Subappalto: obbligo di dichiarazione, a pena di esclusione, per le imprese prive dei requisiti in proprio. Prequalifica: valenza meramente esplorativa (Art. 118)

SeA no name miniCons. Stato, Sez. IV, 13.03.2014 n. 1224

(sentenza integrale)

(estratto)

Reputa, tuttavia il Collegio, in accoglimento delle tesi esposte dall’appellante, che l’art. 118, co. 2, del D.Lgs. n. 163/2006 sottopone l’affidamento in subappalto alla condizione, fra le altre, che i concorrenti all’atto dell’offerta abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo. Secondo la giurisprudenza prevalente, la disposizione – che non richiede espressamente l’indicazione preventiva del nominativo del subappaltatore – va peraltro interpretata nel senso che la dichiarazione in questione deve contenere anche l’indicazione del subappaltatore unitamente alla dimostrazione del possesso, in capo a costui, dei requisiti di qualificazione, ogniqualvolta il ricorso al subappalto si renda necessario a cagione del mancato autonomo possesso, da parte del concorrente, dei necessari requisiti di qualificazione, potendo essere limitata alla mera indicazione della volontà di concludere un subappalto nelle sole ipotesi in cui il concorrente disponga autonomamente delle qualificazioni necessarie per l’esecuzione delle lavorazioni oggetto dell’appalto, ossia nelle sole ipotesi in cui il ricorso al subappalto rappresenti per lui una facoltà, non la via necessitata per partecipare alla gara (cfr. Cons. St., sez. V, 21 novembre 2012, n. 5900; id., sez VI, 2 maggio 2012, n. 2508; id., sez. V, 20 giugno 2011, n. 3698). L’affermazione appare pienamente coerente con lo speculare e consolidato indirizzo giurisprudenziale che circoscrive i casi di legittima esclusione del concorrente autore di una incompleta o erronea dichiarazione di subappalto alle sole ipotesi in cui il concorrente stesso risulti sfornito in proprio della qualificazione per le lavorazioni che ha dichiarato di voler subappaltare, mentre negli altri casi gli unici effetti negativi si avrebbero in fase esecutiva, sotto il profilo dell’impossibilità di ricorrere al subappalto come dichiarato (cfr., per tutte, Cons. St., sez. V, 26 marzo 2012, n. 1726; id., sez. IV, 30 ottobre 2009, n. 6708; id., sez. IV, 12 giugno 2009, n. 3696).

La ratio di tale orientamento – che il Collegio ritiene di dover condividere, non ravvisando valide argomentazioni per discostarsene – risiede nell’esigenza, ricavabile in via sistematica, che la stazione appaltante sia posta in condizione di valutare sin dall’inizio l’idoneità di un’impresa, la quale dimostri di possedere in proprio, o attraverso l’apporto altrui, le qualificazioni necessarie per l’aggiudicazione del contratto, mentre non può ammettersi che l’aggiudicazione venga disposta “al buio” in favore di un soggetto pacificamente sprovvisto dei necessari requisiti di qualificazione, al quale dovrebbe accordarsi la possibilità non soltanto di dimostrare, ma addirittura di acquisire i requisiti medesimi a gara conclusa, in violazione del principio della par condicio e con il rischio per l’amministrazione procedente che l’appaltatore così designato non onori l’impegno assunto, rendendo necessaria la ripetizione della gara (cfr., in particolare, Cons. St., n. 5900/2012 e 2508/2012, citt.).

Non convince, di contro, l’opposto orientamento, abbracciato dal giudice di prime cure ed invocato dalla difesa degli appellati, pure emerso in giurisprudenza, che, sulla scorta del dato testuale, non rinviene nell’art. 118 D.Lgs. n. 163/2006 alcun obbligo di indicare – tantomeno a pena di esclusione – il nominativo dell’impresa subappaltatrice, ancorché si tratti di lavorazioni per le quali la concorrente sia priva di qualificazione; e rifiuta, di conseguenza, la possibilità che la stessa legge di gara debba ritenersi di volta in volta eterointegrata dalla previsione di un siffatto, inesistente, obbligo (così Cons. St., sez. V, 16 gennaio 2012, n. 139). La lettera dell’art. 118 è, infatti, compatibile, come già osservato, con la sola ipotesi “fisiologica” in cui il partecipante alla gara, essendo autonomamente in possesso dei requisiti di aggiudicazione, può riservarsi per la fase esecutiva del contratto la facoltà di subappaltare una parte delle lavorazioni; nel caso in cui il subappalto rappresenti, invece, lo strumento per acquisire requisiti obbligatori mancanti, la riserva sul nome del subappaltatore finisce per collidere con la ragion d’essere e con il funzionamento del sistema di qualificazione delineato dal legislatore, tale apparente contraddizione dovendo allora essere superata facendo ricorso a criteri sistematici e teleologici che valorizzino, piuttosto, la funzione e i limiti connaturati all’istituto del subappalto, attraverso il quale non possono eludersi le norme tassative sul possesso dei requisiti di partecipazione alla gara.

Non può dirsi d’altro canto, come, invece, erroneamente ritenuto dai primi giudici, che, aderendo all’opzione ermeneutica che distingue il subappalto “facoltativo” da quello “necessario”, ne risulti violato il principio di tassatività delle cause di esclusione sancito dall’art. 46 co. 1-bis del D.Lgs. n. 163/2006. Nell’accezione sostanzialista fatta propria dall’Adunanza Plenaria con la sentenza 7 giugno 2012, n. 21, il principio di tassatività va inteso nel senso che l’esclusione dalle gare possa essere disposta non nei soli casi in cui disposizioni del codice o del regolamento la prevedano espressamente, ma anche nei casi in cui dette disposizioni impongano adempimenti doverosi ai concorrenti o candidati, pur senza prevedere una espressa sanzione di esclusione: e fra tali ipotesi rientra senz’altro quella del possesso dei titoli di qualificazione indispensabili per l’esecuzione dei lavori oggetto dell’appalto.

Merita, tuttavia, una espressa confutazione l’obiezione con cui si lamenta che la tesi, sin qui seguita dal Collegio, erroneamente finirebbe per equiparare il subappalto all’avvalimento sotto il profilo della qualificazione.

A riguardo, va richiamata quella consolidata giurisprudenza (Cons. St. Sez. IV, 30.10.2009, n. 6708; 12.6.2009, n. 3696; 22.9.2008, n. 4572) che, nel circoscrivere i casi di esclusione dell’impresa offerente che abbia dichiarato di volersi avvalere di un subappaltatore alle sole fattispecie in cui essa non disponga della qualificazione in relazione ai lavori interessati dal subappalto, implicitamente ammette che, legittimamente, l’offerente possa ricorrere al subappalto proprio allo scopo di integrare requisiti di qualificazione di cui non sia in possesso.

Peraltro, senza negare le differenze strutturali che intercorrono tra l’avvalimento, istituto elaborato dalla giurisprudenza comunitaria, recepito dall’art. 47 della direttiva 2004/18/CE e trasfuso nell’art. 49 del decreto legislativo n. 163 del 2006, volto a consentire ad un imprenditore il possesso mediato ed indiretto dei requisiti di partecipazione ad una gara, ed il subappalto, contratto secondario o derivato, posto “a valle” del contratto di appalto ed attinente alla sua esecuzione, devono rilevarsi numerosi profili della disciplina di cui agli artt 37, comma 11 e 118 del codice sui contratti pubblici che, sotto il profilo funzionale, possono essere considerati indici di un sostanziale inserimento del subappalto tra gli strumenti idonei a garantire la maggiore concorrenza tra gli operatori economici e l’allargamento del mercato, nella prospettiva propria dell’art. 47 della direttiva 2004/18, al pari dell’avvalimento.

Tra questi meritano rilievo: l’inserimento del subappalto tra gli strumenti che consentono la realizzazione di lavori ad elevato contenuto tecnologico da parte di soggetti affidatari non in grado di eseguirli nell’art. 37, disciplinante i raggruppamenti temporanei; l’obbligo a carico dei concorrenti, all’atto dell’offerta, di indicare i lavori o le parti di opere che intendono subappaltare, con la conseguenza, in caso di mancata indicazione, che l’autorizzazione al subappalto non potrà essere accordata; l’obbligo di deposito presso la stazione appaltante del contratto di appalto e della certificazione attestante il possesso da parte del subappaltatore dei requisiti di qualificazione prescritti in relazione alla prestazione subappaltata oltre alla dichiarazione relativa al possesso dei requisiti di ordine generale; l’insussistenza nei confronti del subappaltatore dei divieti previsti dall’art. 10 della legge n. 575/1965 e successive modificazioni; l’autorizzazione al subappalto da parte della stazione appaltante, previa verifica dei requisiti in capo al subappaltatore; la possibilità che la stazione appaltante stabilisca nel bando di gara di corrispondere direttamente al subappaltatore l’importo dovuto per le sue prestazioni; l’obbligo per il subappaltatore di praticare per le prestazioni affidate in subappalto gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione; la responsabilità solidale dell’appaltatore degli adempimenti da parte del subappaltatore relativi agli obblighi di sicurezza.

Si tratta di disposizioni e condizioni che, nell’intento di ridurre i margini di autonomia del rapporto appaltatore – subappaltatore, attraendolo sotto il controllo diretto della stazione appaltante ed imponendo il rispetto di regole di trasparenza volte a scongiurare i rischi di aggiramento della disciplina dell’evidenza pubblica tramite il subingresso di un soggetto diverso da quello scelto tramite la gara, tendono a stabilire una relazione diretta tra committente e subappaltatore.

Nel contempo esse soddisfano la finalità dell’art. 47, p.2 della direttiva 2004/18/CE («Un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. In tal caso deve dimostrare alla amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno a tal fine di questi soggetti») , già sottolineata dalla giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia C.E. 2.12.1999, n. 176), di consentire all’autorità aggiudicatrice la verifica delle capacità dei terzi ai quali un prestatore, che non soddisfi da solo i requisiti minimi prescritti per partecipare alla procedura di aggiudicazione di un appalto, intenda ricorrere, con lo scopo di fornire garanzia che l’offerente avrà effettivamente a disposizione i mezzi di cui si avvarrà durante il periodo di durata dell’appalto “a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami” con l’ausiliario e, quindi, anche in virtù di un contratto di subappalto.

Correttamente, quindi, va considerato il subappalto come strumento negoziale che, pur differenziandosi dall’avvalimento sotto il profilo strutturale, ha tuttavia in comune la funzione di allargare la possibilità di partecipazione alle gare da parte di soggetti sforniti dei requisiti di partecipazione.

(omissis)

L’art. 118, co. 2, D.Lgs. n. 163/2006, infatti, prescrive che “i concorrenti” debbano rendere la dichiarazione “all’atto dell’offerta”.

Riferendosi la norma rispettivamente al “concorrente” e all’ “offerta” la dichiarazione di subappalto non può che essere resa al momento della partecipazione alla gara vera e propria che, nelle procedure ristrette quale quella in questione si ha dopo l’invito a partecipare e, quindi, dopo la fase di prequalifica.

In effetti, ove il legislatore avesse inteso anticipare la sede ed il tempo in cui rendere la dichiarazione di subappalto, avrebbe operato un riferimento non già ai “concorrenti”, ma ai “candidati” (tali sono gli operatori che chiedono di poter partecipare ad una procedura ristretta) ed alla domanda di partecipazione (che precede l’invito a partecipare alla gara vera e propria e, quindi, la presentazione delle offerte).

Per espressa previsione del bando di gara (punto VI.3, lettera c), la dichiarazione di subappalto doveva essere resa dai concorrenti invitati solo al momento di presentazione dell’offerta.

La c.d. fase di prequalifica, costituisce una fase preliminare, prodromica alla gara vera e propria, mediante la quale la stazione appaltante si limita a verificare la disponibilità del mercato e, quindi, ad individuare la platea dei potenziali concorrenti da invitare alla procedura di affidamento in senso proprio.

E, invero, mentre la fase di prequalifica ha il dichiarato scopo di individuare i potenziali soggetti da invitare come concorrenti, la fase di presentazione delle offerte, invece, ha lo scopo di accertare in concreto la sussistenza dei requisiti di ordine generale e speciale in capo ai soggetti invitati e a tal fine impone di comprovare i requisiti richiesti per l’ammissione alla procedura.

Se, dunque, la fase di prequalifica assume una valenza meramente esplorativa, avente carattere sommario e prodromico rispetto al procedimento selettivo vero e proprio, ne consegue che la concreta e definitiva dimostrazione della qualificazione del concorrente mediante il subappalto necessario debba correttamente intervenire dopo l’espletamento della fase esplorativa preordinata ad una prima selezione dei soggetti potenzialmente idonei a concorrere (c.d. fase di prequalifica), ossia nella successiva fase di presentazione delle offerte vere e proprie, quando il candidato sia divenuto effettivamente un concorrente.

Tanto più che, come si è detto, nella specie è lo stesso bando di gara a prescrivere che le dichiarazioni circa il subappalto avrebbero dovuto essere rese solo all’atto della presentazione delle offerte e, quindi, dopo la celebrazione della fase di prequalifica.

Considerato, pertanto, che, conformemente ai principi applicabili al caso di specie e secondo quanto previsto dall’art. 118, co. 2 d.lgs. n. 163/2006 e dal bando di gara, i concorrenti alla procedura in discorso avrebbero dovuto qualificarsi mediante il subappalto necessario all’atto di presentazione dell’offerta, ANAS avrebbe dovuto escludere dalla procedura di gara tutti gli offerenti che a tale momento non risultavano compiutamente qualificati nelle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria, mediante indicazione nominativa dei subappaltatori.

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it