Consiglio di Stato, sez. V, 07.06.2022 n. 4650
6.1. In primo luogo va precisato che la normativa di recente introduzione – circa l’obbligatorietà della nomina di un collegio tecnico consultivo – si applica soltanto ai contratti di appalto di lavori sopra soglia comunitaria (euro 5.350.000 euro). L’appalto oggetto del presente contenzioso è di importo inferiore alla soglia comunitaria, atteso che l’importo a base d’asta è di euro 3.658.489,51.
Mentre la nomina del collegio tecnico consultivo è obbligatoria per gli appalti di lavori sopra la soglia comunitaria, per quelli sotto soglia è soltanto facoltativa (cfr. Cons. giust. amm. Sicilia, decreto 14 novembre 2020, n. 795 secondo cui “c) l’invocato art. 5 D.L. n. 76 del 2020 è del tutto irrilevante nella presente controversia atteso che: c.1) riguarda i soli appalti sopra soglia comunitaria, laddove nella specie si disputa di un appalto sotto soglia”).
Chiaramente dispone nel senso appena detto l’art. 6, commi 1 e 4, del d.l. n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020 e succ. mod.:
– comma 1: “Fino al 30 giugno 2023 per i lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, è obbligatoria, presso ogni stazione appaltante, la costituzione di un collegio consultivo tecnico, prima dell’avvio dell’esecuzione, o comunque non oltre dieci giorni da tale data, con i compiti previsti dall’articolo 5 nonché di rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto stesso. Per i contratti la cui esecuzione sia già iniziata alla data di entrata in vigore del presente decreto, il collegio consultivo tecnico è nominato entro il termine di trenta giorni decorrenti dalla medesima data.”;
– comma 4: “Per le opere diverse da quelle di cui al comma 1 le parti possono comunque nominare un collegio consultivo tecnico con tutti o parte dei compiti descritti ai commi da 1 a 3. Le parti possono anche stabilire l’applicabilità di tutte o parte delle disposizioni di cui all’articolo 5.”.
6.1.1. Nell’appalto de quo l’amministrazione, con l’accordo dell’appaltatore, non ha inteso avvalersi della facoltà di nominare il collegio consultivo tecnico, per come si evince dall’art. 26 del contratto (“Per le eventuali controversie circa l’interpretazione e l’applicazione del presente contratto sarà competente il Foro di Napoli; è esclusa la competenza arbitrale.”).
6.2. Malgrado la portata dirimente dell’argomento appena esposto, merita sottolineare che il collegio consultivo tecnico previsto dagli artt. 5 e 6 del d.l. n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020, interviene con funzione consultiva nelle sole ipotesi previste dall’art. 5, comma 1, lett. a) – d), tra le quali non rientra quella del grave inadempimento dell’appaltatore ad obblighi contrattuali (quali quelli contestati nel caso di specie), nonché nell’ipotesi dello stesso art. 5, comma 4, quando “la prosecuzione dei lavori … non possa procedere con il soggetto designato” (la cui interpretazione preferibile, malgrado l’inciso “per qualsiasi motivo”, induce ad escludere la fattispecie della risoluzione per grave inadempimento dell’appaltatore).
Allo stesso collegio consultivo tecnico, poi, l’art. 6, comma 1, riserva “funzioni di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto stesso”, con il compito di adottare delle “determinazioni” volte appunto a risolvere tali dispute e controversie.
Queste “determinazioni” vanno tenute distinte dai “pareri” di cui al precedente art. 5, malgrado negli scritti della parte qui appellante le fattispecie vengano sovrapposte (in particolare quanto agli effetti delle “determinazioni” di cui all’art. 6, concernenti la responsabilità del r.u.p. per danno erariale, che l’appellante riferisce alla mancata acquisizione o all’inosservanza dei pareri di cui all’art. 5).
Alle “determinazioni” del collegio consultivo tecnico il comma 3 dell’art. 6 attribuisce, infatti, la natura di “lodo contrattuale previsto dall’articolo 808 ter del codice di procedura civile, salva la diversa e motivata volontà espressamente manifestata in forma scritta dalle parti stesse”. Si tratta, cioè, di un arbitrato irrituale che, salvo tale diversa volontà delle parti (e salvo ricorra una delle cause di annullabilità dell’art. 808 ter, comma 2, c.p.c.), sottrae la controversia alla giurisdizione ordinaria.
6.2.1. Sia nell’un caso che nell’altro, il provvedimento di risoluzione contrattuale non vede modificata la propria natura di esercizio di diritto soggettivo di natura contrattuale e non di potere autoritativo.
L’art. 5, comma 4, ne disciplina le modalità di esercizio nei casi ivi previsti e l’art. 6 prevede che la controversia tra le parti nella fase esecutiva sia comunque rimessa al “lodo contrattuale” del collegio consultivo tecnico, ma l’eventuale violazione di tali norme andrebbe fatta valere dinanzi al giudice ordinario.
6.2.2. A maggior ragione la cognizione del giudice ordinario va affermata nel caso in esame, che, come detto nella sentenza di primo grado, è “paradigmatico di una controversia relativa alla corretta esecuzione del rapporto”.
La risoluzione, infatti, è stata disposta “per grave e perdurante inadempimento contrattuale, per grave negligenza e imperizia, per danno prodotto ai beni immobili oggetto di tutela ai sensi del d.lgs. 42/2004”, sulla scorta delle valutazioni formulate dal RUP e dal direttore dei lavori nelle relazioni allegate.
6.3. Dato ciò, e ribadita l’inapplicabilità dell’art. 6, comma 1, del d.l. n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020, agli appalti sotto soglia, quale il presente, va definitivamente escluso che la presente controversia involga il mancato esercizio da parte dell’amministrazione del potere pubblicistico di preventiva costituzione del collegio consultivo tecnico.