Riforma P.A. (SCIA, CONF. SERVIZI, Responsabilità, Semplificazione): i pareri del Consiglio di Stato

A complemento della documentazione sull’adozione del nuovo codice degli appalti pubblici, riteniamo utile ed indispensabile per gli operatori del settore pubblicare tutti i pareri recentemente resi dal Consiglio di Stato sulla riforma complessiva della P.A. avviata dal Governo. La pagina verrà aggiornata contestualmente all’avanzamento dell’iter di approvazione delle singole norme.

SEMPLIFICAZIONE: parere del Consiglio di Stato 15.04.2016, n. 929

Parere sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante “Norme per la semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti amministrativi, ai sensi dell’articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n. 124″

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CONFERENZA DI SERVIZI: parere del Consiglio di Stato 07.04.2016, n. 890

I punti principali del parere del Consiglio di Stato sulla conferenza dei servizi.
1. La norma di delega e lo schema di decreto legislativo.
La delega contenuta nell’art. 2 della legge n. 124 del 2015 mira a riformare integralmente la conferenza di servizi, il principale istituto di semplificazione in caso di procedimenti complessi, che richiedono una valutazione contestuale tra plurimi interessi, sia pubblici sia privati, in vista di un risultato finale unitario.
La delega si fonda su alcuni principi innovativi (accanto ad altri confermativi della disciplina vigente), fra i quali:
· la riduzione delle ipotesi in cui la conferenza di servizi è obbligatoria;
· la possibilità di limitare l’obbligo di presenziare alle riunioni della conferenza ai soli casi di procedimenti complessi;
· la partecipazione in conferenza di un rappresentante unico, anche per le amministrazioni statali;
· l’espressa introduzione del potere di autotutela;
· le nuove modalità di superamento del dissenso, che assume ora la forma di un’opposizione dinanzi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Lo schema si compone di due Titoli:
· il Titolo I opera la completa riformulazione degli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241;
· il Titolo II contiene, invece, le disposizioni di coordinamento fra tale disciplina generale e la normativa di settore che regola lo svolgimento della conferenza di servizi.
2. Il contenuto del parere reso dal Consiglio di Stato: aspetti generali. L’importanza della formazione, della comunicazione istituzionale, del monitoraggio.
Il Consiglio di Stato rileva che la disciplina della conferenza di servizi è stata modificata in tutte le legislature e da quasi tutti i Governi dal 1990 ad oggi; auspica che il futuro decreto legislativo si riveli più efficace dei molteplici interventi legislativi precedenti, ma ritiene altresì necessario chiedersi se, dopo tanti tentativi, la soluzione non possa risiedere anche in interventi ulteriori e di tipo diverso rispetto a quello dell’(ennesima) novella della legge n. 241.
Il parere auspica che, oltre alla semplificazione procedimentale conseguibile con il nuovo testo, si debba perseguire una semplificazione sostanziale, che si concretizzi in politiche pubbliche capaci di regolare e graduare i diversi interessi, allo scopo di rendere più agevole la loro composizione.
È necessario poi adottare misure ‘non normative’ di sostegno alla riforma:
– la prima riguarda il ‘fattore umano’, che ricopre un ruolo fondamentale per il successo della riforma. Occorrono amministratori professionalmente ‘capaci’ e in grado di condurre il processo decisionale verso decisioni corrette, tempestive e non incentrate solo su profili giuridico-amministrativi: appare dunque indispensabile un programma formativoad hoc, che ben potrebbe essere affidato alla supervisione della riformata Scuola nazionale dell’amministrazione (SNA);
– occorre altresì che il Governo si impegni in un’opera di comunicazione istituzionale delle potenzialità dei nuovi strumenti e di diffusione della cultura del cambiamento, rivolta agli amministratori, ma anche agli operatori privati;
– è necessario, infine, che la fase di implementazione della riforma in atto venga accompagnata da adeguate misure di monitoraggio delle prassi applicative, ricorrendo allo strumento della verifica di impatto della regolamentazione (VIR).
3. La partecipazione del privato alla conferenza di servizi.
Il parere rileva l’opportunità di reintrodurre in modo espresso nel nuovo testo la possibilità per il privato di partecipare attivamente ai lavori della conferenza, con pieno accesso ai relativi atti (facoltà che è invece prevista dall’attuale art. 14-ter).
4. I rapporti fra la nuova conferenza di servizi e le valutazioni ambientali (VIA e VAS).
Si suggerisce di operare un più adeguato raccordo fra la disciplina della conferenza di servizi e la disciplina speciale in tema di valutazioni ambientali (VIA e VAS), in particolare estendendo le previsioni di cui al nuovo art. 14 anche alle ipotesi di progetti sottoposti a VIA statale (mentre l’attuale formulazione esclude in modo espresso tale possibilità).
5. La possibilità di far eseguire l’istruttoria da organismi privati.
Il parere ritiene utile riproporre la previsione di cui all’attuale art. 14-ter, secondo cui l’amministrazione procedente può far eseguire l’attività istruttoria prodromica alle decisioni della conferenza anche da altri organi della P.A. o da istituti universitari, ponendo i relativi oneri economici a esclusivo carico del privato richiedente che vi consenta.
6. Tempi certi e responsabilizzazione del privato e della P.A.
Il Consiglio di Stato condivide la ratio acceleratoria sottesa alla formulazione del nuovo art. 14-bis (Conferenza semplificata); occorre però, al contempo, responsabilizzare anche il privato richiedente imponendo la presentazione di istanze complete e ben istruite.
7. Conferenza in modalità ‘sincrona’ e ‘asincrona’, ‘semplificata’ e ‘simultanea’: un necessario chiarimento.
Il parere raccomanda di chiarire se sussista una distinzione, ovvero un rapporto di specialità fra le ipotesi di conferenza ‘in forma simultanea’ e quelle “in modalità sincrona”.
8. Il ‘rappresentante unico’ delle amministrazioni statali: alcuni necessari chiarimenti.
Una delle principali innovazioni della riforma è il rappresentante unico delle amministrazioni statali. La Commissione speciale esprime il proprio favore per una disciplina che appare bilanciata, prevedendo:
– da un lato, una regolazione flessibile del rapporto tra rappresentante unico e amministrazioni statali;
– dall’altro, la possibilità di partecipazione e di intervento, ma senza diritto di voto, delle altre amministrazioni.
Il parere rappresenta però l’esigenza:
– di specificare chi dispone la nomina del rappresentante unico a livello periferico (per quello centrale c’è il Presidente del Consiglio);
– di evitare che il rappresentante unico (nell’ambito di decisioni assunte a maggioranza) risulti sistematicamente in minoranza;
– di chiarire meglio quanti sono i rappresentanti unici per gli enti, o i livelli, locali.
9. Il ritiro in autotutela della determinazione conclusiva.
Il parere condivide l’impostazione secondo cui l’amministrazione rimasta inerte durante la conferenza di servizi non possa poi sollecitare l’adozione del ritiro in autotutela della determinazione conclusiva (art. 14-quater). Occorrerebbe, tuttavia, temperare tale soluzione nei casi in cui la richiesta di autotutela non si fondi su ragioni di opportunità, bensì su ragioni di legittimità.
10. La funzionalizzazione delle modalità di componimento del dissenso.
Per quanto riguarda l’art. 14-quinquies, circa i rimedi per le amministrazioni dissenzienti, il parere raccomanda al Governo di:
– reintrodurre l’obbligo di un dissenso che sia espresso in sede di conferenza di servizi, pertinente, motivato e costruttivo;
– valutare se sia funzionale risolvere sempre al livello centrale la procedura di componimento e se ciò corrisponda davvero ai principi di sussidiarietà e del ‘minimo mezzo’.
11. Le modifiche al T.U. edilizia: rapporti con la disciplina del silenzio-assenso.
Per quanto riguarda l’art. 2 dello schema di decreto, recante modifiche al T.U. edilizia del 2001, il Consiglio di Stato invita a valutare se sia sempre indispensabile indire una conferenza di servizi anche nelle ipotesi in cui si potrebbe fare applicazione nuovo articolo 17-bis della legge n. 241 del 1990 (in tema di silenzio-assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici).
12. Il coordinamento con la disciplina in tema di autorizzazione paesaggistica.
In relazione all’art. 6 dello schema di decreto, il parere raccomanda di introdurre correttivi per evitare il rischio che il parere del Soprintendente sia espresso a ridosso dello spirare del termine di conclusione della conferenza.

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SCIA: parere del Consiglio di Stato 30.03.2016 n. 839

1. Le raccomandazioni generali sulla riforma di cui alla legge n. 124 del 2015
Il Consiglio di Stato riprende le considerazioni generali sulla importanza di una “riforma organica” della pubblica amministrazione di cui alla legge n. 124 del 2015 e sulla necessità di una ‘visione nuova’ della pubblica amministrazione, già esposte nel parere del 18 febbraio 2016 (n. 343/2016), sul “decreto trasparenza”, e ribadisce soprattutto:
• la rilevanza cruciale dell’implementazione della riforma, anche dopo l’approvazione dei decreti attuativi;
• l’importanza, in particolare, della creazione di una cabina di regia per l’attuazione ‘in concreto’, che curi anche gli strumenti ‘non normativi’ di intervento (quali: la formazione dei dipendenti incaricati dell’attuazione, la comunicazione istituzionale a cittadini e imprese sui loro nuovi diritti, l’adeguata informatizzazione dei procedimenti, etc.);
• l’importanza della “manutenzione” della riforma, attraverso una fase di monitoraggio e verifica dell’impatto delle nuove regole, nonché con la definizione, se del caso, di decreti correttivi, o di quesiti attuativi da porre al Consiglio di Stato.
2. La SCIA si riferisce ad attività ‘libere’ e non richiede alcun intervento preventivo della p.a.
Il parere opera una ricostruzione dell’evoluzione dall’istituto della SCIA e ne ricava indicazioni di principio, che possono indirizzare la successiva attività attuativa e interpretativa. Si conferma che le attività soggette a SCIA:
• sono ‘libere’, ‘consentite direttamente dalla legge’ in presenza dei presupposti normativamente stabiliti, senza più spazio per alcun potere di assenso preventivo della p.a.;
• sono ‘conformate’ dalle leggi amministrative, e quindi sottoposte a successiva verifica dei requisiti da parte delle autorità pubbliche, entro un termine stabilito.
3. Le parti della delega non esercitate
Il Consiglio di Stato rileva il mancato esercizio di due profili della delega:
– la ricognizione dei procedimenti soggetti a SCIA, a silenzio assenso, ad autorizzazione espressa e a comunicazione preventiva (indicata, invece, tra gli oggetti principali della delega). Tale “precisa individuazione” – richiesta dalla delega – va assolutamente effettuata con successivo decreto;
– la previsione dell’obbligo di comunicare ai soggetti interessati i “termini entro i quali l’amministrazione è tenuta a rispondere ovvero entro i quali il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda”. Tale adempimento può svolgersi già con il decreto in oggetto.
4. L’opportunità di novellare direttamente l’art. 19 della legge n. 241 del 1990
Il Consiglio di Stato suggerisce di introdurre le innovazioni della disciplina generale in materia di SCIA non in un decreto a sé, ma novellando direttamente l’articolo 19 della l. n. 241: la concentrazione della disciplina dello stesso istituto nella stessa legge la rende più sistematica e più facilmente conoscibile.
5. Il ‘nuovo paradigma’ nei rapporti tra cittadini e pubbliche amministrazioni: i rapporti si consolidano dopo 18 mesi
Il parere ritiene che la legge n. 124 del 2015 abbia introdotto un ‘nuovo paradigma’ nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione, prevedendo un limite massimo di 18 mesi all’intervento “in autotutela”, dopo il quale si consolidano le situazioni dei privati.
Secondo il Consiglio di Stato, il legislatore del 2015 ha fissato termini decadenziali di valenza nuova, non più volti a determinare l’inoppugnabilità degli atti nell’interesse dell’amministrazione, ma a stabilire limiti al potere pubblico nell’interesse dei cittadini, valorizzando il principio di affidamento.
Tale ‘regola generale’ si rinviene nel nuovo testo dell’art. 21-nonies della legge n. 241.
6. Le applicazioni di tale ‘nuovo paradigma’ in materia di SCIA
Il ‘nuovo paradigma’ si applica anche alla SCIA, ma in modo diverso.
Difatti, per la SCIA non può parlarsi di ‘autotutela’ in senso tecnico, poiché essa costituisce un provvedimento ‘di secondo grado’ ed esso appare impossibile per la SCIA, dove il provvedimento iniziale manca del tutto.
Il nuovo art. 21-nonies detta piuttosto, per la SCIA, la ‘disciplina di riferimento’ per l’esercizio del potere ex post dell’amministrazione: un potere inibitorio, repressivo o conformativo da esercitarsi solo motivando sulle ragioni di interesse pubblico e sugli interessi dei destinatari e dei controinteressati oltre che, ovviamente, entro un termine comunque non superiore a 18 mesi per adottare il provvedimento definitivo.
7. Le perduranti esigenze di coordinamento per il legislatore delegato
Questo importante principio generale impone un’opera di raccordo con il resto della disciplina in materia di SCIA, per fugare i dubbi interpretativi che iniziano a emergere in dottrina e in giurisprudenza.
Tale intervento può essere fornito sia con una integrazione dello schema in esame sia con un successivo provvedimento.
Tra le varie questioni, il Consiglio di Stato segnala la necessità di precisare:
– quale sia il dies a quo per la decorrenza dei diciotto mesi dell’art. 21-nonies;
– se il limite temporale massimo di cui all’art. 21-nonies debba applicarsi o meno anche all’intervento in caso di sanzioni per dichiarazioni mendaci ex art. 21, comma 1 della l. n. 241;
– che, in fase di prima applicazione della riforma, il termine generale dell’art. 21-nonies debba valere per tutti i provvedimenti, anche precedenti all’entrata in vigore della legge n. 124, sembrando infondata l’interpretazione di una sorta di ‘rimessione in termini’ dell’amministrazione ad opera della riforma;
– che la regola generale dell’art. 21-nonies si applichi anche a provvedimenti che non sono formalmente definiti di “annullamento”, ma di “revoca”, “risoluzione”, “decadenza” o analoghe;
– quale sia la esatta delimitazione della (unica) fattispecie di deroga ai 18 mesi prevista dall’art. 21-nonies, comma 2-bis.
8. Il ‘principio di concentrazione e di esaustività della modulistica’
Il parere ritiene molto rilevante la previsione di “moduli unificati e standardizzati” per la SCIA, da pubblicare sui siti istituzionali delle amministrazioni destinatarie delle segnalazioni, che ne indichino esaustivamente i contenuti tipici, ma anche tutta la documentazione da allegare.
Se ne ricava, a livello interpretativo, un ‘principio di concentrazione e di esaustività della modulistica’, che impone che:
– i moduli siano effettivamente ‘unificati’ ed ‘esaustivi’, e non rinviino di fatto ad altri formulari presso altre amministrazioni;
– si introduca un chiaro divieto di richiesta di documentazione ulteriore rispetto a quella indicata dai moduli unificati: tutta la documentazione necessaria deve essere indicata ‘a monte’ nel modulo unificato; eventuali richieste istruttorie potranno solo evidenziare la mancata corrispondenza degli allegati presentati con quelli previsti in quella sede, non chiedere ulteriori documenti non indicati ex ante.
9. L’importanza di una ‘SCIA unica’
Il parere esprime il suo apprezzamento per la scelta di regolare la fattispecie, finora non normata, di attività soggette a SCIA che, tuttavia, per il loro svolgimento, necessitano di “altre SCIA, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche” (cd. SCIA ‘plurima’). La disciplina si ispira correttamente alla “concentrazione dei regimi” delle SCIA presupposte presso la SCIA finale. Resta, invece, ancora non risolto il caso in cui la SCIA abbia come presupposto non soltanto ‘requisiti di fatto’, bensì uno o più provvedimenti di autorizzazione.
Il Consiglio di Stato configura tre diverse opzioni, in parte anche cumulabili fra loro, che consistono in:
– escludere espressamente tali fattispecie dalla SCIA, concentrandosi solo sulla cd. ‘SCIA pura’;
– considerare anche i casi di ‘SCIA non pura’ e imporre esplicitamente che la presentazione della SCIA possa avvenire soltanto una volta acquisito l’atto autorizzativo presupposto, ‘a cura del privato’;
– prevedere che la presentazione della SCIA attivi un meccanismo per l’ottenimento dell’autorizzazione ‘a cura dell’amministrazione ricevente’, rinviando però l’avvio dell’attività al momento di tale ottenimento (trasformando di fatto, in questi casi, la ‘segnalazione di inizio di attività’ in una sorta di ‘richiesta di inizio di attività’, che potrebbe essere un modello complementare rispetto a quello della ‘SCIA pura’).
Tutte e tre queste soluzioni richiedono comunque un intervento sul decreto in oggetto: la scelta fra queste (e la preferenza tra i rispettivi vantaggi e svantaggi) va lasciata alla potestà normativa del Governo, che deve tener conto delle esigenze pratiche dei destinatari della riforma.

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RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE DEI PUBBLICI DIPENDENTI: parere del Consiglio di Stato 16.03.2016, n. 864

I punti principali del parere del Consiglio di Stato sulla disciplina relativa alla responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti.

Il parere, dopo aver ricordato il ruolo e la natura della funzione consultiva del Consiglio di Stato, prosegue con la attenta e dettagliata ricostruzione normativa della disciplina in materia disciplinare.
Segue l’esame ricostruttivo, anche in termini di obiettivi, delle regole predisposte nello schema.
In particolare, lo schema di decreto prevede:
– l’ampliamento del novero delle ipotesi riconducibili alla fattispecie “falsa attestazione della presenza in servizio”, con la statuizione che risponde della violazione anche chi abbia agevolato, con comportamenti attivi o omissivi, la condotta fraudolenta;
– l’introduzione della sanzione della sospensione cautelare senza stipendio del dipendente pubblico nei casi di “falsa attestazione della presenza in servizio”, da irrogarsi immediatamente e comunque entro 48 ore;
– l’introduzione di un procedimento disciplinare accelerato nei casi di “falsa attestazione della presenza in servizio”;
– l’introduzione dell’azione di responsabilità per danni di immagine della PA nei confronti del dipendente sottoposto ad azione disciplinare per assenteismo;
– l’estensione della fattispecie di reato “Omissione d’atti d’ufficio”, di cui all’artt. 328 c.p., ai casi in cui il dirigente (o il responsabile del servizio) ometta l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare o l’attivazione del procedimento disciplinare nei confronti del dipendente che abbia attestato falsamente la propria presenza;
– l’estensione della responsabilità disciplinare del dirigente (o del responsabile del servizio) e irrogazione della sanzione del licenziamento disciplinare ai casi in cui lo stesso ometta l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare o l’attivazione del procedimento disciplinare.
Modifiche proposte.
Quanto alle modifiche proposte, vanno segnalate le osservazioni concernenti la necessità di introdurre specifici e chiari termini procedimentali, in specie in tema di contestazione dell’addebito e di preavviso per la convocazione in contraddittorio, i quali devono essere compatibili con il termine di conclusione del procedimento, ma anche idonei ad assicurare l’effettività del diritto di difesa, nonché con la specifica indicazione del dies a quo di decorrenza del termine di conclusione del procedimento.
Viene poi suggerita una riflessione, sotto il profilo della ragionevolezza e della proporzionalità, in ordine all’introduzione della sanzione disciplinare del licenziamento in capo ai dirigenti e ai responsabili di servizio per i casi previsti dal comma 3-bis, che sostanzialmente equipara il dirigente, quanto al trattamento sanzionatorio, ad un soggetto che ha concorso nella commissione dell’illecito, mentre in realtà la condotta omissiva del dirigente, cui la norma si riferisce, è una condotta successiva e diversa rispetto all’illecito posto in essere dal dipendente.
Eccesso di delega.
Di particolare rilievo appaiono le considerazioni conclusive svolte in termini di eccesso di delega, sotto due profili.
In primo luogo, è chiesta l’espunzione dal testo della disciplina concernente l’azione di responsabilità per danno d’immagine alla pubblica amministrazione, in quanto posta al di fuori della delega conferita dall’art. 17, comma 1, lett. s), l. 7 agosto 2015, n. 124. Tale disciplina appare, infatti, estranea alla materia della responsabilità disciplinare e al procedimento disciplinare, vertendosi in tema di responsabilità di diversa natura. Né è possibile indirettamente ricondurre l’istituto alla materia della responsabilità disciplinare mediante riferimento ad una ipotetica contestualità delle azioni nei confronti del pubblico dipendente, atteso che neppure questa sussiste. Ad avviso del Consiglio di Stato la formulazione della norma porta a ritenere che tale azione di responsabilità per danno di immagine si svolga e si esaurisca successivamente alla conclusione della procedura di licenziamento. Va inoltre considerato che la stessa non concerne direttamente la disciplina del lavoro con la pubblica amministrazione. Né i relativi profili di organizzazione amministrativa, attenendo piuttosto agli effetti che la violazione degli obblighi del lavoratore produce, in relazione alla tutela di interessi e beni che non riguardano direttamente il rapporto di lavoro. L’unica parte della disposizione che risulta pienamente compatibile con la previsione della lett. s) dell’art. 17 della legge delega – prosegue il Consiglio di Stato – è la prima parte del comma 3-quater, laddove prevede che “Nei casi di cui al comma 3-bis, la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei Conti avvengono entro quindici giorni dall’avvio del procedimento disciplinare”, rinvenendosi in tal caso la posizione di un mero obbligo di denuncia connesso alla commissione di fatti per i quali è avviato ed è in corso un procedimento disciplinare; collegamento che potrebbe essere rafforzato dalla espressa previsione di tale obbligo in capo all’ufficio per i procedimenti disciplinari. Da tale denuncia, e dalla segnalazione alla Corte – correttamente previste dalla norma delegata – già discende l’obbligo per la giurisdizione contabile di valutare la consistenza dei fatti, senza certo potersi escludere che il danno alla immagine debba costituire componente significativa del danno “erariale” risarcibile dal dipendente infedele.
E’ poi evidenziata l’introduzione, con riferimento alla disposizione del comma 3-quinquies, di una nuova ipotesi di omissione di atti d’ufficio ex art. 328 c.p.. Il cit. comma 3-quinquies ha infatti previsto che “Il comma 3-quinquies prevede che, per i casi di cui al comma 3-bis, l’omessa comunicazione all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, l’omessa attivazione del procedimento disciplinare e l’omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare costituiscono, a carico dei dirigenti ovvero, negli enti privi di qualifica dirigenziale, a carico dei responsabili di servizio competenti, illecito disciplinare punibile con il licenziamento; tali comportamenti configurano il reato di omissione di atti di ufficio, punito dall’art. 328 del codice penale”. Indubbia è la differenza rispetto all’art. 328 c.p. che, per la configurabilità del fatto di reato, prevede la preventiva formulazione di una richiesta, il mancato compimento dell’atto dell’ufficio e la mancata risposta per esporre le ragioni del ritardo. Trattasi, dunque, di introduzione di una nuova norma penale, in relazione alla quale non si riscontra il supporto di idonea delega legislativa. Ad avviso del Consiglio di Stato qualora il Governo, nel quadro di un inasprimento della responsabilità dei dirigenti, ed al fine di dare forte impulso alla iniziativa di controllo e denuncia dei fenomeni di assenteismo, intenda introdurre una estensione, ai comportamenti dirigenziali omissivi nei casi in esame, dell’art. 328 c.p.., sarà necessario un intervento con norma primaria giacchè la norma delegata, così come formulata, si presterebbe ad essere censurata con successo da eventuali incolpati per eccesso di delega, compromettendo così l’obiettivo finale di giusto rigore nei confronti degli assenteisti e di chi omette di denunciare i comportamenti.
Il parere quindi conclude con il suggerimento di espungere dal testo le disposizioni che attengono all’azione di responsabilità per danno d’immagine e alla responsabilità penale dei dirigenti, senza con ciò voler porre alcuna preclusione in merito e in diritto a che le stesse previsioni siano riprese in considerazione per l’inserimento in un successivo idoneo provvedimento legislativo, anche in via urgente.

(www.giustizia-amministrativa.it)

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