazioni e della diversità del regolamento contrattuale in termini di rapporti tra le parti del contratto e con l’amministrazione appaltante, giunge alla conclusione che i contratti con i quali vengono affidate a lavoratori autonomi specifiche attività rientranti nell’appalto non sono contratti di subappalto (l’incipit dell’art. 105, comma 3, cit. fornisce un’univoca indicazione testuale in tal senso: “Le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto […]”). La norma in questione pertanto delimita i confini rispetto alla nozione di subappalto applicabile nella disciplina sui contratti pubblici, ma non è una norma derogatoria del regime sul subappalto (né di natura eccezionale).
La distinzione tra le due figure contrattuali (subappalto e lavoro autonomo) si fonda non solo, come si è veduto, sulla specificità delle prestazioni, ma anche sulla diversità degli effetti giuridici dei due tipi di contratto. Le prestazioni alla base dei due contratti sono infatti dirette a destinatari diversi: nel caso del subappalto, il subappaltatore esegue direttamente parte delle prestazioni del contratto stipulato con l’amministrazione, sostituendosi all’affidatario; nell’altro caso, le prestazioni sono rese in favore dell’aggiudicatario che le riceve, inserendole nell’organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all’amministrazione appaltante. Nel subappalto vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; mentre nel contratto di cooperazione la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore. I due contratti sono quindi diversi quantomeno sul piano funzionale.
​​​​​​​Ne deriva che la disciplina in tema di subappalto non è immediatamente estendibile, se non si dimostri che il contratto di lavoro autonomo costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto (il che, nella concreta fattispecie, non risulta).

fonte: sito della Giustizia Amministrativa