16. Quanto al primo motivo è agevole rilevarne l’infondatezza manifesta. La stazione appaltante si è semplicemente avvalsa della facoltà (potere) di ridurre i termini per motivi di urgenza. Si tratta di un potere previsto dall’art. 8 comma 1 lett. c) del d.l. 76/2020, convertito in L. 120/2020 che così recita: “c) in relazione alle procedure ordinarie, si applicano le riduzioni dei termini procedimentali per ragioni di urgenza di cui agli articoli 60, comma 3, 61, comma 6, 62 comma 5, 74, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016. Nella motivazione del provvedimento che dispone la riduzione dei termini non è necessario dar conto delle ragioni di urgenza, che si considerano comunque sussistenti;(…)”. 16.1. Si tratta di una delle disposizioni acceleratorie delle procedure previste dal c.d. “d.l. semplificazioni” contenuta nell’art. 8 rubricato, appunto, “Altre disposizioni urgenti in materia di contratti pubblici” in vigore dal 1 giugno 2021. 16.2. E’ una norma attributiva di potere che lascia alle stazioni appaltanti la più ampia discrezionalità circa il suo utilizzo e che in questo caso non sconta alcuna delle criticità che sono state evidenziate dall’appellante. Non è superfluo osservare che:
a) il bando di gara è stato pubblicato il 9 giugno 2021, vale a dire a ridosso della stagione estiva;
b) che sia urgente aggiudicare un servizio di prevenzione ed estinzione d’incendi boschivi prima che trascorra la stagione estiva è valutazione di comune buon senso;
c) altrettanto di comune buon senso è ritenere che il gestore uscente fosse semmai facilitato a presentare un’offerta che, come si vedrà nel prosieguo, non presentava alcuna significativa difficoltà, al contrario di quello che è stato rappresentato, peraltro in modo del tutto generico.
Considerato:
– che l’annullamento della procedura è stata motivata -) riscontrando tale discrasia, -) dando atto del pervenimento di tutte le offerte nel termine riportato nel Mepa, -) rilevando l’illegittimità dell’essere il termine più breve non rispettoso del termine dilatorio tra invio dell’invito e termine di scadenza delle offerte di 10 giorni stabilito dal combinato disposto degli artt. 61 co. 6 e art. 8 co. 1 lett. c) del d.l. n. 76/20 (convertito dalla l. 120/2020) -) con la giustificazione di evitare possibili contenziosi, -) rilevando l’insussistenza di posizioni pregiudicate;
– che, infatti, l’art. 21 nonies l. proc. prevede l’annullabilità del provvedimento amministrativo “illegittimo ai sensi dell’ articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, ….. sussistendone le ragioni di interesse pubblico”;
– che le ragioni poste alla base del provvedimento violano tale disposizioni e risultano contrarie ai principi di ragionevolezza;
– che, infatti, -) l’esatta scadenza del termine di presentazione delle offerte era esattamente individuabile in via interpretativa in quella indicata dal Mepa giuste previsioni degli artt. 61 co. 6 e art. 8 co. 1 lett. c) del d.l. n. 76/20 in uno con gli artt. 1363, 1367 e 1339 c.c. (v. per applicazione delle regole interpretative del codice civile all’atto amministrativo, tra le altre, Consiglio di Stato, sez. V, 07/08/2018, n. 4849; Consiglio di Stato, sez. V, 13/09/2018, n. 5360; Consiglio di Stato sez. III, 10/06/2016, n. 2497; Consiglio di Stato sez. V, 25/07/2013, n. 3964),
-) che, d’altro canto, in tale senso si era determinata la p.a. ammettendo l’offerta della ricorrente che, diversamente delle altre due partecipanti, aveva presentato l’offerta il 23.8 (v. riepilogo offerte in doc. 3 fasc. resistente), per come poi esplicitato nella premessa dell’atto di annullamento (“tre offerte ritenute valide…in quanto tutte presentate nei termini fissati nel portale Mepa”),
-) che essendo il refuso esegeticamente superabile non vi era illegittimità invalidante giustificante l’intervento in autotutela;
-) che tanto la determinazione di ammissione di tutte le offerte, quanto quella di annullamento “precauzionale” avrebbero leso l’interesse di una partecipante generando contenzioso;
-) che in particolare, se è vero che l’aggiudicatario provvisorio vanta solo una mera aspettativa alla conclusione del procedimento, che può essere legittimamente disattesa (tanto per sopravvenute ragioni di interesse pubblico, quanto per la scelta della non appaltante di non aggiudicare il contratto ex art. 94 co. 2 c.c.p.), tuttavia, il medesimo aggiudicatario provvisorio è portatore di un interesse alla legittimità di un eventuale annullamento dell’intera procedura;
-) che, al contrario, nessuna delle offerenti poteva giudizialmente lamentare il mancato rispetto del termine dilatorio posto che la seconda e terza partecipante avevano presentato l’offerta nel termine più ridotto, mentre la prima si era avvalsa di quello più lungo indicato sul Mepa, rispettoso degli artt. 61 co. 6 e art. 8 co. 1 lett. c) del d.l. n. 76/20;
-) che la determinazione radicale di annullare l’intera gara lede, piuttosto, anche il pubblico interesse determinando spreco di tempo e risorse;
Si deve premettere che l’art. 79, comma 5-bis del d. lgs. n. 50 del 2016, introdotto dall’art. 48 del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, disciplina l’ipotesi del “mancato funzionamento” o, più in generale, del “malfunzionamento” dei “mezzi di comunicazione elettronici” (comprensivi delle “piattaforme telematiche di negoziazione”) messi a disposizione dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 52 del Codice, prevedendo che – nel caso in cui la natura della disfunzione sia “tale da impedire la corretta presentazione delle offerte” – si imponga alla stazione appaltante l’adozione dei “necessari provvedimenti”, al fine di “assicurare la regolarità della procedura nel rispetto dei principi di cui all’art. 30”.
In particolare, sono contemplati tra i provvedimenti in questione:
a) la “sospensione del termine” (per “il tempo necessario a ripristinare il normale funzionamento dei mezzi”);
b) la “proroga del termine” (per una “durata proporzionale alla gravità del mancato funzionamento”).
La regola – dichiaratamente ispirata alla salvaguardia dei “principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità [e] pubblicità” che connotano le procedure evidenziali (cfr. art. 30 d.lgs. n. 50/2016) – non contempla l’ipotesi (in sé non riconducibile ad un obiettivo malfunzionamento tecnico del sistema informatico) della omessa, insufficiente od inadeguata informazione in ordine alle concrete modalità operative strumentali alla presentazione delle offerte in forma telematica (segnatamente inerenti, come nel caso di specie, ai limiti dimensionali dei documenti da ‘caricare’ ed ‘inoltrare’ ed alle correlate modalità di autenticazione).
Cionondimeno, il silenzio testuale della legge non può essere acquisito – a dare adeguato risalto alla “intenzione del legislatore” (art. 12, primo comma, delle Preleggi), riferita alla libera, paritaria e concorrenziale accessibilità del mercato delle pubbliche commesse, il che postula ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza ed effettività del tempo dato per elaborazione e formalizzazione delle offerte (con conseguente divieto di frapporre ingiustificati e disparitari ostacoli di ordine formale) – come sintomo di una deliberata restrizione alla riapertura dei termini (mediante sospensione o proroga). In effetti, l’operatore economico deve poter fare affidamento – relativamente alle regole operative¸ di carattere strumentale e formale, della gara, unilateralmente predisposte dalla stazione appaltante e perciò assoggettate ad un canone di interpretazione secondo buona fede (cfr. Cons. Stato, V, 13 agosto 2020, n. 5029) – su esaustività, completezza e precisione delle indicazioni programmaticamente affidate agli atti di indizione. Ciò perché – di là dalle ipotesi di abuso o strumentalizzazione – il grado di diligenza da pretendere non arriva ad imporre l’autonoma ricerca di regole integrative, limitative o correttive (quand’anche, come nella specie, evincibili dalla consultazione del sito Internet della stazione appaltante).
Bene, perciò, valorizzando la detta ratio legis, il primo giudice ha ravvisato che l’apparente lacuna normativa (ovvero la formulazione eccessivamente restrittiva dell’art. 79, comma 5-bis del d. lgs. n. 50/2016) possa essere colmata facendo applicazione analogica della regola codificata.
Nemmeno una tale operazione si è risolta, come assume l’appellante, nella surrettizia surroga di una regola con un principio (di suo idoneo alla arbitraria estensione dei tassativi poteri di intervento dell’amministrazione aggiudicatrice): piuttosto nella ricostruzione, per via di interpretazione sistematica, di una più articolata regola, formulata alla luce dei “principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato” (art. 12, secondo comma, ad finem prel.).
Va aggiunto che, nell’argomentazione analogica, il richiamo ai principi (vuoi che si tratti di principi “generali” desunti per via di astrazione generalizzante dal complesso normativo; vuoi che si tratti di principi “fondamentali”) opera non in termini di sostituzione di una regola alternativa e non positiva, ma di ricostruzione di una regola già desumibile (quindi, implicita) nel sistema.
Né è di ostacolo alla conclusione la asserita eccezionalità (rispetto alla ordinaria natura decadenziale del termine di presentazione delle offerte, di suo preordinato a salvaguardare la par condicio tra gli operatori economici in concorrenza) della rimessione in termini ancorata alla scusabilità dell’errore: invero l’eccezionalità (che, a termini dell’art. 14 delle Preleggi, preclude l’estensione analogica) va, per comune intendimento, acquisita come predicato di una norma “che non sia riconducibile ai principi generali o fondamentali dell’ordinamento giuridico, ma che anzi faccia eccezione a detti principi o sia in contrasto con essi” (cfr. Cons. Stato, IV, 28 ottobre 2011, n. 5799): di una norma, in altri termini, che non costituisca, come deve per contro dirsi qui, un completamento, una integrazione od una specializzazione della disciplina giuridica contenuta in una norma più ampia, ma rappresenti una interruzione della consequenzialità logica di quest’ultima, ponendo una disciplina contrastante ed antinomica con quella della norma generale (cfr. Cass., II, 28 febbraio 2018, n. 4657; Id., III, 3 settembre 2007, n. 18522).
[…]
È sufficiente ribadire, evitando ripetizioni, che il canone generale di buona amministrazione richiede che il perseguimento dell’interesse pubblico (nella specie, alla selezione del miglior operatore economico interessato alla acquisizione della commessa) non operi in pregiudizio del legittimo affidamento dei concorrenti, circa le modalità di accesso alla gara, e si muova in una logica di leale cooperazione con le parti (cfr. oggi, l’art. 1, comma 2 bis l. n. 241 del 1990, che peraltro recepisce un principio già ricevuto).
In tale prospettiva, l’insufficienza o poca chiarezza delle modalità tecniche preordinate all’inoltro telematico della proposta negoziale bene è stata ritenuta – pur in assenza di un malfunzionamento del sistema – ragion sufficiente ad operare, in virtù della analogia delle situazioni, una estensione del meccanismo di rimessione in termini previsto all’art. 79, comma 5-bis del Codice dei contratti pubblici: cui è estranea – anche relativamente alla possibile proroga dei termini, qui disposta in via officiosa e nell’interesse pubblico, non già su istanza di parte e nell’interesse privato – la logica della necessaria anteriorità rispetto alla scadenza.
4.- Con il terzo motivo di gravame, l’appellante denunzia – relativamente alla ritenuta “insussistenza di impedimenti oggettivi” – violazione dell’art. 97 Cost., violazione degli artt. 30, 79, 80 e 133 del d.lgs. 50/2016, violazione dell’art. 1 della legge 241/1990, violazione dell’art. 64 c.p.a., violazione della lex specialis, nonché violazione del principio di non discriminazione e del principio di proporzionalità, una ad eccesso di potere per ingiustizia manifesta, travisamento, sviamento e disparità di trattamento.
A suo dire:
a) di là dalla contestata applicabilità analogica dell’art. 79, comma 5-bis d.lgs. 50/2016, la violazione dei termini di gara non poteva essere imputata alla mancata indicazione, nella lettera d’invito o nel disciplinare, della specifica tecnica consistente nei megabytes massimi per singolo caricamento di un file nel sistema informatico;
b) che il limite di caricamento era, invero, effettivamente indicato dal portale informatico quale “dimensione massima consigliata”, il che avrebbe dovuto sollecitare la diligenza delle imprese concorrenti, che ben avrebbero dovuto prefigurarsi l’eventualità di ritardi o di disfunzioni in caso di superamento del limite “consigliato”;
c) che la circostanza che si trattasse di mero “consiglio” (e non di precisa regola operativa) non toglieva che ogni operatore economico avrebbe dovuto porsi il problema del suo mancato rispetto, senza potersene abusivamente avvantaggiare;
d) che – più in generale – la sussistenza di un limite quantitativo al caricamento di files su una piattaforma telematica sarebbe una “circostanza ordinaria”, tale da imporre l’attivazione della consueta diligenza: e ciò tanto più che la stazione appaltante aveva avuto cura di mettere a disposizione degli operatori un servizio di “assistenza tecnica”, da interpellare in caso di difficoltà e/o incertezze;
e) che, inoltre, la tardività era imputabile alle stesse concorrenti, che si erano risolte a presentare l’offerta all’ultimo minuto;
f) che, per giunta, ogni difficoltà avrebbe potuto essere de plano superata semplicemente ‘spacchettando’ i files di dimensioni troppo grandi, rifiutati dal sistema;
g) che, oltretutto, la motivazione sottesa alla validazione della rimessione in termini sarebbe stata intrinsecamente contraddittoria, posto che mentre Itinera aveva evidenziato la resa di un messaggio di errore riguardante il caricamento dei files, “di dimensioni non accettate dal sistema”, Pizzarotti aveva inteso giustificare il proprio ritardo su un diverso problema, e cioè un messaggio di errore per “mancata trasmissione” dell’offerta complessiva, e non del caricamento dei files.
4.1.- Il motivo – nel tentativo di segmentare la critica alla scelta della stazione appaltante di consentire a tutti gli operatori invitati di proporre senza difficoltà tecniche la propria offerta – sta con quelli esaminati in precedenza.
Valga, segnatamente, rilevare:
a) che il riferimento ad una “dimensione massima consigliata” non poteva ritenersi di per sé chiaramente ed inequivocamente espressivo di una puntuale (e indisponibile) regola operativa;
b) che, a fronte delle difficoltà di inoltro incontrate in limine e tempestivamente denunziate, non aveva rilievo l’approntamento di un servizio di assistenza, il cui intervento non avrebbe potuto essere tempestivamente sollecitato e a cui, peraltro, le imprese avevano avuto cura di inoltrare, appena possibile, la propria segnalazione; c) che la circostanza che l’offerta fosse stata presentata “all’ultimo minuto” è irrilevante, posto che l’operatore economico ben può utilizzare tutto il tempo concesso per l’elaborazione e la presentazione dell’offerta, senza correre il rischio – per l’incerta indicazione delle relative modalità – di incontrare difficoltà imprevedibili e non imputabili;
d) che parimenti irrilevante è l’astratta possibilità di ovviare alle difficoltà di inoltro mediante l’opportuno spacchettamento dei files: opzione, a tacer d’altro, di fatto preclusa dalla assenza di un residuo spazio temporale per reiterare la procedura.
Con unico motivo di gravame la società ricorrente deduce la violazione del termine minimo di ricezione delle offerte prescritto dall’art. 60 del D. Lgs. n. 50 del 2016.
Lamenta che, di fatto, non è stato alla stessa consentito di partecipare alla gara per il termine eccessivamente esiguo ed incongruo concesso dalla pubblicazione del bando (-OMISSIS-) per la presentazione delle offerte (fino al 31 dicembre 2020), mentre ai sensi dell’art. 60 del d.lgs n. 50 del 2016 nelle procedure di gara aperte il termine minimo che deve obbligatoriamente trascorrere dalla pubblicazione del bando, per la presentazione delle offerte, è di 35 giorni (salve le riduzioni ammesse dalla disciplina emergenziale, estranee comunque al caso di specie).
Argomenta la società ricorrente, inoltre, che per effetto dell’art. 8, lett. c), del d.l. n. 76 del 2020, e fino al 31 dicembre 2020, sarebbe stato possibile per il -OMISSIS-, anche senza dare conto delle ragioni d’urgenza, ridurre detto termine a 15 giorni; tuttavia, concedendo un termine di appena 8 giorni, dalla pubblicazione del bando, per la presentazione delle offerte, il -OMISSIS- ha violato il precetto normativo che gli imponeva il rispetto del temine minimo inderogabile, ciò che inficia l’intera procedura di gara.
[…]
Il ricorso è, nel merito, fondato.
Nel caso in esame, il termine assegnato agli operatori economici per la presentazione delle offerte (31 dicembre 2020, ore 10:00), se si tiene conto della data di pubblicazione dell’avviso di bando di gara sul sito istituzionale del -OMISSIS- resistente (-OMISSIS-), è inferiore a dieci giorni. Il termine assegnato risulta financo inferiore a quello che – per ragioni di urgenza debitamente motivate – l’art. 60, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 ammette (laddove i termini minimi stabiliti al comma 1 dello stesso articolo non possano essere rispettati), nonché a quello che – transitoriamente – contempla l’art. 8, comma 1, lett. c), del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 (che esclude la necessità di dar conto delle ragioni di urgenza, che si considerano comunque sussistenti).
Ferma la regola di carattere generale secondo cui «I termini stabiliti per presentare una manifestazione d’interesse o un’offerta devono essere sufficienti per consentire alle imprese di altri Stati membri di procedere a una valutazione pertinente e di elaborare la loro offerta» (Comunicazione Commissione UE 2006/C179/02), la determinazione a contrarre si è limitata a dare atto delle modalità di pubblicazione della stessa senza evidenziare le ragioni sostegno della riduzione – poi rivelatasi irragionevole – del termine per la presentazione delle offerte.
Invero, i termini stabiliti per presentare una manifestazione d’interesse o un’offerta devono essere sufficienti per consentire alle imprese di procedere a una valutazione pertinente e di elaborare la loro offerta, e l’art. 79 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 – come già il previgente art. 70 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 – dispone che, nel fissare i termini per la ricezione delle offerte e delle domande di partecipazione, le amministrazioni aggiudicatrici devono tenere conto della complessità della prestazione oggetto del contratto e del tempo ordinariamente necessario per preparare le offerte (“fatti salvi i termini minimi”); la stazione appaltante deve dunque operare secondo canoni di proporzionalità (cfr. art. 30, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50) e il termine di scadenza per la presentazione delle proposte deve essere idoneo alla loro corretta e ponderata predisposizione (arg. ex T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 1 luglio 2019, n. 613).
La ricorrente lamenta la mancata pubblicazione di un nuovo bando e il mancato rispetto del termine dilatorio di cui all’art. 60 d.lgs. n. 50 del 2016 ai fini della presentazione delle offerte: che sarebbero stati dovuti all’esito delle modifiche apportate in parte qua alla lex specialis pubblicate il 18 marzo 2019. Il Collegio considera che a tali assunti si oppone il dato essenziale della manifesta marginalità, rispetto alla configurazione dell’invito a offrire in cui si concretizzava il bando, delle suddette modifiche introdotte. Queste modifiche consistevano nel solo richiamo, fra le cause d’esclusione, all’art. 80, comma 5, lett. c), c-bis) e c-ter), d.lgs. n. 50 del 2016, per come modificato dall’art. 5, comma 1, d.-l. n. 135 del 2018 (in luogo cioè della previgente e omnicomprensiva lett. c) del medesimo comma 5), dal che conseguiva la necessità d’inserire fra le dichiarazioni di gara da parte dei concorrenti il riferimento all’assenza delle cause escludenti secondo la nuova formulazione di legge. In specie, per effetto della modifica, gli operatori erano ora tenuti a dichiarare – in via aggiuntiva rispetto alle originarie previsioni – “che l’Impresa non incorre[va] nelle cause di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) c-bis) e cter) del d.lgs. 50/2016”, secondo il modello previsto nello “schema di dichiarazioni amministrative” aggiornato. Più in particolare, da un lato la variazione consisteva nel semplice adeguamento della lex specialis alla modifica introdotta dal d.l. n. 135 del 2018, conv. con modificazioni dalla l. n. 12 del 2019, di suo comunque (in quanto sovrastante precetto legislativo) applicabile alla procedura di gara ai sensi dell’art. 5, comma 2, d.l. n. 135 del 2018 (la modifica riguardava sostanzialmente la ripartizione fra le lettere c), c-bis) e c-ter) del detto comma 5 in luogo dell’originaria formulazione unitaria di cui alla previgente lettera c)); dall’altro – vista nei termini dell’immanente principio di proporzionalità – non comportava novità sostanziali e oneri particolarmente gravosi a carico dei concorrenti, chiamati per ragioni di sicurezza formale a rendere la dichiarazione in conformità al nuovo schema comprensivo dei riferimenti normativi introdotti con il suddetto d.l. n. 135 del 2018. Per tali ragioni la modifica non implicava variazioni di rilievo nei requisiti partecipativi e nei contenuti dell’offerta, né comunque comportava una particolare valutazione o determinazione da parte delle imprese (v. amplius infra, sub § 5.1.1): sicché vuoi di suo per il ricordato principio di proporzionalità, vuoi anche in bilanciamento con l’interesse pubblico al sollecito sviluppo delle commesse pubbliche, non si presentava di rilievo tale da rendere necessaria la rinnovazione della pubblicazione del bando, né la concessione del termine dilatorio dell’art. 60 d.lgs. n. 50 del 2016. In tale prospettiva, risultava sufficiente e congrua una semplice proroga dei termini per la presentazione delle offerte a norma dell’art. 79, comma 3, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016: e la misura in concreto adottata risulta «proporzionale all’importanza delle […] modifiche» (art. 79, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016), sicché appare legittimo un differimento del termine di presentazione delle offerte dal 28 marzo 2019 all’11 aprile 2019, con pubblicazione della rettifica avvenuta il 18 marzo 2019 (v. anche infra, sub § 5.1.1): ciò dava alle imprese interessate il più che sufficiente spazio di oltre tre settimane per conformarsi a quanto suindicato. Pertanto, non essendo emersi agli atti neanche elementi lesivi della par condicio da cui si possa dedurre una ragione di sfavore nei confronti della ricorrente, ovvero di indebito favore nei confronti dell’aggiudicatario o di terzi, il Collegio non vede ragioni per ravvisare illegittimità al riguardo. […] Così come le variazioni apportate in relazione alle cause d’esclusione ex art. 80, comma 5, lett. c, c-bis) e c-ter), d.lgs. n. 50 del 2016 e corrispondenti dichiarazioni (cfr. retro, sub § 2.1.1), anche quelle relative all’applicazione della clausola sociale si risolvono in mere modifiche della lex specialis tali da implicare – ai sensi dell’art. 73, comma 3, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016 – il (già visto) differimento del termine per la presentazione delle offerte, non già la pubblicazione di un nuovo bando di gara e la soggezione al termine di cui all’art. 60 d.lgs. n. 50 del 2016. In particolare, le variazioni concernenti la clausola sociale riguardano la presentazione di un progetto di assorbimento del personale (su cui v. infra, sub § 5.1.1) che ben rientra fra le «modifiche significative ai documenti di gara» (art. 79, comma 3, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016) comportanti la «proroga [… de]i termini per la ricezione delle offerte». In senso inverso non vale il principio affermato dalla Corte di giustizia con sentenza del 18 settembre 2019 (causa C-526/2017), secondo cui in caso di significative modifiche apportate al contratto occorre provvedere alla nuova pubblicazione del bando. Il principio riguarda infatti tutt’altra ipotesi, coincidente con la modifica del contenuto di un affidamento già in essere (si trattava, in specie, della proroga della durata di una concessione autostradale) risolventesi in un revisione sostanziale del contratto in assenza di gara. Nel caso in esame, invece, la modifica riguarda i documenti di gara, implicando il solo effetto di dover assicurare un’adeguata tempistica per la presentazione delle offerte agli operatori economici ai sensi dell’art. 79, comma 3 e 4, d.lgs. n. 50 del 2016. Non rileva al riguardo neanche il richiamo al considerando n. 81 della direttiva 2014/24/UE, che si limita a stabilire il principio – cui lo stesso art. 79, comma 3 e 4, d.lgs. n. 50 del 2016 s’ispira – di prevedere una proroga del termine per la presentazione delle offerte in caso di «modifiche significative» apportate ai documenti di gara, a meno che siano talmente consistenti da consentire l’ammissione di candidati diversi, risultando tali da rendere «sostanzialmente diversa la natura dell’appalto o dell’accordo quadro rispetto a quella inizialmente figurante nei documenti di gara». Come già posto in risalto, nel caso di specie non ricorrono modifiche – in relazione al richiamo delle cause escludenti ex art. 80, comma 5, lett. c), c-bis) e c-ter), d.lgs. n. 50 del 2016 e relative dichiarazioni degli operatori, nonché alla richiesta di un progetto di assorbimento del personale – d’entità e oggetto tali da rendere necessaria la pubblicazione d’un nuovo bando o il rispetto del termine ex art. 60 d.lgs. n. 50 del 2016 (v., al riguardo, anche infra, sub § 5.1.1). […] Come già posto in risalto e considerato, la modifica relativa all’adeguamento della lex specialis alle previsioni del novellato art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016 (segnatamente, in relazione alle cause d’esclusione ai sensi delle relative lett. c), c-bis) e c-ter), su cui i concorrenti erano chiamati a rendere anche apposita dichiarazione d’assenza) si risolve in un semplice adeguamento alla normativa primaria applicabile alla gara (in particolare, alla luce della ripartizione fra le lettere c), c-bis) e c-ter) del detto comma 5 intervenuta giusta d.l. n. 135 del 2018 in luogo dell’originaria formulazione unitaria di cui alla previgente lettera c)) e non implica alcuna rilevante variazione nelle offerte (cfr. al riguardo anche retro, sub § 2.1.1). Neppure può ritenersi che comporti un cambiamento rilevante dei requisiti generali di partecipazione, tale da richiedere una più ampia proroga del ricordato termine. Detti requisiti, infatti, da un lato erano comunque stabiliti dalla legge, dall’altro riguardavano in specie la mera assenza di cause (generali) d’esclusione – ciò su cui l’appellante non muove autonome censure – relative a gravi illeciti professionali, omissioni o falsità dichiarative e significative carenze nell’esecuzione di precedenti affidamenti, e cioè tutte circostanze preesistenti in capo al concorrente o riguardanti la regolarità del comportamento tenuto durante la gara, tali da comportare d’innovativo, da parte dello stesso concorrente, la sola presentazione di una dichiarazione aggiornata alla nuova formulazione. La modifica correlata alla clausola sociale è invece avvenuta in attuazione delle Linee guida n. 13 approvate dall’Anac con delibera n. 114 del 13 febbraio 2019, e si risolve in specie nella necessità di presentare un preventivo piano di assorbimento del personale. Il che si rifletteva, da un lato sulle dichiarazioni che l’operatore era chiamato a rendere, dovendo impegnarsi anche, “compatibilmente con la propria organizzazione aziendale, in attuazione della ‘Clausola Sociale’ ed all’elenco del personale attualmente in servizio predisposto dalla Stazione Appaltante, a presentare il ‘progetto di assorbimento’ atto ad illustrare le concrete modalità di applicazione della clausola sociale, con particolare riferimento al numero dei lavoratori che beneficeranno della stessa e alla relativa proposta contrattuale (inquadramento e trattamento economico)” (cfr. lo “schema di dichiarazioni amministrative”); dall’altro a fornire siffatto “progetto di assorbimento” secondo lo schema predisposto dall’amministrazione, con la previsione altresì che “il ‘progetto di assorbimento’ dovrà essere illustrato all’interno del ‘Modello di offerta economica’” e “il rispetto delle previsioni del progetto di assorbimento sarà oggetto di monitoraggio da parte della stazione appaltante durante l’esecuzione del contratto” (cfr. l’art. 24 del disciplinare rettificato); veniva conseguentemente adeguato anche lo schema di contratto, con riferimento al progetto di assorbimento, al monitoraggio sulla relativa attuazione, e alle conseguenze in caso d’inadempimento. Anche in relazione a tale modifica, dunque, non emerge nessun elemento aggiuntivo tale da imporre un nuovo bando alla stazione appaltante, atteso che la clausola sociale (i.e., “per ciascun lotto della […] procedura, al fine di promuovere la stabilità occupazionale nel rispetto dei principi costituzionali e dell’Unione Europea, e ferma restando la necessaria armonizzazione con l’organizzazione dell’operatore economico subentrante e con le esigenze tecnico-organizzative e di manodopera previste nel nuovo contratto, l’aggiudicatario dell’appalto è tenuto ad assorbire prioritariamente nel proprio organico il personale già operante alle dipendenze dell’aggiudicatario uscente, come previsto dall’articolo 50 del Codice, garantendo l’applicazione dei CCNL di settore, di cui all’art. 51 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 […]”) era già prevista dal disciplinare di gara (cfr. l’art. 24): la modifica invero si limitava a richiedere l’individuazione e l’esplicitazione preventiva delle modalità attraverso cui la detta clausola (già vigente e vincolante per gli operatori, con tutte le eventuali implicazioni sulla modulazione delle offerte) sarebbe stata attuata, senza modifiche per il resto, neanche in relazione ai criteri valutativi. Questo non implicava insomma una diretta variazione nei contenuti dell’offerta in sé, e si risolveva nella sola predisposizione del suindicato progetto di assorbimento. Per tali ragioni, a fronte delle due suindicate modifiche apportate ai documenti di gara, il differimento del termine di presentazione delle offerte dal 28 marzo all’11 aprile 2019, con pubblicazione avvenuta il 18 marzo 2019 (e, dunque, con ventiquattro giorni residui alla scadenza per poter elaborare il progetto di assorbimento e predisporre le prescritte dichiarazioni aggiornate, a fronte di un termine originario per la presentazione delle offerte di 85 giorni a far data dalla prima pubblicazione del bando) risulta non irragionevole o inadeguato e ben «proporzionale all’importanza […] delle modifiche» apportate (cfr. l’art. 79, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016), come confermato peraltro dalla regolare presentazione di n. 57 offerte pervenute alla stazione appaltante; né a diverse conclusioni conduce di per sé il valore o la rilevanza della gara. In tale contesto, come chiarito dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, la logica dell’art. 79, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016 “è quella di consentire agli operatori economici interessati alla partecipazione alla procedura evidenziale la ‘preparazione di offerte adeguate’. Non si tratta di regola rigida ed automatica, in quanto – proprio in conformità alla ratio che la ispira – per un verso la postergazione delle scadenze non è necessaria in presenza di informazioni o modifiche non significative (la cui importanza […] è insignificante: cfr. comma 5); per altro verso la ‘durata della proroga’ è parametrata alla rilevanza del contenuto informativo introdotto (secondo un criterio di adeguatezza e proporzionalità: cfr. comma 4)” (Cons. Stato, V, 31 marzo 2020, n. 2183; cfr. anche, in termini generali, Cons. Stato, VI, 23 marzo 2018, n. 1876).
La giurisprudenza della Corte di Giustzia UE, ha affermato, anche di recente, il principio secondo cui il termine di decadenza debba iniziare a decorrere solo dal momento in cui i vizi della procedura sono conosciuti o conoscibili dal concorrente (CG UE 14 febbraio 2019 C- 54/18) Il Collegio, pur ritenendo in linea di massima condivisile l’orientamento più restrittivo espresso dalla giurisprudenza italiana, reputa indispensabile lo svolgimento di una precisazione che appare decisiva nel caso di specie. La sostenibilità della posizione della giurisprudenza italiana dipende infatti dalla possibilità di esperire, nel singolo caso concreto, un ricorso non completamente al buio. In altre parole dalla comunicazione del provvedimento finale deve derivare la possibilità di dedurre una impugnazione sulla base di motivi che abbiano una loro plausibile fondatezza alla luce degli atti fino a quel momento conosciuti. A queste condizioni deve essere accolto l’orientamento secondo il quale la successiva conoscenza degli atti non legittima la proposizione di un ricorso autonomo, che sarebbe tardivo, ma solo la proposizione di motivi aggiunti. La prassi del ricorso al buio, infatti, pur se largamente ammessa in passato, non appare più ammissibile alla luce dei principi nazionali e comunitari. La parte, infatti, non può essere costretta ad impugnare un provvedimento con un ricorso che fin dall’inizio sa essere infondato, solo al fine di non decadere dalla possibilità di impugnare con motivi aggiunti lo stesso provvedimento, quando gli eventuali vizi saranno effettivamente conosciuti. In materia di gare pubbliche simile conclusione è in contrasto con il principio di parità delle parti e di effettività della tutela e con la disciplina prevista dalla normativa in materia di contributo unificato. Come è noto, in materia di appalti il contributo unificato ammonta a valori elevati (art. 13 d.p.r. 30 maggio 2002 n. 115). Richiedere il pagamento del contributo unificato a fronte di un ricorso all’inizio sicuramente infondato, come quello “al buio”, significherebbe rendere eccessivamente difficile l’accesso alla tutela giurisdizionale e introdurre una imposta sul diritto di accesso che è contraria a tutta la disciplina di materia. L’art. 25, comma 1, l. 241/90, infatti, stabilisce che: “L’esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura” In conclusione qualora dal provvedimento comunicato, secondo una valutazione oggettiva che deve essere riservata al giudice al fine di evitare strumentalizzazioni della parte, non siano evincibili vizi il termine dovrà essere differito, diversamente il termine decorrerà dalla comunicazione del provvedimento. Applicando tali principi alla fattispecie, il Collegio rileva come il provvedimento di aggiudicazione, essendo intervenuto a seguito di una pronuncia di annullamento del giudice amministrativo, si fondi esclusivamente sulla verifica di anomalia dell’offerta i cui esiti, trasfusi nei verbali di seduta riservata nn. 1 – 10, sono stati espressamente richiamati per relationem. Ne consegue che tali verbali erano essenziali per comprendere la sussistenza di eventuali profili di illegittimità.
Con distinto mezzo l’appellante lamenta violazione dell’art. 79 del d. lgs. n. 50/2016. A suo dire, la modifica della lex specialis, intervenuta in pendenza dei termini per la presentazione delle offerte e relativa alla prefigurazione dei criteri di valutazione (…) avrebbe imposto, trattandosi di modificazione sostanziale, un adeguato differimento dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione, in luogo dei pochi giorni concessi della stazione appaltante. Sotto questo profilo, avrebbe errato il primo giudice ad avallare la decisione della stazione appaltante, sull’assunto che la modifica non riguardasse, in realtà, i criteri di valutazione, ma solo le modalità della relativa valutazione. Il motivo non è fondato. L’art. 79, comma 3 lettera b) del d. lgs. n. 50/2016 prevede le “modifiche significative ai documenti di gara” quale presupposto della proroga “dei termini per la ricezione delle offerte”. La logica della regola (che si applica anche alla mera introduzione di “informazioni supplementari”, che sebbene non modifichino, comunque integrano la lex specialis: cfr. art. 79, comma 3, lettera a) è quella di consentire agli operatori economici interessati alla partecipazione alla procedura evidenziale la “preparazione di offerte adeguate”. Non si tratta di regola rigida ed automatica, in quanto – proprio in conformità alla ratio che la ispira – per un verso la postergazione delle scadenze non è necessaria in presenza di informazioni o modifiche non significative (la cui “importanza […] è insignificante: cfr. comma 5); per altro verso la “durata della proroga” è parametrata alla rilevanza del contenuto informativo introdotto (secondo un criterio di adeguatezza e proporzionalità: cfr. comma 4). Nel caso di specie – ancorché sia esatto che una modifica ed integrazione delle modalità di applicazione dei criteri di valutazione delle offerte (senza, peraltro, modificazione incisiva e sostanziale degli stessi) possa orientare il concorrente alla formulazione (o riformulazione) della propria offerta, nella prospettiva di una competizione orientata alla massimizzazione delle chances di aggiudicazione – il differimento della scadenza di dieci giorni risulta, in difetto di contrari elementi di giudizio, congruo e proporzionato, mentre non si giustifica la pretesa alla integrale riapertura dei termini della competizione, ex art. 60 del Codice. Invero, a fronte del termine ordinario di 35 giorni, il riconoscimento di un termine residuale di 23 giorni, pari al 65% del complessivo termine a disposizione (essendo stata la proroga disposta quanto ancora mancavano per la presentazione delle offerte 13 giorni) è più che giustificato, non trattandosi di riformulare integralmente l’offerta in elaborazione, ma – al più e solo eventualmente – di rettificarne i dettagli.
L’errore materiale o l’omissione commessa nella lex specialis, secondo la giurisprudenza consolidata, richiede una apposita rettifica del bando o del disciplinare da parte della stazione appaltante fatta con le stesse forme di detti atti e non già con un semplice chiarimento del responsabile unico del procedimento (Consiglio di Stato, sez. V, 08.11.2017 n. 5162). Altresì altera la regolarità della gara la correzione di un errore materiale o di una omissione nella lex specialis quando è realizzata in corso di gara e dopo l’avvenuta conoscenza delle offerte (Consiglio di Stato, sez. V, 23.01.2004 n. 154): ragion per cui tale correzione andrebbe effettuata in data quanto più possibile anteriore alla scadenza del termine di presentazione (in tal senso, TAR Roma, 06.12.2018 n. 11828).
Pure a voler ammettere che la scelta della stazione appaltante di anticipare l’adempimento dell’obbligo del sopralluogo dalla fase della gara in senso stretto a quella precedente della selezione dei concorrenti da invitare espletata attraverso l’avviso di indagine di mercato possa essere sia di per sé non irragionevole, irrazionale, arbitraria o illogica e che non arrechi vulnus ai principi propri dell’evidenza pubblica (non costituendo di per sé un ostacolo alla par condicio o alla concorrenza, anzi consentendo la presentazione di un’offerta pienamente coerente anche con riferimento all’effettiva situazione di fatto), fermo restando che nel caso di specie la stazione appaltante non ha tuttavia motivato le ragioni di tale scelta, come pure avrebbe dovuto, tuttavia non può ritenersi che la richiesta di un simile adempimento sia legittimo, adeguato e proporzionato laddove sia richiesto anche al gestore uscente del servizio. Se è vero infatti che, come giustamente sottolinea la sentenza, l’art. 79, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016prevede che “Quando le offerte possono essere formulate soltanto a seguito di una visita dei luoghi o dopo consultazione sul posto dei documenti di gara e relativi allegati, i termini per la ricezione delle offerte, comunque superiori ai termini minimi stabiliti negli articoli 60, 61, 62, 64 e 65, sono stabiliti in modo che gli operatori economici interessati possano prendere conoscenza di tutte le informazioni necessarie per presentare le offerte.”, così che in linea astratta la clausola di cui si discute non può di per sé dirsi contraria alla legge o non prevista dalla legge (…) non può tuttavia sottacersi che la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che il sopralluogo ha carattere di adempimento strumentale a garantire anche il puntuale rispetto delle ulteriori prescrizioni imposte dalla legge di gara e che l’obbligo di sopralluogo ha un ruolo sostanziale, e non meramente formale, per consentire ai concorrenti di formulare un’offerta consapevole e più aderente alle necessità dell’appalto. L’obbligo di sopralluogo, strumentale a una completa ed esaustiva conoscenza dello stato dei luoghi, è infatti funzionale alla miglior valutazione degli interventi da effettuare in modo da formulare, con maggiore precisione, la migliore offerta tecnica (Sez. V, 19 febbraio 2018 n. 1037). E’ stato anche sottolineato che l’obbligo per il concorrente di effettuazione di un sopralluogo è finalizzato proprio ad una completa ed esaustiva conoscenza dello stato dei luoghi: tale verifica può, dunque, dirsi funzionale anche alla redazione dell’offerta, onde incombe sull’impresa l’onere di effettuare tale sopralluogo con la dovuta diligenza, in modo da poter modulare la propria offerta sulle concrete caratteristiche dei locali (Cons. Stato, VI, 23 giugno 2016 n. 2800). Proprio in relazione alla funzione del sopralluogo, così come delineata dalla ricordata giurisprudenza, deve ammettersi che un simile obbligo è da considerarsi superfluo e sproporzionato allorché sia imposto ad un concorrente che sia gestore uscente del servizio, il quale per la sua stessa peculiare condizione si trova già nelle condizioni soggettive ideali per conoscere in modo pieno le caratteristiche dei luoghi in cui svolgere la prestazione oggetto della procedura di gara. In tal senso la clausola contestata è da considerarsi effettivamente illegittima sia in quanto violativa dei principi di proporzionalità, adeguatezza, ragionevolezza, economicità e del divieto di aggravio del procedimento, essendo ingiustificato l’onere di chiedere al gestore uscente del servizio la dichiarazione di aver eseguito il sopralluogo e di produrre il relativo verbale a pena di esclusione dalla gara.
→ Sul punto si veda contestuale comunicato ANAC in data 26.07.2018 recante “Indicazioni alle stazioni appaltanti sul tema del sopralluogo obbligatorio nella fase della manifestazione di interesse nelle procedure negoziate” pubblicato su questo sito.
Le modifiche alla lex specialis devono seguire la regola del contrarius actus: tale principio si applica a maggior ragione qualora non si tratti di mere rettifiche formali della lex specialis di gara, ma di modifiche di natura sostanziale che incidono sui requisiti rilevanti ai fini della partecipazione alla procedura, tali da poter determinare un ampliamento della platea dei soggetti potenzialmente interessati all’affidamento dell’appalto; le modifiche sostanziali alle regole di gara, in quanto comportano una estensione dei possibili concorrenti, richiedono altresì una riapertura dei termini per la presentazione delle offerte, non essendo sufficiente una mera proroga del termine originario al fine di evitare discriminazioni partecipative e distorsioni della concorrenza, in violazione del principio fondamentale di tutte le procedure concorsuali consistente nella tutela della par condicio (T.A.R. Campania, Napoli, III, 13 marzo 2017, n. 1445).
Se è vero che l’art. 76 del DLgs n. 50/2016 non prevede le forme di comunicazione dell’aggiudicazione come esclusive e tassative e, dunque, non incide sulle regole generali del processo amministrativo in tema di decorrenza dei termini di impugnazione dalla data di notificazione, comunicazione o comunque piena conoscenza dell’atto (con la conseguenza che lascia in vita la possibilità che la piena conoscenza dell’atto, al fine del decorso del termine di impugnazione, sia acquisita con altre forme), è altresì vero che il codice dei contratti attribuisce esclusivamente alla stazione appaltante la competenza all’aggiudicazione della gara (cfr. l’art. 32, V comma), rientrando nelle attribuzioni della commissione giudicatrice (cfr. l’art. 77) e/o del RUP (cfr. l’art. 31) soltanto la redazione della graduatoria sulla base dei punteggi attribuiti e, conseguentemente, la proposta di aggiudicazione (cfr. l’art. 33, I comma): ebbene, la presenza del delegato dell’impresa ricorrente nella seduta pubblica nel corso della quale è stata data comunicazione dei punteggi dell’offerta tecnica ottenuti dalle ditte concorrenti, sono state aperte le buste contenenti le offerte economiche, è stata stilata la graduatoria finale ed è stato dichiarato che l’offerta classificatasi al primo posto in graduatoria era quella della ditta controinteressata, è affatto irrilevante ai fini della determinazione del dies a quo per la proposizione del ricorso, atteso, appunto, che solo dalla piena conoscenza della aggiudicazione, quale atto conclusivo della procedura selettiva – piena conoscenza che nel caso di specie risulta acquisita dalla ricorrente soltanto a seguito della comunicazione (ex art. 76 del codice dei contratti) del provvedimento adottato dalla stazione appaltante -, decorrono i termini per l’impugnazione dell’aggiudicazione.
Tale pronuncia contrasta, dunque, con l’orientamento – al quale sembra avere aderito TAR Venezia, 15.05.2017 n. 471 – secondo cui “assume rilevanza l’effettiva piena conoscenza dei provvedimenti stessi, ancorché sia acquisita in fase di seduta pubblica o in un’altra circostanza”, anche prima che l’aggiudicazione sia formalizzata con provvedimento dell’organo competente.
1. Il citato art. 79 del D.Lgs. n. 50/2016 ammette implicitamente, al comma 5, la possibilità (“non sono tenute”), rimessa alla discrezionalità amministrativa, di disporre la proroga, oltre che – doverosamente – in caso di informazioni significative per qualunque motivo (e, dunque, anche per un colpevole ritardo della stazione appaltante, presumibilmente determinato dalla coincidenza con il periodo feriale) tardivamente fornite rispetto a richieste tempestive (comma 3), anche in caso di informazioni supplementari che non siano state richieste in tempo utile, sicché la motivazione del provvedimento appare congrua rispetto alla necessità di rispettare, relativamente alle integrazioni informative fornite il 15.09.2016 (concernenti anche quesiti tempestivamente proposti), il termine di cui all’art. 74 comma 4 del D. Lgs. n. 50/2016 (sei giorni prima della scadenza del termine per la ricezione delle offerte); in ogni caso, poiché i chiarimenti tardivamente pubblicati in data 15.9.2016 concernevano anche quesiti tempestivamente proposti (p.e., il quesito 5.8.2016 di I. ed il quesito 12.8.2016 di E. s.r.l. – cfr. i docc. 4 e 6 delle produzioni 25.10.2016 della A.S.L.), la proroga dei termini era effettivamente doverosa ai sensi del comma 3, sicché il dedotto vizio di motivazione non potrebbe comunque condurre all’annullamento dell’atto, essendo palese, ex art. 21-octies comma 2 L. n. 241/1990, che il suo contenuto dispositivo (la proroga) non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (salva la congruità dei termini ulteriori accordati, che però non è fatta oggetto di censure);
2. Anche a voler prescindere dalla carenza di interesse alla deduzione del motivo (avendo la ricorrente presentato a sua volta una richiesta di chiarimenti tardiva, in data 19.8.2016), si osserva che il disciplinare di gara, laddove prevede l’inoltro delle richieste di chiarimenti entro trenta giorni lavorativi “a pena di non considerazione”, dev’essere interpretato sistematicamente rispetto alla possibilità ammessa dalla legge di dare evasione anche alle richieste di chiarimenti tardive (purché rilevanti e/o significative), sicché la sanzione di inammissibilità pare piuttosto riferirsi alle modalità di inoltro delle richieste di informazioni, da effettuarsi “esclusivamente tramite posta elettronica certificata”; in ogni caso – come detto – i chiarimenti tardivamente pubblicati in data 15.09.2016 concernevano anche quesiti tempestivamente proposti, che dunque dovevano essere necessariamente considerati a termini del disciplinare;
3. L’importanza – ex art. 79 comma 5 D. Lgs. n. 50/2016 – delle informazioni integrative fornite a giustificazione della proroga del termine di presentazione delle offerte è contraddittoriamente evidenziata dalla stessa ricorrente, la quale, nel motivo n. 8, giunge ad affermare che una delle questioni affrontate sarebbe “economicamente rilevantissima”, incidendo su oltre ¼ del valore complessivo dell’instaurando rapporto;
4. Non vi è alcuna violazione della par condicio in danno della società ricorrente (che, in tesi, avrebbe presentato l’offerta tempestiva in condizioni di tempo e di informazioni deteriori), posto che anche la società ricorrente, resa edotta della disposta proroga (cfr., infra, sub 5), ben avrebbe potuto riformulare la propria offerta, sostituendola od integrandola;
5. L’obbligo stabilito dal disciplinare a carico dei “concorrenti”, di impegnarsi a verificare durante tutto l’esperimento della procedura di gara il sito internet della stazione appaltante deve interpretarsi come gravante su tutti gli operatori economici comunque interessati alla gara, com’è fatto palese dalla precisazione relativa alla pubblicazione sul sito dei chiarimenti, che precedono la presentazione dell’offerta. Dunque la società ricorrente, avendo effettuato il sopralluogo ed avendo presentato in data 19.08.2016 una richiesta di chiarimenti, era senz’altro tenuta alla costante consultazione del sito al fine di conoscere “ogni comunicazione di legge” (così il disciplinare di gara), ivi compresa la proroga dei termini di presentazione delle offerte, senza bisogno di una comunicazione personale;
6. Come già detto, la proroga del termine di presentazione delle offerte dev’essere necessariamente disposta dall’amministrazione, quale atto vincolato, a fronte di richieste di chiarimenti tempestive, mentre il vizio di eccesso di potere per sviamento è logicamente predicabile soltanto rispetto a scelte discrezionali dell´amministrazione;
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