Accordo tra Amministrazioni Pubbliche : presupposti ed applicazione del Codice dei contratti pubblici

Consiglio di Stato, sez. V, 07.06.2024 n. 5096

Il Tribunale adito ha accolto la censura, richiamando l’ordinanza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 30 giugno 2020, pronunciata nella causa C – 618 del 2019, che ha dichiarato illegittimo l’affidamento diretto all’ACI del servizio su cui si controverte ‘stante il preminente interesse generale alla concorrenza sotteso alle norme sull’evidenza pubblica che si traducono in vincoli alla capacità negoziale delle amministrazioni, con le quali si perseguono – da un lato – interessi di queste ultime, quali “qualità delle prestazioni” e rispetto “dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza” e – dall’altro – interessi degli operatori economici, quali “principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità’.
Il T.A.R. ha condiviso gli esiti argomentativi illustrati da questo Consiglio di Stato con la sentenza n. 4247 del 2021, con riferimento a fattispecie analoga a quella per cui si procede, anche in relazione al riconoscimento del risarcimento del pregiudizio per perdita di chance subito dalla società ricorrente, la quale, stante la violazione delle regole della concorrenza e della procedura di evidenza pubblica, non ha potuto concorrere all’affidamento del servizio.
Questa Sezione ribadisce i principi già espressi dalla richiamata giurisprudenza nazionale e unionale, evidenziando che la convenzione impugnata tra la Regione Umbria e l’Automobile Club d’Italia in materia di tasse automobilistiche regionali, non può essere qualificata come un accordo paritetico di cooperazione tra amministrazioni pubbliche per la prestazione di servizi, che in quanto tale, ai sensi dell’art. 12, paragrafo 4, della Direttiva 2014/24/UE (recepito dall’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016), non sarebbe soggetto all’applicazione delle regole dell’evidenza pubblica.
Il Collegio, infatti, ritiene che l’appello della Regione Umbria vada respinto alla luce dell’indirizzo, richiamato dal T.A.R. nella sentenza impugnata, e pienamente applicabile alla fattispecie in esame, affermato dalla sentenza di questa Sezione n. 4247 del 2021 e confermato dalla sentenza n. 2201 del 2022, rese in analoghe vicende.
E’ stato condivisibilmente evidenziato che, affinchè si abbia una effettiva cooperazione tra pubbliche amministrazioni, sono necessarie la previa definizione delle reciproche esigenze, l’individuazione di soluzioni concordate e la suddivisione di compiti e di responsabilità tra le stesse, così che le attività in sinergia convergano nella realizzazione di un obiettivo comune, nella vicenda in esame non riscontrabile.
Dalla piana lettura dello schema del predetto Accordo di cooperazione, si evince che le attività che devono essere svolte da ACI non attengono, come previsto dall’art. 51, comma 2 ter, del d.l. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazioni nella legge 29.12.2019, n. 157, solo alla gestione dell’Archivio Informatico delle tasse automobilistiche, quali la costituzione, l’aggiornamento e la bonifica dell’archivio, il controllo di qualità e la sicurezza dei dati, nonché la generazione delle liste delle posizioni fiscali, ma riguardano anche l’attività di riscossione in quanto ‘ACI dovrà garantire alla Regione le riscossioni effettuate tramite pagoPA e la relativa riconciliazione delle posizioni tributarie, emettendo lo IUV’, l’accertamento della tassa automobilistica (art. 2 lett. D) ed il ‘controllo sull’esatto adempimento dell’obbligazione tributaria (c.d. controllo di merito) su tutti i veicoli presenti sul Ruolo Tributario Regionale’.
Sebbene la Regione appellante insista nel ritenere la suindicata convenzione un Accordo di cooperazione senza corrispettivo, tale qualificazione giuridica contrasta con quanto prevede l’art. 12, comma 2, dello schema di Accordo impugnato, con il quale si dispone che l’importo erogato ad ACI, a titolo di rimborso per i costi sostenuti per l’esecuzione dell’attività, è determinato senza rendicontazione in euro 910.601.00 (oltre IVA se dovuta) quale quota per ciascun anno solare di riferimento, senza che a tale importo corrisponda, nello specifico, una quantificazione degli importi spesi. A tale somma, inoltre, si aggiungono le quote forfetarie per rimborsi costi effettivi a consumo.
Le somme che la Regione Umbria si è impegnata a corrispondere annualmente ad ACI, stante il rilevante importo, non costituiscono un mero rimborso delle spese ma sostanzialmente un corrispettivo per le prestazioni eseguite, pertanto rappresentano un indicatore attendibile della non corrispondenza della cooperazione unicamente all’interesse pubblico, essendo infatti richiesto, perché possa ravvisarsi un’effettiva cooperazione, che essa avvenga in assenza di remunerazione, ad eccezione del mero rimborso delle spese sopportate, anche in via forfettaria (Consiglio di Stato, Sez. II, parere 22 aprile 2015, n. 1178).
La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con l’ordinanza 4 giugno 2020, C – 429/19, ha riconosciuto che neanche le fattispecie in cui l’unico contributo apportato da uno dei contraenti consiste nel mero rimborso delle spese sostenute da un altro contraente sono indiziarie di una effettiva cooperazione, ma ben possono rientrare nella nozione appalto pubblico ed essere dunque sottoposte alle regole dell’evidenza pubblica, laddove non può ritenersi dimostrata l’esistenza di una effettiva cooperazione in quanto la convenzione ha unicamente ad oggetto, come nella specie, l’acquisizione di una prestazione e di un servizio da parte dell’Amministrazione regionale a fronte del versamento all’altra parte dell’accordo di una remunerazione per la loro esecuzione.
Da siffatti rilievi consegue che le deduzioni difensive e le relative censure prospettate con l’appello principale non possono trovare accoglimento, in quanto lo schema di Accordo impugnato non può essere qualificato come accordo di cooperazione tra pubbliche amministrazioni, alla luce dei principi enunciati dalla giurisprudenza eurounitaria e nazionale, atteso che la predetta convenzione, alla quale si applica la disciplina di cui all’art. 12, par. 4, della Direttiva 2014/24/UE e l’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, non soddisfa tutte le condizioni in presenza delle quali un accordo concluso esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici non rientra nell’ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici.