FIGC – Natura di organismo di diritto pubblico – Codice dei contratti – Applicazione (art. 3 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Roma, 13.04.2018 n. 4100

Al riguardo assume rilievo decisivo la questione della qualificabilità o meno della Federazione Italiana Giuoco Calcio come organismo di diritto pubblico, dirimente al fine di individuare l’ambito di applicazione delle regole di evidenza pubblica.
Secondo l’art. 1 del Codice dei contratti pubblici, infatti, il codice stesso disciplina i contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere; ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera a), del Codice, nel novero delle “amministrazioni aggiudicatrici” rientrano – oltre alle amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici territoriali e agli altri enti pubblici non economici – gli “organismi di diritto pubblico”, i quali, secondo quanto previsto alla successiva lettera d) del menzionato art. 3, sono così definiti: “qualsiasi organismo, anche in forma societaria, il cui elenco non tassativo è contenuto nell’allegato IV: 1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; 2) dotato di personalità giuridica; 3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”.
Alla lettera o) del medesimo art. 3 del Codice è poi chiarito che sono “stazioni appaltanti” le “amministrazioni aggiudicatrici di cui alla lettera a)”, ivi inclusi, dunque, gli organismi di diritto pubblico.
Quindi, la qualificazione della FIGC come “organismo di diritto pubblico” è dirimente in quanto ne conseguirebbe che la stessa è tenuta all’applicazione delle norme di evidenza pubblica di cui al Codice.
Per valutare la ricorrenza dei presupposti previsti dal citato art. 3 ai fini della riconducibilità dell’ente a tale nozione, occorre in primo luogo analizzare la configurazione data dal legislatore alle federazioni sportive.
In merito il d.lgs. n. 242/1999, dopo avere previsto all’art. 1 che il “Il Comitato olimpico nazionale italiano … ha personalità giuridica di diritto pubblico … ed è posto sotto la vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali”, al successivo art. 15 dispone che “Le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate svolgono l’attività sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO, delle federazioni internazionali e del CONI, anche in considerazione della valenza pubblicistica di specifiche tipologie di attività individuate nello statuto del CONI. Ad esse partecipano società ed associazioni sportive e, nei soli casi previsti dagli statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate in relazione alla particolare attività, anche singoli tesserati” (comma 1), precisando che “Le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato. Esse non perseguono fini di lucro e sono soggette, per quanto non espressamente previsto nel presente decreto, alla disciplina del codice civile e delle relative disposizioni di attuazione” (comma 2).
Si tratta, pertanto, di enti cui il legislatore ha attribuito personalità giuridica di diritto privato, cui però sono assegnate funzioni di rilievo pubblicistico quali, secondo lo Statuto del CONI, art. 23, quelle “relative all’ammissione e all’affiliazione di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati; alla revoca a qualsiasi titolo e alla modificazione dei provvedimenti di ammissione o di affiliazione; al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici; all’utilizzazione di contributi pubblici, alla prevenzione e repressione del doping, nonché le attività relative alla preparazione olimpica e all’alto livello di formazione dei tecnici, all’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi”.
Le Federazioni sportive sono quindi istituzionalmente deputate allo svolgimento delle funzioni sopra elencate, di modo che la connotazione privatistica della forma associativa dalle stesse rivestite convive, per definizione, con la valenza pubblicistica di parte delle attività svolte.
Dall’espressa dizione legislativa risulta la sussistenza del requisito, richiesto per la configurabilità dell’organismo di diritto pubblico, della personalità giuridica; né può dubitarsi del fatto che le federazioni siano istituite per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, essendo le stesse, come visto, enti senza fini di lucro deputati al controllo del regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici, della preparazione olimpica, dell’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi.
L’analisi deve quindi incentrarsi sulla sussistenza del requisito di cui al terzo punto, che prevede, in alternativa, il finanziamento in misura maggioritaria delle attività da parte dello Stato, degli enti pubblici territoriali o di altri organismi di diritto pubblico, oppure il controllo, da parte dei medesimi enti, sulla gestione, anche nella forma della designazione diretta dei componenti degli organi di amministrazione, direzione o vigilanza.
Nel caso di specie, è incontestato che non si versi nell’ipotesi del finanziamento maggioritario di provenienza pubblica, in quanto il finanziamento in favore della FIGC da parte del CONI è inferiore al 50% dei fondi dalla stessa posseduti.

Va, quindi, esaminato il controllo effettuato da quest’ultimo ente sulla Federazione.
A questo riguardo deve rilevarsi che, secondo lo Statuto del CONI, le federazioni sportive nazionali “svolgono l’attività sportiva e le relative attività di promozione, in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO e del CONI, anche in considerazione della rilevanza pubblicistica di specifici aspetti di tale attività. Nell’ambito dell’ordinamento sportivo, alle Federazioni sportive nazionali è riconosciuta l’autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la vigilanza del CONI” (art. 20, comma 4).
In particolare, il CONI provvede al riconoscimento delle Federazioni, verificando che rispondano ai seguenti requisiti: a) svolgimento, nel territorio nazionale e sul piano internazionale, di una attività sportiva, ivi inclusa la partecipazione a competizioni e l’attuazione di programmi di formazione degli atleti e dei tecnici; b) affiliazione ad una Federazione internazionale riconosciuta dal CIO, ove esistente, e gestione dell’attività conformemente alla Carta Olimpica e alle regole della Federazione internazionale di appartenenza; c) ordinamento statutario e regolamentare ispirato al principio di democrazia interna; d) procedure elettorali e composizione degli organi direttivi in conformità al disposto dell’art. 16, comma 2, del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, assicurando il riconoscimento di una sola Federazione sportiva nazionale per ciascuno sport (art. 21 dello Statuto CONI).
Il riconoscimento della personalità giuridica è concesso a seguito del controllo del Consiglio Nazionale del CONI e, in caso di venir meno dei requisiti sopra riportati, è revocato dallo stesso organo.
Allo stesso modo, i bilanci delle Federazioni sportive nazionali sono approvati annualmente dal Consiglio Federale e sono sottoposti alla approvazione della Giunta Nazionale del CONI.
Ancora, gli statuti delle Federazioni sportive sono approvati dalla Giunta Nazionale del CONI, che “ne valuta la conformità alla legge, allo Statuto del CONI ed ai Principi fondamentali emanati dal Consiglio Nazionale. In caso di difformità la Giunta Nazionale rinvia alle Federazioni, entro 90 giorni dal deposito in Segreteria Generale, lo statuto per le opportune modifiche, indicandone i criteri” (art. 22 dello Statuto CONI); in caso di omessa modifica, la Giunta Nazionale può nominare a tal fine un Commissario ad acta e, nei casi più gravi, previa diffida, il Consiglio Nazionale può revocare il riconoscimento.
Infine, “Nell’esercizio delle attività a valenza pubblicistica, di cui al comma 1, le Federazioni sportive nazionali si conformano agli indirizzi e ai controlli del CONI ed operano secondo principi di imparzialità e trasparenza”; la Giunta Nazionale, sulla base dei criteri e delle modalità stabilite dal Consiglio Nazionale, approva i bilanci delle Federazioni sportive nazionali e stabilisce i contributi finanziari in favore delle stesse, eventualmente determinando specifici vincoli di destinazione, con particolare riguardo alla promozione dello sport giovanile, alla preparazione olimpica e all’attività di alto livello, e vigila sul corretto funzionamento delle Federazioni sportive nazionali (art. 23 Statuto citato).
Dal quadro complessivo così delineato emerge che, pur essendo espressamente riconosciuta dalla legge e dallo Statuto del CONI l’autonomia delle Federazioni, il controllo esercitato dal Comitato Olimpico si concretizza nella titolarità di poteri salienti nella vita e nell’attività delle stesse (e, quindi, della FIGC), a cominciare dal riconoscimento, ancorato all’analisi dei requisiti sopra elencati, per continuare con l’approvazione dello statuto e del bilancio di tali enti, fino alla verifica complessiva in ordine allo svolgimento dell’attività di promozione sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO e del CONI.
Il complesso di tali poteri deve ritenersi integrante il contenuto della nozione comunitaria di controllo, recepita dal legislatore nazionale nel disciplinare la figura dell’organismo di diritto pubblico.
Infatti, se è pur vero, sul piano formale, che il finanziamento pubblico nel caso di specie non è maggioritario, nondimeno i diffusi poteri di ingerenza, desumibili dagli elementi dianzi indicati, fanno ritenere che l’attività della Federazione sia sottoposta al controllo del sovraordinato ente pubblico CONI.
Né rileva, al riguardo, la sussistenza di una sfera di autonomia statutariamente prevista, per quanto concerne l’attività di promozione sportiva e le attività connesse, o strumentali.
Detta autonomia, infatti, attiene alla fase attiva dell’esercizio delle funzioni affidate alla Federazione, ma non esclude il controllo, quale relazione interorganica nell’ambito della quale l’operato degli organi attivi viene può essere sindacato per valutare la relativa rispondenza alla legge, o alla convenienza amministrativa, o a regole tecniche di varia natura, relazione che non richiede un controllo di tipo strutturale, tale da configurare una significativa ingerenza nella vita dell’ente.
Appare evidente, dunque, come l’elemento fondante dell’organismo di diritto pubblico sia appunto quello, riconducibile alla rilevanza degli interessi generali perseguiti, in rapporto ai quali non può venire meno una funzione amministrativa di controllo, anche qualora la gestione fosse produttiva di utili (come dimostra il carattere espressamente disgiunto dei requisiti, di cui al precedente punto “c”): è propria dell’Amministrazione, infatti, la cura concreta di interessi della collettività, che lo Stato ritiene corrispondenti a servizi da rendere ai cittadini e che pertanto, ove affidati a soggetti esterni all’apparato amministrativo vero e proprio, debbono comunque rispondere a corretti parametri gestionali, anche sul piano dell’imparzialità e del buon andamento (Cons. Stato, sez. VI, 31 ottobre 2017, n. 5026).

In tal senso, peraltro, si è espressa l’ANAC, con delibera n. 372 del 26.3.2016, affermando, con riferimento alle federazioni sportive, che “nel caso di specie sembra potersi affermare la sussistenza di un controllo pubblico sulla gestione. Infatti, le Federazioni, sebbene dotate di autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sono soggette alla vigilanza e ai controlli del CONI (ente pubblico non economico) sia in fase di costituzione – attraverso il riconoscimento ai fini sportivi (condizione, questa, necessaria, per l’ottenimento della personalità giuridica di diritto privato) – sia nel corso di tutta la loro attività”.
L’ANAC, a conclusione dell’analisi sulla sussistenza delle condizioni per affermare la riconducibilità delle federazioni sportive alla nozione di organismo di diritto pubblico, ha quindi optato per la soluzione positiva.

Né può rilevare, in senso contrario, la circostanza della non ricomprensione della FIGC nell’elenco delle amministrazioni pubbliche redatto dall’Istat – che annovera quasi tutte le altre Federazioni sportive -, in ossequio alla normativa comunitaria, recante il Sistema Europeo dei conti nazionali e regionali (Reg. n. 223/96 – SEC 95 e Reg. n. 549/2013 – SEC 2010 – entrato in vigore il primo settembre 2014), introdotto al fine di disporre di conti economici omogenei e comparabili sulla base di principi unici e non diversamente interpretabili (cfr. n. 14 dei considerata del Reg. n. 549/2013).
Nel settore della Pubblica amministrazione il SEC95 (prg. 2.69) riconosce la qualifica di “unità istituzionale”: a) agli “organismi pubblici”, che gestiscono e finanziano un insieme di attività principalmente consistenti nel fornire alla collettività beni e servizi non destinabili alla vendita; b) alle “istituzioni senza scopo di lucro” dotate di personalità giuridica che, come i primi, agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita, ma per esse alla duplice condizione che “siano controllate e finanziate in prevalenza da Amministrazione pubbliche”, sì da incidere in modo significativo sul disavanzo e sul debito pubblico, situazione quest’ultima ritenuta ricorrente nel caso in cui i ricavi per proprie prestazioni di servizi, in condizioni di mercato, non riescono a coprire una quota superiore al 50% dei costi di produzione.
Giova evidenziare che, a fronte del ricorso proposto dalla FIGC avverso l’inclusione nell’elenco, questo Tribunale ha analizzato i presupposti richiesti dal SEC95 per l’inserimento dell’ente nell’elenco ISTAT, vale a dire la sua soggezione al controllo di un’Amministrazione pubblica e l’insufficienza delle sue entrate a coprire in misura superiore al 50% la spesa complessiva sopportata per lo svolgimento della sua attività istituzionale, con conseguente necessità di un continuo e sostanzioso contributo pubblico per ottenere il pareggio di bilancio (Tar Lazio, sentenza n. 6201/2011).
Muovendo dal presupposto che ciò che il SEC95 richiede, perché possa ritenersi che un’Amministrazione pubblica esercita il controllo su un’unità istituzionale, è che essa sia in grado di “influenzarne la gestione, indipendentemente dalla supervisione generale esercitata su tutte le unità analoghe”, il Tar ha escluso che i controlli esercitati dal CONI sulla FIGC presentassero tale valenza; rilevando poi che la ricorrente aveva dimostrato l’assenza del secondo requisito afferente al finanziamento pubblico maggioritario, il Tar ha ritenuto insussistenti le condizioni richieste per l’inclusione nell’elenco Istat.
La soluzione di tale questione, tuttavia, è ancorata, come visto, a presupposti eterogenei – corrispondenti alle diversa finalità prese di mira con l’istituzione del citato elenco – e non sovrapponibili a quelli individuati per la ravvisabilità dell’organismo di diritto pubblico, di tal che deve escludersi che le due qualificazioni debbano necessariamente concorrere.
Occorre poi rilevare, a fronte dell’eccezione sollevata dalla Federazione, che, ai fini della qualificazione come organismo di diritto pubblico, il soddisfacimento di bisogni di interesse generale privi di natura commerciale o industriale non deve necessariamente rivestire carattere esclusivo, essendo sufficiente che una parte dell’attività dell’ente presenti tale qualità, ben potendo l’ente medesimo perseguire al contempo interessi di carattere commerciale e industriale (Corte giustizia UE, sez. IV, 5 ottobre 2017, n. 567).
Per completezza deve comunque evidenziarsi che, anche a prescindere dalla riconducibilità delle federazioni alla figura dell’organismo di diritto pubblico, la giurisprudenza ha comunque affermato, in casi analoghi, la sussistenza della giurisdizione amministrativa e la sottoposizione dell’attività contrattuale delle federazioni sportive alle regole di evidenza pubblica: è stato ritenuto, in particolare, che “la licitazione privata con cui la Figc sceglie il contraente di un contratto atipico di sponsorizzazione della squadra nazionale di calcio non costituisce una fase della c.d. vita interna della Federazione ma rappresenta il momento in cui questa, come organo del Coni, disciplina interessi fondamentali, strettamente connessi con l’attività sportiva” (Cons. St., sez. VI, 10.10.2002, n. 5442); nel medesimo senso Cons. Stato, sez. VI, 10.9.2007, n. 4743, secondo cui “l’attività posta in essere da una federazione sportiva volta alla individuazione e scelta del contraente per un contratto avente ad oggetto l’assicurazione, a favore di tutti i tesserati, per la responsabilità civile e gli infortuni personali derivanti dallo svolgimento di un’attività sportiva, non costituisce una fase della c.d. vita interna della Federazione stessa, ma rappresenta il momento in cui questa, quale organo del C.O.N.I., provvede alla tutela dei suoi iscritti per i rischi ai quali questi sono esposti nell’esercizio dell’attività sportiva. …. In quanto finalizzata alla realizzazione di interessi fondamentali ed istituzionali dell’attività sportiva, la Federazione agisce, dunque, quale organo del C.O.N.I., ponendo in essere atti amministrativi (e non meramente privatistici), con la conseguenza che la giurisdizione sull’eventuale controversia nascente da tale situazione deve essere riconosciuta al Giudice Amministrativo”.

Ad analoga conclusione dovrebbe pervenirsi quindi, come dedotto dalla ricorrente, nel caso di specie, anche laddove si volesse aderire alla tesi secondo cui le Federazioni sportive sarebbero assoggettate alle regole di evidenza pubblica sancite dal Codice soltanto ove svolgano attività a valenza pubblicistica, mantenendo, in tutti gli altri casi, la propria natura di associazioni di diritto privato.
Il contratto in esame ha infatti ad oggetto servizi di trasporto e facchinaggio da svolgersi, oltre che presso le sedi federali di Roma, in occasione delle trasferte delle Squadre Nazionali, in Italia e all’estero.
L’art. 1 del Capitolato tecnico prevede che “L’affidamento … ha ad oggetto i servizi di trasporto e facchinaggio. Tali servizi dovranno essere effettuati secondo le esigenze della Committente … presso le sedi federali di Roma … e, inoltre, in occasione delle trasferte delle Squadre Nazionali, in Italia e all’estero”; il successivo art. 3 specifica che “I servizi effettuati presso le sedi federali di Roma riguardano prestazioni di piccola e media entità …; i servizi svolti in occasione delle trasferte delle Squadre Nazionali sono generalmente di media entità e più articolati e, in caso di partecipazione a Campionati Europei e/o Mondiali, potrebbero richiedere prestazioni complesse. [….] L’80% dei servizi richiesti riguarda le trasferte delle Squadre Nazionali e nell’ambito di tali servizi il 70% genera movimentazione su tutto il territorio nazionale”.
Il Capitolato evidenzia quindi che le attività dedotte in contratto, al pari di quelle oggetto dei precedenti citati, e a differenza di quelle prese in esame dalla sentenza di questa Sezione n. 3372/2017, relative al servizio di pulizia delle sedi della Federazione, non attengono unicamente alla vicende della vita interna dell’ente ma sono anche strumentalmente connesse alle funzioni pubblicistiche alla stessa rimesse e, pertanto, finalizzate a soddisfare le esigenze di interesse generale, quali la partecipazione delle squadre nazionali ai campionati europei e mondiali, per il cui perseguimento, pertanto, la Federazione opera esercitando le sue prerogative pubblicistiche svolgendo attività amministrativa.

Se ne deve concludere che lo svolgimento della gara, nel caso di specie, doveva seguire le modalità procedurali previste dal d.lgs. n. 50 del 2016, essendo la Federazione tenuta all’osservanza di dette disposizioni nelle procedure selettive bandite, con conseguente sussistenza della giurisdizione amministrativa sulla controversia concernente l’annullamento degli atti della gara in oggetto.
Tale conclusione è conforme, del resto, ai principi affermati dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, secondo la quale, in ossequio ad esigenze di certezza del diritto, nonché alla ratio di estendere, nei casi dubbi, le ipotesi di assoggettabilità alle regole dell’evidenza pubblica in relazione alle figure organizzative che sono comunque riconducibili all’ambito pubblicistico, una volta acclarato lo status di organismo di diritto pubblico di un determinato soggetto, quest’ultimo è sempre e comunque tenuto all’osservanza delle regole di evidenza pubblica e ciò non soltanto in relazione alle attività volte al soddisfacimento di “esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale”, ma anche con riferimento alle ulteriori attività propriamente commerciali e industriali (cfr. Corte Giustizia CE, 15 gennaio 1998, C-44/96, Mannesmann).