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Subappalto “necessario” : soccorso istruttorio non attivabile in caso di accertata carenza dei requisiti di partecipazione

Consiglio di Stato, sez. V, 28.03.2023 n. 3180

24.3. L’appellante e -OMISSIS- citano, a sostegno delle proprie tesi, il precedente di questa Sezione nel quale è stato affermato che, laddove privo del requisito di gara, il concorrente è tenuto a dare espressa indicazione della volontà di ricorrere a subappalto per qualificarsi: viene così in rilievo una specifica dichiarazione che non coincide con quella generale inerente l’intenzione di subappaltare una parte dei lavori, servizi o forniture (Consiglio di Stato, Sez. V, 13 agosto 2020, n. 5030).
24.4. Si tratta di precedente del tutto conferente cui vanno aggiunte alcune considerazioni. Questa Sezione ha già esaminato vicende analoghe – in cui, cioè, l’operatore economico non aveva dichiarato di voler ricorrere al subappalto c.d. necessario per acquisire requisiti tecnico – professionali non posseduti, e ha espresso un chiaro convincimento: il concorrente non è tenuto a indicare il nominativo del subappaltatore già in sede di offerta, ma è tenuto senz’altro a dichiarare la volontà di ricorrere al subappalto per supplire al requisito di qualificazione mancante. Detto più chiaramente, l’operatore economico deve dichiarare sin dalla domanda di partecipazione la volontà di avvalersi del subappalto c.d. necessario (in tal senso, Consiglio di Stato, Sez. V, 1° luglio 2022, n. 5491, ove è ben evidenziata la diversità di presupposti e di funzioni delle due dichiarazioni, di ricorrere al subappalto facoltativo oppure a quello necessario, in quanto “…nella dichiarazione di subappalto “necessario” viene in rilievo non una mera esternazione di volontà dell’operatore economico quale è la dichiarazione di subappalto “facoltativo”, bensì una delle modalità di attestazione del possesso di un requisito di partecipazione, che non tollera di suo il ricorso a formule generiche o comunque predisposte ad altri fini, pena la violazione dei principi di par condicio e di trasparenza che permeano le gare pubbliche”; cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. V, 31 marzo 2022, n. 2365 e, ancora più recentemente, Consiglio di Stato, Sez. V, 29 dicembre 2022, n. 11596).
24.5. La parabola argomentativa del primo Giudice si scontra con tre dati inequivocabili:
a) l’attestazione SOA in categoria OG3 posseduta dalla SIG S.p.A. non va a coprire la quota di esecuzione dell’11% dell’appalto assunta dalla mandante in sede di partecipazione alla gara;
b) il principio volto a garantire la più ampia partecipazione alle gare non agisce “in astratto”, ma esso, nella sua concreta attuazione, non può che riferirsi ad imprese che – per serietà ed affidabilità tecnico-professionale (appunto validate dal possesso dei requisiti) – sono potenzialmente idonee ad assumere il ruolo di contraenti con gli operatori economici pubblici (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 27 marzo 2019, n. 6);
c) la mancata dichiarazione del concorrente partecipante ad una procedura di evidenza pubblica, della volontà di far ricorso al subappalto c.d. necessario, non può essere oggetto di soccorso istruttorio, una volta che la stazione appaltante abbia accertato la carenza dei requisiti di partecipazione coerenti con la percentuale di lavori che l’impresa si è impegnata a realizzare (Consiglio di Stato, Sez. V, 29 dicembre 2022, n. 11596).

Subappalto alla luce delle recenti modifiche dell’ art. 105 d.lgs. n. 50/2016 : individuazione di prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’ aggiudicatario

Consiglio di Stato, sez. IV, 24.02.2022 n. 1300

Quanto alla prima censura, va preliminarmente evidenziato come l’art. 105 d.lgs. n. 50/2016 prevede che “il contratto non può essere ceduto, non può essere affidata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera”.
Coerentemente a queste limitazioni, la disposizione ammette la possibilità di prevedere il subappalto, purché esso verta su “parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”, escludendo, dunque, che si possa subappaltare la totalità delle prestazioni oggetto dell’appalto e ammettendo che esso vi sia, purché vi sia l’indicazione nei documenti di gara delle prestazioni o delle lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’aggiudicatario.
In materia di subappalto, va poi rilevato che la Corte di Giustizia, sez. V, 27 novembre 2019, causa C-402/18, ha avuto modo di affermare che “la direttiva 2004/18 dev’essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che limita al 30% la quota parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”, il che può ritenersi rilevante anche con riferimento alla nuova Direttiva, in assenza di indicazioni normative di segno contrario.

Così riassunta la disciplina di riferimento, il Collegio rileva che la prima censura formulata nel terzo motivo di appello è infondata.
Come statuito dal T.a.r. il quadro normativo sovranazionale e nazionale non consente di individuare dei limiti al conferimento in subappalto di una parte delle prestazioni contrattuali, che non siano quelli innanzi indicati e che, nel caso in esame, non risultano violati.
La stazione appaltante ha, infatti, limitato il ricorso al sub appalto ad alcune delle prestazioni contrattuali, quelle definite secondarie, prevedendo, invece, che altre, quelle definite principali, vengano eseguite dall’aggiudicatario.
Laddove sussistano prestazioni che, per mero errore la stazione appaltante non abbia riservato all’aggiudicatario, esse potranno essere oggetto di subappalto.
Risulta dunque indimostrato quanto affermato dall’appellante e cioè che la previsione della possibilità di subappaltare svierebbe la finalità per la quale l’appalto è stato riservato.

Un ulteriore argomento di carattere sistematico, a conferma della motivazione della sentenza di primo grado, si trae dalla medesima formulazione testuale dell’art. 112 d.lgs. n. 50/2016 (e, dunque, dell’art. 20 della Direttiva), che prevede la possibilità, per la stazione appaltante, di prevedere una riserva di esecuzione dell’appalto a favore degli operatori economici che impiegano manodopera costituita da lavoratori svantaggiati.

Esecuzione di una fase dell’ appalto da parte dell’ ausiliaria : differenza con il subappalto

Consiglio di Stato, sez. V, 06.12.2021 n. 8073

5.1. I contratti di avvalimento stipulati rientravano nella tipologia dell’avvalimento c.d. operativo poiché le ausiliarie si impegnavano a prestare requisiti di capacità tecnico – professionale (giurisprudenza costante, cfr. per tutte Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2020, n. 6932; V, 21 febbraio 2020, n. 1330).
E’ noto che, secondo orientamento ormai consolidato in giurisprudenza, a seconda che si tratti di avvalimento c.d. garanzia ovvero di avvalimento c.d. tecnico o operativo, diverso è il contenuto necessario del contratto concluso tra l’operatore economico concorrente e l’ausiliaria; in particolare, solo in caso di avvalimento c.d. tecnico operativo sussiste sempre l’esigenza della concreta messa a disposizione di mezzi e risorse specifiche, e specificamente indicate nel contratto, indispensabili per l’esecuzione dell’appalto che l’ausiliaria ponga a disposizione del concorrente (cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 ottobre 2021, n. 6619; V, 21 luglio 2021, n. 5485; V, 12 febbraio 2020, n. 1120 e le sentenze ivi richiamate; le ragioni alla base del predetto orientamento giurisprudenziale sono in Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giuris., 19 luglio 2021, n.722); solo così sarà rispettata la regola posta dall’art. 89, comma 1, secondo periodo, d.lgs. n. 50 del 2016 nella parte in cui commina la nullità all’omessa specificazione dei requisiti e delle risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria.
E’ altrettanto noto il principio (ex multis, cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 luglio 2021, n. 5464; III, 4 gennaio 2021, n. 68, ma fissato dall’Adunanza plenaria nella sentenza del 14 novembre 2016, n. 23) secondo cui l’indagine in ordine agli elementi essenziali dell’avvalimento c.d. operativo deve essere svolta sulla base delle generali regole sull’ermeneutica contrattuale e in particolare secondo i canoni enunciati dal codice civile di interpretazione complessiva e secondo buona fede delle clausole contrattuali (artt. 1363 e 1367 cod. civ.).
Il contratto di avvalimento non deve quindi necessariamente spingersi, ad esempio, sino alla rigida quantificazione dei mezzi d’opera, all’esatta indicazione delle qualifiche del personale messo a disposizione ovvero alla indicazione numerica dello stesso personale. Tuttavia, l’assetto negoziale deve consentire quantomeno “l’individuazione delle esatte funzioni che l’impresa ausiliaria andrà a svolgere, direttamente o in ausilio all’impresa ausiliata, e i parametri cui rapportare le risorse messe a disposizione” (Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 2017, n. 3682); deve cioè prevedere, da un lato, la messa a disposizione di personale qualificato, specificando se per la diretta esecuzione del servizio o per la formazione del personale dipendente dell’impresa ausiliata, dall’altro i criteri per la quantificazione delle risorse e/o dei mezzi forniti (cfr. Cons. Stato, sez. III, 30 giugno 2021, n. 4935).
5.2. Dai contratti di avvalimento stipulati da -Omissis- s.r.l. si evince chiaramente che il concorrente intendeva avvalersi di altra impresa per l’integrale esecuzione di una fase della lavorazione delle sciarpe oggetto della fornitura e precisamente della -Omissis- s.p.a. per la fase di produzione del tessuto (“tessitura”) e della -Omissis- s.r.l. per la fase di taglio e confezionamento.
Con questo non si determinava la conclusione di un contratto di subappalto, anzichè di un contratto di avvalimento, poiché, come noto, nel subappalto il terzo contraente assume l’incarico di eseguire una parte della prestazione promessa dall’appaltatore all’amministrazione, laddove, invece, nel caso in esame, è solo una fase della quale si compone la prestazione che è demandata all’ausiliaria, con la conseguenza che è solamente l’impresa avvalente che rimane la controparte contrattuale della stazione appaltante, mentre l’ausiliaria si limita a mettere a disposizione le risorse e i mezzi di cui l’ausiliaria è carente per l’esecuzione della particolare fase della lavorazione fermo restando la responsabilità solidale nei confronti dell’amministrazione aggiudicatrice (cfr. per vicenda analoga, Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1330 e le sentenze ivi richiamate, in precedenza per ampie riflessioni sul tema cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 maggio 2014, n. 2675).
5.3. Il passaggio successivo è il seguente: se è vero che alle ausiliarie era demandata l’esecuzione di un’intera fase della lavorazione necessaria per il confezionamento dei beni oggetto di fornitura, è evidente per logica, oltre che ricavabile dal contenuto complessivo del contratto stipulato, che le ausiliarie avrebbe impegnato in siffatta lavorazione l’intera loro azienda; in definitiva, cioè, quel che veniva posta a disposizione dell’operatore economico concorrente era l’intero complesso aziendale dell’ausiliaria che si sarebbe integrato con quello dell’impresa avvalente per la realizzazione del prodotto oggetto della commessa.
Si tratta, in sostanza, di una di quelle fattispecie (cui può essere assimilato, tra gli altri, quello dell’avvalimento di una attestazione SOA) in cui l’avvalimento implica l’acquisizione della concreta disponibilità dell’intero complesso produttivo del soggetto avvalso o di parte di questo; tale risultato si potrebbe ottenere con un contratto di affitto di azienda o di ramo di azienda, ma la peculiarità di questa modalità di collaborazione tra imprese, che fa transitare l’avvalimento nell’aticipità o, come altri dice, nella transitipicità, sta nel fatto che non si verifica il trasferimento definitivo dell’azienda, ma solo, appunto, una sua temporanea e parziale messa a disposizione per la singola gara e per il tempo necessario all’esecuzione del contratto d’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2018, n. 1698).
5.4. In questi casi è rispettato l’onere di specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione di cui all’art. 89, comma 1, ult. per. d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 se nelle clausole contrattuali risultino chiaramente indicati gli obblighi assunti dalle imprese contraenti tra loro e nei confronti della stazione appaltante, e l’elencazione delle risorse umane (senza che sia necessaria una loro indicazione nominativa o anche solo per qualifiche possedute) come pure dei mezzi tecnici di cui si compone il complesso aziendale dell’ausiliaria serve solamente a dimostrare la consistenza effettiva dell’azienda oggetto del prestito (cfr. in questa ottica Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2021, n. 1514); in quanto tale, peraltro, ricavabile anche da documentazione allegata al contratto, e non necessariamente inserita nelle clausole contrattuali, dimodoché per la sua carenza possa dirsi indeterminato il contenuto del contratto.
A differenza di quanto avviene nel caso di avvalimento che abbia ad oggetto un singolo elemento della produzione, infatti, si realizza qui una forma di collaborazione tra due imprese mediante l’integrazione dei complessi aziendali di ciascuna nell’ambito dell’unitario processo produttivo del bene oggetto di fornitura.
Se è vero, allora, che la necessità della dettagliata elencazione delle risorse messe a disposizione (e dei requisiti forniti) è richiesta dal legislatore per evitare che il contratto di avvalimento si risolva in una “scatola vuota” ossia in un trasferimento documentale cui non corrisponde un reale intervento dell’ausiliario nella esecuzione dell’appalto, qui è da escludere in partenza che la collaborazione sia fittizia o che il prestito sia meramente cartolare, poichè le parti stesse hanno dichiarato, l’una, di non avere la capacità tecnica di eseguire una fase della lavorazione (e per questo di avvalersi dell’altra) e l’altra la disponibilità ad eseguirla.
5.5. Alla luce delle esposte considerazioni, si può giungere alla conclusione del ragionamento: contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, i contratti di avvalimento conclusi da -Omissis- s.r.l., erano validi e non nulli perché il loro oggetto era determinato per aver le parti contraenti chiaramente esposto che il personale tecnico – produttivo e i macchinari e le attrezzature dell’ausiliaria sarebbe stato impiegato a favore dell’ausiliata nell’esecuzione di quella fase della lavorazione che quest’ultima non era in grado di eseguire (decisivo appare il contenuto dell’art. 2 dei contratti, già precedentemente riportato).
L’elencazione del numero dei dipendenti impiegati (come la loro ripartizione in relazione alle diverse sotto-fasi dalla lavorazione), unitamente all’elenco dei macchinari era a conferma della capacità dell’ausiliaria di portare a compimento l’impegno assunto.

Riferimenti normativi:

art. 105 d.lgs. n. 50/2016

Subappalto : illegittimo il divieto generalizzato ( anche nel sotto soglia )

Il divieto generalizzato di subappalto è contrario ai principi europei che regolano gli appalti pubblici (CGUE, Sez. V, 26 settembre 2019, in causa C-63/18; Id., 27 novembre 2019, in casusa C-402/18; in termini Cons. Stato, Sez. V, 16 gennaio 2020, n. 389), anche quando si tratti di appalti sotto soglia (CGUE, Sez. V, 5 aprile 2017, in causa C‑298/15), a meno che si sia in presenza di casi specifici, con riferimento a determinate tipologie di appalto, in cui può essere giustificato un limite percentuale all’esperibilità del subappalto in relazione alla natura particolare delle prestazioni da svolgere (TAR Toscana, Sez. II, 9 luglio 2020 n. 898 e TAR Catanzaro, 22.11.2021 n. 2068).

Riferimenti normativi:

art. 105 d.lgs. n. 50/2016

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    Subappalto : utilizzo della quota residua

    Parere MIMS n. 1032/2021

    Codice identificativo: 1032
    Data ricezione: 09/09/2021

    Argomento: Subappalto

    Oggetto: Subappalto – quota residua

    Quesito:
    Chiedo se sia possibile recuperare la quota parte di un subappalto non utilizzata quando il subappaltatore abbia eseguito lavori ad es. per l’importo di € 7.000 anziché € 10.000 come indicato nella richiesta di subappalto e nella relativa autorizzazione della Stazione Appaltante. Più precisamente, chiedo se i € 3000 restanti possano essere utilizzati sempre dall’appaltatore per altre richieste di subappalto oppure se occorra previamente inviare alla Stazione Appaltante la comunicazione di variazione in diminuzione dell’importo del subappalto entro i termini di scadenza del contratto di subappalto. Grazie e saluti

    Risposta:
    Con riferimento a quanto richiesto, si rappresenta che la quota restante potrà essere utilizzata dall’appaltatore per eseguire direttamente oppure potrà essere subaffidata/subappaltata. Ad ogni modo, la variazione dovrà essere comunicata alla SA e, in caso di subappalto, dovrà essere autorizzata.

    Riferimenti normativi:

    art. 105 d.lgs. n. 50/2016

    Costi della manodopera del subappaltatore : obbligo di indicazione

    TAR Venezia, 13.10.2021 n. 1216

    Si rileva, in particolare che, sulla scorta di quanto affermato dall’Adunanza Plenaria con le decisioni nr. 7 e 8 del 2020, deve ritenersi certamente sussistente a carico dell’operatore economico l’obbligo di indicare separatamente nell’offerta proposta i costi della manodopera; nelle citate sentenze si è infatti osservato: “Occorre sottolineare che la questione centrale della vicenda, ossia la possibilità di omettere l’indicazione separata dei costi della manodopera, è stata l’oggetto del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE.  La soluzione del quesito interpretativo è stata poi data, in altra vicenda, dalla sentenza della Nona Sezione, 2 maggio 2019, causa C-309/18  […].
    La stessa decisione della Corte è stata peraltro già impiegata come canone interpretativo per la soluzione di analoghe vicende, sia dalle Sezioni di questo Consiglio di Stato (si veda Cons. Stato, V, 24 gennaio 2020, n. 604; id., V, 10 febbraio 2020 n. 1008) che dal giudice di prime cure (T.A.R. Lazio, 14 febbraio 2020 n. 1994, data nel giudizio che aveva originato quella rimessione alla CGUE).
    In queste occasioni, affermata la dichiarata compatibilità con il diritto europeo degli automatismi espulsivi conseguenti al mancato rispetto delle previsioni di cui all’art. 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici, le questioni residue sono state rivolte unicamente a delineare la portata dell’eccezione alla regola dell’esclusione automatica, collegata all’accertamento in fatto della possibilità di indicare le voci stesse nei modelli predisposti dall’amministrazione”.
    Occorre, dunque, domandarsi se l’obbligo di indicazione separata dei costi della manodopera debba intendersi come riferito anche ai costi legati al personale impiegato dall’eventuale azienda subappaltatrice.
    Il Collegio ritiene che al quesito debba darsi, necessariamente, risposta positiva, poiché una diversa soluzione finirebbe con il consentire un’agevole elusione della norma in considerazione, e della ratio di tutela che la ispira.
    In senso conforme, del resto, si è espressa in diverse occasioni la giurisprudenza che ha, sul punto, osservato: “(…) Non può opporsi che l’obbligo di indicazione del costo della manodopera sarebbe limitato a quella proprio dell’offerente con esclusione di quello sostenuto dall’eventuale subappaltatore. In quanto finalizzata a consentire la verifica del rispetto dei minimi salariali la previsione (articolo 95, comma 10, D.Lgs. n. 50/2016) non può che essere estesa a tutti i costi che l’offerente, direttamente o indirettamente, sostiene per adempiere alle obbligazioni contrattualmente assunte. La norma, invero, si presterebbe a facili elusioni, se si consentisse di scorporare dal costo totale della manodopera il costo sostenuto dai subappaltatori (cfr. TAR Milano, 06.11.2018 n. 2515); e ancora: “Il concorrente che intenda avvalersi del subappalto ha l’onere di rendere puntualmente edotta l’amministrazione dell’effettivo costo del personale fornitogli dal subappaltatore, al fine di consentirle un effettivo controllo della sostenibilità economica dell’offerta” (cfr. Cons. St., Sez. V, 8 marzo 2018, n. 1500; Tar Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 7 ottobre 2020, n. 348).

    Riferimenti normativi:

    art. 95 d.lgs. n. 50/2016

    art. 105 d.lgs. n. 50/2016

    Contratti continuativi di cooperazione – Non costituiscono deroga nè eccezione al subappalto – Differenza – Disciplina applicabile (art. 105 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 12.04.2021 n. 2962

    13.1. – Nell’interpretazione dell’art. 105, comma 3, lett. c-bis), cit. (secondo cui «non si configurano come attività affidate in subappalto […] le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto») si è affermato in giurisprudenza che le prestazioni oggetto di siffatti contratti sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico e non invece direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto (cfr. Cons. di Stato, V, 27 dicembre 2018, n. 7256; si veda anche Cons. St., V, 22 aprile 2020, n. 2553). È stato altresì affermato che «l’istituto de quo, proprio perché si configura come derogatorio rispetto alla generale disciplina del subappalto, è evidentemente ancorato ai medesimi presupposti applicativi, a cominciare dalla determinazione contenutistica della prestazione eseguibile mediante il ricorso all’impresa “convenzionata”» (in tal senso Cons. di Stato, III, 18 luglio 2019, n. 5068). In questa prospettiva il difetto di qualsiasi elemento della fattispecie descritta all’art. 105, comma 3, lett. c-bis), comporterebbe l’applicazione integrale della disciplina sul subappalto; e in particolare di quanto previsto dall’art. 105, comma 4, lett. c) (secondo cui «i soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché (…) all’atto dell’offerta siano stato indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare»).
    13.2. – Tuttavia l’impostazione del problema in termini di deroga della norma sui contratti continuativi di cooperazione rispetto alla disciplina del subappalto non tiene conto della differenza specifica che intercorre tra i due tipi di contratti, che emerge anche dalle norme sopra richiamate. L’art. 105, comma 3, cit., non può essere configurato come una norma derogatoria del subappalto posto che essa muove dalla considerazione della specificità di determinate categorie di forniture e di servizi e, sulla base della natura peculiare di dette prestazioni (e della diversità del regolamento contrattuale in termini di rapporti tra le parti del contratto e di rapporti con l’amministrazione appaltante), giunge alla conclusione che i contratti continuativi di cooperazione non sono contratti di subappalto (l’incipit dell’art. 105, comma 3, cit. fornisce un’univoca indicazione testuale in tal senso: «Le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto […]»). La norma sui contratti di cooperazione delimita i confini rispetto alla nozione di subappalto applicabile nella disciplina sui contratti pubblici ma non è una norma derogatoria del regime sul subappalto (né di natura eccezionale).
    13.3. – La distinzione tra le due figure contrattuali, come ben rilevato anche dalla giurisprudenza sopra richiamata, si fonda non solo, come si è veduto, sulla specificità delle prestazioni, ma anche sulla diversità degli effetti giuridici dei due tipi di contratto. Le prestazioni alla base dei due contratti sono infatti dirette a destinatari diversi: nel caso del subappalto, il subappaltatore esegue direttamente parte delle prestazioni del contratto stipulato con l’amministrazione, sostituendosi all’affidatario; nell’altro caso, le prestazioni sono rese in favore dell’aggiudicatario che le riceve, inserendole nell’organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all’amministrazione appaltante. Nel subappalto vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; mentre nel contratto di cooperazione la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore. I due contratti sono quindi diversi quantomeno sul piano funzionale.
    13.4. – La disciplina in tema di subappalto non è quindi immediatamente estendibile, se non si dimostri che il contratto continuativo di cooperazione costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto (il che, nella concreta fattispecie, non risulta; e nemmeno nel ricorso in primo grado si sostiene questo).
    In particolare, detta disciplina non è automaticamente applicabile nel caso in cui il contratto di cooperazione sia stato stipulato dopo l’indizione della gara (purché prima della stipula del contratto d’appalto), elemento introdotto per evidenti finalità antielusive della disciplina del subappalto, ma che non incide sulla natura del contratto e delle prestazioni.
    Pertanto, per quel che rileva nel caso di specie, ferma la diversità funzionale tra i due contratti, non si giustifica l’applicazione della norma che impone all’operatore economico di dichiarare all’atto dell’offerta le parti dei lavori, dei servizi o delle forniture che intende subappaltare (art. 105, comma 4). Per un verso, infatti, proprio per la diversa natura giuridica dei due rapporti, l’operazione ermeneutica si tradurrebbe in un’inammissibile estensione analogica della norma sul subappalto. Per altro verso, finirebbe per l’integrare una causa di esclusione dalla procedura di gara non prevista dalla legge e quindi in contrasto col principio di tassatività cristallizzato nell’art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici.

    Subappalto: il Consiglio di Stato disapplica l’art. 105 in quanto incompatibile con l’ordinamento europeo

    “Con il quinto motivo riproposto, le società deducono la violazione dell’art. 105 del Codice dei contratti pubblici, in quanto la quota del servizio che -Omissis- intende subappaltare eccede il limite del 30% fissato dalla norma citata.
    Il motivo è infondato, posto che la norma del codice dei contratti pubblici che pone limiti al subappalto deve essere disapplicata in quanto incompatibile con l’ordinamento euro-unitario, come affermato dalla Corte di Giustizia (Corte di Giustizia U.E., Sezione Quinta, 26 settembre 2019, C-63/18; Id., 27 novembre 2019, C-402/18; in termini Cons. St., V, 16 gennaio 2020, n. 389, che ha puntualmente rilevato come «i limiti ad esso relativi (30% per cento “dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”, secondo la formulazione del comma 2 della disposizione richiamata applicabile ratione temporis, […] deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea»).” (Consiglio di Stato, sez. V, 17.12.2020 n. 8101).

    Subappalto: indicazioni su pagamento diretto al subappaltatore ex art. 105 Codice contratti pubblici

    Comunicato del Presidente ANAC del 25.11.2020

    Indicazioni in merito all’articolo 105, comma 13, lettera a) del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 in materia di pagamento diretto al subappaltatore che rivesta la qualifica di micro o piccola impresa

    L’articolo 105, comma 13, del codice dei contratti pubblici prevede che «La stazione appaltante corrisponde direttamente al subappaltatore, al cottimista, al prestatore di servizi ed al fornitore di beni o lavori, l’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite nei seguenti casi: a) quando il subappaltatore o il cottimista è una microimpresa o piccola impresa; b) in caso di inadempimento da parte dell’appaltatore; c) su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo consente».
    La norma si prefigge lo scopo di agevolare la partecipazione alle gare delle micro e piccole imprese e il soddisfacimento dei crediti dalle stesse maturati, ponendole al riparo dal rischio dell’inadempimento o del ritardo nell’adempimento da parte dell’appaltatore.
    Nell’esercizio delle attività istituzionali di competenza, l’Autorità ha ricevuto segnalazioni in merito ad alcune criticità emerse nell’applicazione del dettato normativo in esame, che rischiano di pregiudicare il rapido soddisfacimento dei crediti del subappaltatore, minando la stabilità finanziaria delle imprese. In particolare, è emerso che la previsione in esame, se da un lato sottrae le micro e piccole imprese dal rischio di insolvenza dell’appaltatore, dall’altro le espone ai ritardi della stazione appaltante nell’emissione dei SAL e nell’esecuzione dei pagamenti, compromettendo, di fatto, l’efficacia del meccanismo di tutela approntato dal legislatore.
    Al fine di risolvere dette criticità e, al contempo, favorire la corretta ed omogenea applicazione delle disposizioni vigenti, l’Autorità ritiene utile fornire le seguenti indicazioni, ai sensi dell’articolo 213, comma 2, del codice dei contratti pubblici. Il citato articolo 105, comma 13, lettera a) del codice dei contratti pubblici prevede l’obbligo, a carico delle stazioni appaltanti, di provvedere al pagamento diretto nei confronti del subappaltatore, cottimista, fornitore o prestatore di servizi che rivesta la qualifica di micro o piccola impresa.
    Tale previsione fa sorgere un obbligo di natura vincolante, in capo alle stazioni appaltanti, ed un diritto potestativo in capo alle piccole e medie imprese, con la conseguenza che, mentre alle prime è preclusa la possibilità di determinarsi in senso contrario, le seconde possono liberamente rinunciare al beneficio, in quanto previsto nel loro esclusivo interesse.
    Ciò posto, si ritiene che i subappaltatori o subcontraenti che rivestano la qualifica di micro e piccole imprese abbiano la facoltà di rinunciare al pagamento diretto delle prestazioni da parte della stazione appaltante, a condizione che detta rinuncia, per esigenze di certezza del diritto, sia manifestata per iscritto e subordinata alla preventiva accettazione da parte della stazione appaltante.
    A tal fine, si ritiene che la rinuncia potrebbe essere espressa nell’ambito di una specifica clausola inserita nel contratto di subappalto.
    Nel caso di inadempimento dell’appaltatore agli obblighi assunti nei confronti del subappaltatore o subcontraente, resta in ogni caso salva l’applicazione della previsione generale contenuta nel citato articolo 105, comma 13, lettera c) del codice dei contratti pubblici, con conseguente ripristino del pagamento diretto a cura della stazione appaltante.
    L’Autorità ritiene utile, inoltre, – al fine di agevolare il soddisfacimento dei crediti maturati dalle micro e piccole imprese che abbiano rinunciato al pagamento diretto da parte delle stazioni appaltanti – fornire gli ulteriori seguenti chiarimenti.
    È facoltà delle parti prevedere, nel contratto di subappalto o nel sub-contratto, che l’appaltatore proceda al pagamento delle spettanze dovute al subappaltatore / fornitore dietro presentazione di fattura, anche a prescindere dall’adozione del SAL da parte della stazione appaltante.
    Tale conclusione si giustifica in considerazione dell’assoluta autonomia del contratto di appalto rispetto ai contratti derivati e della natura privatistica del rapporto intercorrente tra l’appaltatore e il subappaltatore / fornitore, da cui si desume l’applicabilità, allo stesso, delle sole previsioni contrattuali.
    In ogni caso, la stazione appaltante procede al pagamento del corrispettivo in favore dell’appaltatore soltanto all’esito del completamento dell’iter procedurale di verifica dell’avanzamento dei lavori oggetto dell’appalto, in ottemperanza a quanto stabilito dall’articolo 113-bis, del codice dei contratti pubblici. Le indicazioni contenute nel presente Comunicato sono fornite nelle more dell’adozione del Regolamento unico di cui all’articolo 216, comma 27-octies, del codice dei contratti pubblici.

    Subappalto: segnalazione sui limiti di utilizzo – Autorità Garante Concorrenza e Mercato

    Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – Segnalazione avente ad oggetto la normativa sui limiti di utilizzo del subappalto

    [abstract]
    “Considerata la giurisprudenza euro-unitaria intervenuta sul punto, l’Autorità ritiene opportuna una modifica normativa volta a:
    (i) eliminare la previsione generale e astratta di una soglia massima di affidamento subappaltabile;
    (ii) prevedere l’obbligo in capo agli offerenti, che intendano ricorrere al subappalto, di indicare in sede di gara la tipologìa e la quota parte di lavori in subappalto, oltre all’identità dei subappaltatori;
    (iii) consentire alle stazioni appaltanti di introdurre, tenuto conto dello specifico contesto di gara, eventuali limiti all’utilizzo del subappalto che siano proporzionati rispetto agli obiettivi di interesse generale da perseguite e adeguatamente motivati in considerazione della struttura del mercato interessato, della natura delle prestazioni o dell’identità dei subappaltatori”.

    [rif. art. 105 d.lgs. n. 50/2016]

    Verifica di anomalia sul subappalto : quando va effettuata in gara ?

    In una recente controversia innanzi al Consiglio di Stato avverso il provvedimento di aggiudicazione di un appalto, l’appellante ha sostenuto, tra le altre censure, che nessuna valutazione era stata svolta dalla Stazione Appaltante in merito alla congruità dei costi delle prestazioni dedotte in subappalto, “dandosi per buona l’affermazione secondo cui le sub-forniture dei materiali e dei dispositivi avverrebbero a prezzi eccezionalmente favorevoli perché garantite da impresa collegata a quella aggiudicataria dell’appalto”. Tuttavia, a dimostrazione della eccezionalità di tali costi non era stata effettuata alcuna allegazione di contratti, preventivi, fatture o altre pezze giustificative.
    In senso contrario, ad integrazione di quanto osservato dal giudice di primo grado, la parte appellata ha eccepito che la stipula dei contratti con i subappaltatori è destinata a perfezionarsi solo a seguito dell’aggiudicazione definitiva e della necessaria autorizzazione della Stazione Appaltante: il che rende inesigibile una produzione ante litteram (in sede di offerta o di sua giustificazione) della relativa documentazione. Di contro, a termini di legge di gara “non sussisteva obbligo alcuno di allegazione e produzione delle proposte dei subappaltatori, così come alcuna richiesta in tal senso è mai pervenuta da parte della Stazione Appaltante, in linea con quanto previsto dall’art. 105 d.lgs. 50/2016. L’argomentazione fa il paio con quella spesa dal giudice di primo grado nel senso che il riferimento a «prezzi particolarmente favorevoli» per gli acquisti dall’azienda subappaltatrice è spiegato, in maniera del tutto plausibile, con l’appartenenza delle due società al medesimo gruppo”.
    Il Consiglio di Stato ha ritienuto la censura fondata con la seguente motivazione.
    La circostanza addotta a comprova della suddetta economia di spesa (l’appartenenza delle due società al medesimo gruppo) offre un dato in sé apprezzabile, ma non sufficiente a superare l’assenza di ulteriori elementi di riscontro. D’altra parte, la tempistica di formalizzazione del subappalto, se certamente non ammette una impropria anticipazione del vincolo negoziale, al contempo non osta all’allegazione di preventivi o di offerte provenienti dagli operatori economici destinati all’incarico di subappalto. Quantomeno su questa prima documentazione (in astratto suscettibile di ulteriore e documentata verifica di congruità, mediante riscontro dei giustificativi allegati dal subappaltatore – si veda Cons. Stato, sez. V, n. 4537/2018) è dunque opportuno svolgere la verifica di sostenibilità dei costi, onde scongiurare un effetto di sostanziale trasferimento sul subappaltatore dell’anomalia dell’offerta (Cons. Stato, sez. V, n. 3341/2017 e n. 6329/2014). Nel caso di specie non è contestato che alcun preventivo dei subappaltatori è stato versato nel corso del procedimento, il che rende il riferimento astratto alle condizioni economiche da questi praticate del tutto inidoneo a comprovare in parte qua la congruità dell’offerta. I giustificativi non forniscono sul punto indicazioni utili, sicché il richiamo agli stessi da parte del giudice di primo grado appare tautologico e non risolutivo“.

    [rif. art. 97 , art. 105 d.lgs. n. 50/2016]

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      Subappalto – Limite al 40% ai sensi del Decreto Sblocca Cantieri – Compatibilità con il diritto euro comunitario (art. 105 d.lgs. n. 50/2016)

      TAR Roma, 03.11.2020 n. 11304

      Con l’ultimo motivo, la ricorrente deduce: violazione del principio di proporzionalità e libertà imprenditoriale; violazione degli artt. 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea e dell’art. 71 della Direttiva 2014/24/UE che non contempla limitazioni per quanto concerne la quota subappaltabile.

      In sintesi, la ricorrente si duole del fatto che l’art. 9 del disciplinare di gara fissi al 40% la quota massima dell’appalto subappaltabile, in contrasto con le conclusioni cui è pervenuta la Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza 27 novembre 2019, C – 402/18 e 26 settembre 2019 C – 63/18; in particolare, quest’ultima pronuncia ha affermato che “la direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2015/2170 della Commissione, del 24 novembre 2015, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”.

      In relazione alla problematica sollevata dalla parte ricorrente, questo Tribunale ha già avuto modo di precisare: “La pronuncia richiamata, pur avendo censurato il limite al subappalto previsto dal diritto interno nella soglia del 30% dei lavori, non esclude la compatibilità con il diritto dell’Unione di limiti superiori…… Di conseguenza la Corte ha considerato in contrasto con le direttive comunitarie in materia il limite fissato, non escludendo invece che il legislatore nazionale possa individuare comunque, al fine di evitare ostacoli al controllo dei soggetti aggiudicatari, un limite al subappalto proporzionato rispetto a tale obiettivo. Pertanto non può ritenersi contrastante con il diritto comunitario l’attuale limite pari al 40% delle opere, previsto dall’art. 1, comma 18, della legge n. 55/2019, secondo cui: “Nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fino al 31 dicembre 2020, in deroga all’articolo 105, comma 2, del medesimo codice, fatto salvo quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo 105, il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori” (TAR Lazio, sez. I, 24 aprile 2020 n. 4183).

      Non ravvisando il Collegio valide ragioni per discostarsi dalle conclusioni sopra richiamate, la censura deve essere disattesa.

      [rif. art. 105 d.lgs. n. 50/2016]

      Subappalto – Subappaltatore con gravi illeciti professionali – Sostituzione – Possibilità – Parere ANAC non vincolante (art. 80 , art. 105 d.lgs. n. 50/2016)

      Consiglio di Stato, sez. V, 19.10.2020 n. 6305

      2. Passando alla disamina dello stretto merito della controversia, investita dal primo motivo di appello, viene in rilievo l’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016.
      Si tratta, in particolare, di valutare nella fattispecie se, in carenza di altri rimedi, la sanzione espulsiva sia legittima laddove la condotta contestata a termini della norma siano imputabili non all’operatore economico concorrente, bensì a uno dei subappaltatori della terna da questo indicata ai sensi dell’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016.

      2.1. -Omissis- ha sostenuto in giudizio che al quesito di cui sopra debba darsi risposta negativa. Evidenziata l’assoluta estraneità delle condotte contestate alla sua sfera giuridica, ha affermato che la stazione appaltante, in luogo dell’esclusione, misura che nei suoi confronti si profila ingiusta e sproporzionata, avrebbe dovuto imporre la sostituzione del subappaltatore che ha dato luogo alle condotte stesse, ai sensi dell’art. 71, paragrafo 6), lett. b), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici (“Al fine di evitare violazioni degli obblighi di cui all’articolo 18, paragrafo 2, possono essere adottate misure adeguate quali le seguenti: […] b) le amministrazioni aggiudicatrici possono, conformemente agli articoli 59, 60 e 61, verificare o essere obbligate dagli Stati membri a verificare se sussistono motivi di esclusione dei subappaltatori a norma dell’articolo 57. In tali casi le amministrazioni aggiudicatrici impongono all’operatore economico di sostituire i subappaltatori in merito ai quali la verifica ha dimostrato che sussistono motivi obbligatori di esclusione. Le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre o essere obbligate da uno Stato membro a imporre che l’operatore economico sostituisca i subappaltatori in relazione ai quali la verifica ha dimostrato che sussistono motivi non obbligatori di esclusione”), o consentire la rinunzia al subappalto.

      2.2. Il primo giudice ha ritenuto di non aderire a tale avviso.
      Ha rilevato che nella fattispecie doveva trovare applicazione l’art. 80, comma 5, lett. c) e f-bis), del d.lgs. n. 50 del 2016 (“Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6, qualora: […] c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità; […]; f-bis) l’operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti docmentazione o dichiarazioni non veritiere”.
      Ha poi ritenuto che:
      – per un verso, l’art. 80, comma 5, del d. lgs. n. 50/2016 è chiaro nel riferire le cause di esclusione dalla gara ivi regolate anche ai subappaltatori ex art. 105, comma 6;
      – per altro verso, la norma nazionale non si pone in contrasto con la norma eurounitaria invocata da -Omissis-, di cui anzi costituisce il recepimento. Ciò in quanto l’art. 71, paragrafo 6), lett. b), della direttiva 2014/24/UE: richiama in apertura l’art.18, paragrafo 2, della stessa direttiva n. 2014/24/UE, relativo alla fase di esecuzione del contratto (e non già alla fase di gara); si riferisce ai “subappaltatori” piuttosto che ai “subappaltatori proposti”, come, del resto, l’art. 105, comma 12, del d.lgs. 50/2016, che stabilisce che “l’affidatario” deve provvedere a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80.
      Ha infine negato la violazione del principio di proporzionalità, in quanto “la disciplina di maggior rigore (esclusione) meglio risponde, in termini di adeguatezza, ai principi di imparzialità e parità di trattamento che permeano la fase di selezione delle offerte, ma non quella di esecuzione dell’appalto, laddove non vengono in discussione interessi legittimi di terzi (art. 1372 cod. civ.), mentre l’interesse pubblico della stazione appaltante – che è ormai avvinta da un vincolo contrattuale – appare adeguatamente protetto con l’imposizione dell’obbligo di sostituzione del subappaltatore”.

      2.3. L’interpretazione normativa privilegiata dal primo giudice comporta che le conseguenze dell’emersione di un motivo di esclusione relativo a un subappaltatore della terna di cui all’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016 sono diverse a seconda del momento in cui cade il relativo accertamento. In particolare, se questo interviene nel corso della procedura a evidenza pubblica, conduce all’esclusione del concorrente (art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016), se interviene dopo l’aggiudicazione e la stipula del contratto, ovvero nel corso dell’esecuzione dell’affidamento, comporta la richiesta all’affidatario della sostituzione dell’appaltatore (art. 105, comma 12, d.lgs. n. 50 del 2016).
      Nella tesi del primo giudice, come visto, tale “doppio regime” risulterebbe perfettamente conforme alla lettera della direttiva n. 2014/24/UE, e, ulteriormente, non violerebbe il principio di proporzionalità.

      2.4. Detta conclusione non trova corrispondenza con i dubbi manifestati da questo Consiglio di Stato nel parere della Commissione speciale n. 2286 del 26 ottobre 2016, reso sullo schema di linee guida ANAC “Indicazioni dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art.80, comma 5, lett. c) del codice”, poi divenute le Linee guida n. 6 del 16 novembre 2016, che è stato anche citato sia nelle difese procedimentali di Thales che nella richiesta di parere avanzata dalla stazione appaltante ad ANAC.
      Il parere della Commissione speciale (capo 11.2) evidenzia infatti che l’art. 105, comma 12, “costituisce trasposizione dei pertinenti articoli delle direttive, secondo cui ogni qualvolta le stazioni appaltanti sono tenute, in base alle leggi nazionali, a verificare le cause di esclusione anche nei confronti dei subappaltatori, esse chiedono agli operatori economici di sostituire i subappaltatori che risultano privi dei requisiti generali.
      Le direttive sembrano dunque consentire la possibilità di sostituire i subappaltatori privi dei requisiti anche quando i loro nomi vanno indicati in gara.
      Sicché, le disposizioni dell’art. 80, c. 1 e c. 5, che sembrano invece prevedere la esclusione del concorrente per difetto dei requisiti del subappaltatore, senza possibilità di sostituirlo, potrebbero anche prestarsi a dubbi di compatibilità comunitaria.
      Sembrerebbe peraltro possibile darne una interpretazione comunitariamente orientata, ritenendo quanto meno che, quando è fornita una terna di possibili subappaltatori, è sufficiente ad evitare l’esclusione del concorrente che almeno uno dei subappaltatori abbia i requisiti e sia qualificato per eseguire la prestazione da subappaltare, ovvero che il concorrente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni”.

      2.5. I dubbi manifestati nel parere della Commissione speciale di questo Consiglio di Stato n. 2286 del 26 ottobre 2016 sono stati risolti dalla recente decisione della Corte di Giustizia 30 gennaio 2020, causa C-395/18, in risposta alla ordinanza 29 maggio 2018, n. 6010, con cui la Sezione II del Tar Lazio, in riferimento al recepimento degli artt. 57 e 71 della direttiva 24/2014/UE attuato nel nostro ordinamento con gli artt. 80, comma 5, e 105, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016, ha posto alla Corte UE i seguenti quesiti interpretativi:
      “I) se gli articoli 57 e 71, paragrafo 6, della direttiva 2014/24/UE, ostino a una normativa nazionale, quale quella di cui all’articolo 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50 del 2016, la quale prevede l’esclusione dell’operatore economico offerente nel caso di accertamento, in fase di gara, di un motivo di esclusione relativo a un subappaltatore facente parte della terna indicata in sede di offerta, in luogo di imporre all’offerente la sostituzione del subappaltatore designato;
      II) in subordine, laddove la Corte di Giustizia ritenga che l’opzione dell’esclusione dell’offerente rientri tra quelle consentite allo Stato membro, se il principio di proporzionalità, enunciato all’articolo 5 del Trattato UE, richiamato al ‘considerando’ 101 della direttiva 2014/24/UE e indicato quale principio generale del diritto dell’Unione Europea dalla Corte di Giustizia, osti a una normativa nazionale, quale quella di cui all’articolo 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50 del 2016, la quale prevede che, in caso di accertamento in fase di gara di un motivo di esclusione relativo a un subappaltatore designato, venga disposta l’esclusione dell’operatore economico offerente in ogni caso, anche laddove vi siano altri subappaltatori non esclusi e in possesso dei requisiti per eseguire le prestazioni da subappaltare oppure l’operatore economico offerente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni”.
      La Corte di Giustizia ha ritenuto la normativa interna non conforme al dettato eurounitario quanto al principio di proporzionalità, e ha perciò dichiarato che “L’articolo 57, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, non osta ad una normativa nazionale, in virtù della quale l’amministrazione aggiudicatrice abbia la facoltà, o addirittura l’obbligo, di escludere l’operatore economico che ha presentato l’offerta dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’appalto qualora nei confronti di uno dei subappaltatori menzionati nell’offerta di detto operatore venga constatato il motivo di esclusione previsto dalla disposizione sopra citata. Per contro, tale disposizione, letta in combinato disposto con l’articolo 57, paragrafo 6, della medesima direttiva, nonché il principio di proporzionalità, ostano ad una normativa nazionale che stabilisca il carattere automatico di tale esclusione”.
      In particolare, la sentenza ha rilevato come una siffatta normativa nazionale “non permette all’amministrazione aggiudicatrice di tenere conto, ai fini della valutazione della situazione, di una serie di fattori pertinenti, come i mezzi di cui l’operatore economico che ha presentato l’offerta disponeva per verificare l’esistenza di una violazione in capo ai subappaltatori, o la presenza di un’indicazione, nella sua offerta, della propria capacità di eseguire l’appalto senza avvalersi necessariamente del subappaltatore in questione” e priva altresì l’operatore economico “della possibilità di dimostrare, conformemente all’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24, la propria affidabilità malgrado l’esistenza di una violazione compiuta da uno dei suoi subappaltatori”.

      3. Deve quindi affermarsi, in uno alla Corte di Giustizia, che non è consentita l’esclusione automatica del concorrente che abbia indicato un subappaltatore nei confronti del quale siano emerse in corso di gara cause di esclusione, dovendo la stazione appaltante effettuare una specifica valutazione di proporzionalità della misura espulsiva rispetto al caso di specie, che il provvedimento di esclusione all’odierno esame, partendo dall’errato presupposto dell’automaticità e della vincolatività dell’esclusione rinveniente dal parere ANAC, secondo una ricostruzione normativa risultata incompatibile con il diritto eurounitario, non ha effettuato.
      Consegue la fondatezza del primo motivo di appello, di rilievo assorbente, con il quale -Omissis- ha contestato la correttezza della predetta ricostruzione normativa, che ha permeato il gravato atto di esclusione e che è stata fatta propria anche dalla sentenza appellata.

      4. Di contro, non possono trovare accoglimento i contrari rilievi della stazione appaltante e di -Omissis-.

      4.1. In particolare, non rilevano, evidentemente, le conclusioni rese l’11 luglio 2019 dall’Avvocato Generale CGUE nell’ambito del giudizio eurounitario, dal momento che esse sono state superate negli sensi sopra detti dalla citata decisione della Corte di Giustizia 30 gennaio 2020.

      4.2. Non rileva neanche la diversità del motivo di esclusione presente nell’odierna fattispecie rispetto a quello considerato nel caso sottoposto al giudizio della Corte di Giustizia e sfociato nella sentenza 30 gennaio 2020 [art. 80, comma 5, lettera i), del d.lgs. n. 50 del 2016, implicante una causa di esclusione non obbligatoria per il diritto eurounitario].
      Sul punto, va considerato che la fattispecie considerata dalla Corte di Giustizia concerne una ipotesi contemplata dall’art. 80, comma 5, del d.lgs. 50 del 2016, e soprattutto che l’art. 71, paragrafo 6), lett. b), della direttiva 2014/24/UE si riferisce a tutti i motivi di esclusione, obbligatori e non.
      Anche il parere n. 2286/2016 della Commissione speciale di questo Consiglio di Stato si riferiva, in linea generale, a tutte le cause di esclusione del concorrente per fatto del subappaltatore della terna regolate sia dal comma 1 che dal comma 5 dell’art. 80: è quindi con riferimento a tutte tali previsioni (“le disposizioni dell’art. 80, c. 1 e c. 5”), che il parere ha sollevato i già segnalati dubbi di compatibilità comunitaria, proponendo di ritenere “quanto meno che, quando è fornita una terna di possibili subappaltatori, è sufficiente ad evitare l’esclusione del concorrente che almeno uno dei subappaltatori abbia i requisiti e sia qualificato per eseguire la prestazione da subappaltare, ovvero che il concorrente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni”.
      Dal suo canto, la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea 30 gennaio 2020 ha affermato, al di là delle connotazioni del caso specifico in esame, che “le amministrazioni aggiudicatrici devono prestare particolare attenzione al principio di proporzionalità” e che “tale attenzione deve essere ancor più elevata qualora l’esclusione prevista dalla normativa nazionale colpisca l’operatore economico che ha presentato l’offerta per una violazione commessa non da lui direttamente, bensì da un soggetto estraneo alla sua impresa, per il controllo del quale detto operatore può non disporre di tutta l’autorità richiesta e di tutti i mezzi necessari”.
      Se ne deriva che, contrariamente a quanto sostenuto ex adverso, l’elemento qualificante l’applicazione del principio di proporzionalità nei sensi sopra chiariti, alla luce sia del parere che della sentenza eurounitaria, non è né la tipologia della causa di esclusione in concreto verificatasi a carico del subappaltatore designato nell’ambito della terna né la sua gravità, bensì il rischio che il concorrente possa subire incolpevolmente le conseguenze di violazioni imputabili non a sé, bensì al subappaltatore indicato, del quale potrebbe non avere il pieno controllo, e ciò per giunta automaticamente, ovvero senza che l’amministrazione aggiudicatrice, secondo quanto rilevato dalla Corte di Giustizia, abbia “la facoltà di valutare, caso per caso, le particolari circostanze del caso di specie”, e l’operatore economico sia messo in grado di “dimostrare la propria affidabilità malgrado la constatazione di detta violazione”.
      Del resto, questa Sezione del Consiglio di Stato ha già ritenuto la suscettibilità della interpretazione “comunitariamente orientata” dell’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, a suo tempo proposta dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato nel parere n. 2286 del 26 ottobre 2016 e oggi rinveniente dalla sentenza della Corte di Giustizia 30 gennaio 2020 in causa C-395/2018, di trovare applicazione generale, tanto da ammetterla in un contenzioso relativo a un subappalto c.d. necessario o qualificatorio, in cui uno dei subappaltatori indicati nella terna ha perso in corso di gara un requisito di idoneità professionale (Cons. Stato, V, 4 giugno 2020, n. 3504).

      4.2.1. Resta solo da rilevare che il parere della Commissione speciale aveva prefigurato ipotesi solutive dirette per il superamento del conflitto normativo (“… quando è fornita una terna di possibili subappaltatori, è sufficiente ad evitare l’esclusione del concorrente che almeno uno dei subappaltatori abbia i requisiti e sia qualificato per eseguire la prestazione da subappaltare, ovvero che il concorrente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni”); nello stesso senso si è orientata l’ordinanza di rimessione del Tar Lazio n. 6010/2018.
      La sentenza 30 gennaio 2020 della Corte di Giustizia, coerentemente con la assunta premessa della compatibilità comunitaria di una normativa nazionale che prevede la facoltà o anche l’obbligo di escludere il concorrente per fatti a valenza espulsiva del subappaltatore designato, ha invece rimesso alla stazione appaltante, previo contraddittorio con l’interessato, la valutazione delle caratteristiche del singolo caso secondo gli ivi dettati criteri di massima, e quindi la determinazione di consentire o meno la permanenza in gara del concorrente. E’ quindi da ritenere che anche le condizioni cui assoggettare l’eventuale permanenza, ancorchè non specificate nella sentenza eurounitaria, non possano che attagliarsi al caso concreto, nell’ambito di quelle indicate dal parere di questo Consiglio di Stato n. 2286/2016 e dall’ordinanza di rimessione n. 6010/2018, del Tar Lazio.

      Subappalto – Subappaltatore privo dei requisiti – Sostituzione in corso di gara – Ammissibilità – Esclusione non è automatica – Anche in caso di subappalto necessario (art. 80 , art. 105 d.lgs. n. 50/2016)

      Consiglio di Stato, sez. V, 04.06.2020 n. 3504

      Va premesso che non è in contestazione, nel presente giudizio, l’ammissibilità, dopo l’entrata in vigore del [art. 105] d.lgs. n. 50 del 2016, dell’istituto dell’appalto c.d. necessario o qualificatorio, la cui disciplina, nel vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, è stata ricostruita dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con la sentenza 2 novembre 2015, n. 9.
      La validità del ricorso all’istituto del subappalto c.d. necessario o qualificatorio anche nella vigenza dell’attuale codice dei contratti pubblici, ed anche nel settore dei servizi, è stata peraltro affermata in diverse pronunce del giudice amministrativo e nel caso di specie va presupposta, in quanto espressamente prevista dalle su riportate disposizioni della legge di gara, non fatte oggetto di impugnazione.
      […]
      5.1. Così chiarite le regole della gara, va confermato il dato di fatto che uno dei subappaltatori indicati nella terna a fini qualificatori da alcune delle imprese aggiudicatarie, ha perso, non l’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali bensì la classe della categoria necessaria per l’esecuzione delle prestazioni accessorie, prima dell’adozione da parte della stazione appaltante del provvedimento di aggiudicazione, pur avendo il possesso di tale requisito di idoneità alla data di presentazione delle offerte e pur avendolo mantenuto per tutto il corso della procedura di gara, certamente fino alla verifica di congruità del 20 agosto 2018 (come da visura camerale prodotta da A.), nonché fino all’approvazione delle graduatorie dei lotti da parte della commissione giudicatrice.

      5.2. La questione oggetto della presente decisione è, allora, esattamente quella posta col ricorso, in primo grado e in appello, vale a dire se sia consentita la sostituzione di uno dei subappaltatori della terna, indicato dall’impresa concorrente al fine di procurarsi per suo tramite il requisito dell’idoneità professionale per le prestazioni oggetto del subappalto (subappalto c.d. necessario o qualificatorio), qualora il subappaltatore abbia perso in corso di gara tale requisito di partecipazione, previsto a pena di esclusione.
      5.2.1. Orbene, gli artt. 80, comma 5, lett. c) e 105, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016 regolano la fattispecie, sia pure in riferimento alle cause di esclusione di cui all’art. 80, prevedendo che:
      – nel caso di indicazione della terna dei subappaltatori ai sensi dell’art. 105, comma 6 (disposizione la cui efficacia è stata sospesa fino al 31 dicembre 2020, ai sensi dell’art. 1, comma 18, del d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito dalla legge 14 giugno 2019, n. 55), quando emerga in corso di gara un motivo di esclusione ai sensi dell’art. 80 riferibile ad uno dei subappaltatori indicati, la stazione appaltante deve escludere dalla procedura d’appalto l’operatore economico che abbia indicato il subappaltatore;
      – invece, nella fase esecutiva dell’appalto, la sanzione prevista nella stessa eventualità è quella della necessaria sostituzione del subappaltatore da parte dell’”affidatario”.
      In conformità alla lettera delle due disposizioni ed ai principi generali in tema di procedure di affidamento, va disattesa l’interpretazione sostenuta dalla stazione appaltante, secondo cui l’art. 105, comma 12, sarebbe applicabile in via diretta anche prima della stipulazione del contratto, addirittura prima del provvedimento di aggiudicazione, una volta che sia stata formata e comunicata alla stazione appaltante la graduatoria che individua l’operatore economico aggiudicatario.
      Sebbene, infatti, si possa convenire con A. nell’interpretazione secondo cui l’art. 32 dell’attuale codice dei contratti pubblici, a differenza di quanto accadeva col d.lgs. n. 163 del 2006, non distingue più tra aggiudicazione provvisoria e aggiudicazione definitiva e colloca quest’ultima a ridosso della proposta di aggiudicazione (comma 5), prima quindi della verifica del possesso dei requisiti, che ne costituisce solo condizione di efficacia (comma 7), è da ritenersi che nel caso in cui non vi sia stato alcun formale provvedimento di aggiudicazione da parte della stazione appaltante -nel caso di specie, nessun provvedimento prima di quello adottato il 23 ottobre 2018- la proposta di aggiudicazione non consenta affatto di ritenere chiusa la fase pubblicistica di scelta del contraente né di applicare l’art. 105, comma 12. Infatti, manca ancora l’affidatario dell’appalto, in capo al quale soltanto insorgono le obbligazioni di indicazione del subappaltatore esecutore entro venti giorni dalla data di inizio dell’esecuzione, nonché di deposito del contratto di subappalto e di trasmissione alla stazione appaltante della restante documentazione di cui all’art. 105, comma 7. In conclusione, l’art. 105, comma 12, è norma applicabile alla fase esecutiva, non anche alla fase della procedura di gara.
      5.2.2. La disciplina del codice dei contratti pubblici fin qui esposta va tuttavia interpretata -per come opposto dalla difesa di A. con le memorie conclusive- alla luce della recente decisione della Corte di Giustizia, 30 gennaio 2020 in causa C-395/18.
      Proprio con riferimento al recepimento degli artt. 57 e 71 della direttiva 24/2014/UE attuato nel nostro ordinamento con gli artt. 80, comma 5, e 105, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016, il T.a.r. per il Lazio, con ordinanza 29 maggio 2018, n. 6010, ha posto alla Corte UE i seguenti quesiti interpretativi:
      “c1) se la normativa interna sia compatibile con quella eurounitaria nella parte in cui si prevede l’esclusione di un concorrente per una violazione commessa non da lui ma da altro soggetto, ossia dal subappaltatore indicato in sede di gara;
      c2) se la normativa interna sia compatibile con quella eurounitaria nella parte in cui si prevede, nel corso della procedura di aggiudicazione, la sola “esclusione” e non anche la semplice “sostituzione” del subappaltatore che non sia in regola con i suddetti obblighi;
      c3) in via subordinata, se una esclusione automatica di questo tipo risulti in ogni caso conforme rispetto al principio di proporzionalità di derivazione comunitaria.”.
      La Corte di Giustizia, disattese le prime due ipotesi di violazione del dettato eurounitario, ha ritenuto la normativa interna non conforme a quest’ultimo, quanto al principio di proporzionalità, ed ha perciò dichiarato che “L’articolo 57, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, non osta ad una normativa nazionale, in virtù della quale l’amministrazione aggiudicatrice abbia la facoltà, o addirittura l’obbligo, di escludere l’operatore economico che ha presentato l’offerta dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’appalto qualora nei confronti di uno dei subappaltatori menzionati nell’offerta di detto operatore venga constatato il motivo di esclusione previsto dalla disposizione sopra citata. Per contro, tale disposizione, letta in combinato disposto con l’articolo 57, paragrafo 6, della medesima direttiva, nonché il principio di proporzionalità, ostano ad una normativa nazionale che stabilisca il carattere automatico di tale esclusione.”.
      Risulta così confermato dalla Corte di Giustizia quanto già prospettato nel parere di questo Consiglio di Stato, 3 novembre 2016, n. 2286 (…), nel quale, in riferimento proprio all’art. 105, comma 12, si è affermato che “Tale previsione costituisce trasposizione dei pertinenti articoli delle direttive, secondo cui ogni qualvolta le stazioni appaltanti sono tenute, in base alle leggi nazionali, a verificare le cause di esclusione anche nei confronti dei subappaltatori, esse chiedono agli operatori economici di sostituire i subappaltatori che risultano privi dei requisiti generali. Le direttive sembrano dunque consentire la possibilità di sostituire i subappaltatori privi dei requisiti anche quando i loro nomi vanno indicati in gara.
      Sicché, le disposizioni dell’art. 80, c. 1 e c. 5, che sembrano invece prevedere la esclusione del concorrente per difetto dei requisiti del subappaltatore, senza possibilità di sostituirlo, potrebbero anche prestarsi a dubbi di compatibilità comunitaria.
      Sembrerebbe peraltro possibile darne una interpretazione comunitariamente orientata, ritenendo quanto meno che, quando è fornita una terna di possibili subappaltatori, è sufficiente ad evitare l’esclusione del concorrente che almeno uno dei subappaltatori abbia i requisiti e sia qualificato per eseguire la prestazione da subappaltare, ovvero che il concorrente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni.”.
      Siffatta interpretazione “comunitariamente orientata” è oggi imposta dalla sopravvenuta decisione della Corte di Giustizia, secondo cui non è consentita l’esclusione automatica dell’impresa concorrente che abbia indicato un subappaltatore per il quale siano emerse in corso di gara cause di esclusione, essendo rimessa alla stazione appaltante la valutazione circa la sostituzione del subappaltatore.
      5.2.3. Sebbene si tratti di conclusione riferita ai motivi di esclusione di cui all’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 essa va estesa analogicamente all’ipotesi in cui il subappaltatore indicato sia risultato privo dei requisiti di qualificazione prescritti in relazione alla prestazione da subappaltare. Tale ipotesi è infatti oggettivamente meno grave della ricorrenza di una causa di esclusione ed, ai fini della possibilità della sostituzione del subappaltatore, è a maggior ragione equiparabile a quest’ultima, come dimostrato dalla previsione dell’art. 71, comma 6, della direttiva 2014/24/UE che individua la sostituzione del subappaltatore come rimedio praticabile in caso di sussistenza sia di motivi obbligatori di esclusione sia di motivi non obbligatori di esclusione; d’altronde detta equiparazione è riconosciuta già dal citato parere n. 2286/2016 di questo Consiglio di Stato, con cui si è ritenuta possibile la sostituzione del subappaltatore, anche quando indicato in gara, se sia risultato privo dei requisiti oppure della qualificazione per eseguire la prestazione da subappaltare.

      5.3. L’appellante sostiene che tale sostituzione non sarebbe comunque possibile nel caso in cui si tratti di subappalto c.d. necessario o qualificatorio, sia in base a principi generali perché a tale tipologia di subappalto non sarebbe applicabile la disciplina in materia di subappalto che valorizza il ruolo tipico dell’istituto nella fase esecutiva del contratto; sia specificamente in base alle disposizioni della legge della gara de qua, perché il disciplinare prevedeva espressamente l’esclusione del concorrente, privo dell’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali, che avesse dichiarato di voler subappaltare per intero le prestazioni accessorie ad un subappaltatore indicato nell’offerta, ma risultato a sua volta privo dello stesso requisito di idoneità professionale per tali prestazioni.
      Nessuno dei due indicati profili di censura merita favorevole apprezzamento.

      5.3.1. Il primo è smentito dalla ricostruzione dell’istituto del subappalto c.d. necessario o qualificatorio effettuata dalla citata decisione dell’Adunanza plenaria n. 9/2015, secondo cui, anche quando consentito per supplire la carente qualificazione del concorrente rispetto alle opere da subappaltare, il subappalto continua ad essere “un istituto che attiene alla fase di esecuzione dell’appalto (e che rileva nella gara solo negli stretti limiti della necessaria indicazione delle lavorazioni che ne formeranno oggetto), di talché il suo mancato funzionamento (per qualsivoglia ragione) dev’essere trattato alla stregua di un inadempimento contrattuale, con tutte le conseguenze che ad esso ricollega il codice […]”.
      Si tratta di affermazione che pienamente si condivide e che non trova smentita nelle norme sul subappalto introdotte dall’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016, in particolare in quella del sesto comma, che ha reso obbligatoria l’indicazione della terna di subappaltatori in sede di offerta per gli appalti ivi considerati. Infatti, in disparte la sospensione dell’efficacia di tale comma fino al 31 dicembre 2020 (di cui si è detto e che non trova applicazione nell’appalto de quo), la disposizione si limita ad imporre, ai fini della validità del subappalto, oltre alle condizioni di cui al quarto comma dello stesso art. 105, l’indicazione appunto della terna dei subappaltatori in sede di offerta. Poiché tale indicazione non era richiesta invece dall’art. 118, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006, norma sulla quale si è pronunciata l’Adunanza Plenaria, la citata sentenza ha perso di attualità -fatta salva peraltro la sospensione dell’art. 105, comma 6, disposta, come detto, dalla normativa sopravvenuta- soltanto nella parte in cui ha affermato che “l’indicazione del nome del subappaltatore non è obbligatoria all’atto dell’offerta, neanche nei casi in cui, ai fini dell’esecuzione delle lavorazioni relative a categorie scorporabili a qualificazione necessaria, risulta indispensabile il loro subappalto a un’impresa provvista delle relative qualificazioni (nella fattispecie che viene comunemente, e, per certi versi, impropriamente definita come “subappalto necessario”)”.
      Tuttavia, non è certo vero il contrario: l’obbligatoria (per legge o per disciplinare, come nel caso di specie) indicazione della terna di subappaltatori in sede di offerta e l’indicazione nell’offerta dei servizi che si intendono subappaltare ad uno dei tre subappaltatori indicati, non trasforma il subappalto c.d. necessario o qualificatorio in un istituto diverso dal subappalto c.d. facoltativo, fino a determinare una sorta di confusione tra avvalimento e subappalto, trattandosi all’evidenza di due istituti che presentano presupposti, finalità e regolazioni diverse (cfr., in tale senso, anche Cons. Stato, Ad. Plen. n. 9/2015 cit.).
      A differenza di quanto accade con l’avvalimento, il rapporto con l’impresa subappaltatrice, anche nel caso di subappalto c.d. necessario o qualificatorio, non è attratto nella fase della gara, ma (continua a) rileva(re) nella fase dell’esecuzione dell’appalto, per come dimostrato dalle previsioni dell’art. 105, comma 7 (in tema di obbligazioni che, come già detto, sorgono per l’affidatario solo dopo la stipulazione del contratto) e comma 8 (in tema di responsabilità esclusiva dell’affidatario nei confronti della stazione appaltante), oltre che dei comma successivi dello stesso art. 105, tutti attinenti alla fase esecutiva, e tutti applicabili ad ogni tipologia di subappalto.
      Ne consegue che l’interpretazione “comunitariamente orientata” degli artt. 80, comma 5, lett. c) e 105, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016, quale risulta a maggior ragione dopo la sentenza della Corte di Giustizia, 30 gennaio 2020 in causa C-395/2018, comporta che, quando è indicata una terna di subappaltatori in sede di offerta, l’esclusione del concorrente che abbia indicato un subappaltatore privo dei requisiti o della qualificazione per eseguire la prestazione da subappaltare non è automatica, anche qualora si tratti di subappalto c.d. necessario o qualificatorio, al quale cioè abbia fatto ricorso il concorrente sprovvisto di qualificazione impegnandosi a subappaltare l’esecuzione delle relative prestazioni ad imprese provviste della pertinente qualificazione. Pertanto, è rimesso alla stazione appaltante consentire la sostituzione del subappaltatore, a maggior ragione quando gli altri subappaltatori indicati nella terna abbiano requisiti e qualificazione.
      5.3.2. Occorre tuttavia verificare se, come sostiene l’appellante, tale possibilità fosse esclusa dalla legge di gara, laddove al punto 9 del disciplinare prevedeva espressamente che “…i subappaltatori devono essere in possesso dei requisiti di cui al predetto punto 7, in relazione alle prestazioni oggetto di subappalto e dichiarate in sede di gara. Il mancato possesso dei predetti requisiti in capo ad uno dei subappaltatori indicati nella terna comporta l’esclusione del concorrente dalla gara, solo se trattasi di ricorso al subappalto c.d. necessario/qualificatorio. Negli altri casi non costituisce motivo di esclusione, ma comporta, per il concorrente, il divieto di subappalto”.
      La lettura che ne ha dato il giudice di primo grado è corretta e va confermata, perché, tra più interpretazioni compatibili col dato letterale, viene preferita quella che interpreta la previsione del disciplinare di gara in modo più conforme possibile alla disciplina del subappalto risultante dal dettato euro-unitario, ed in specie dagli artt. 57 e 71 della direttiva 2014/24/UE, come interpretati dalla Corte di Giustizia.
      Essa va infatti intesa nel senso che l’esclusione del concorrente dalla gara avrebbe dovuto essere disposta dalla stazione appaltante soltanto nel caso in cui uno dei subappaltatori indicati non avesse avuto i requisiti ab initio, cioè sin dal momento della sua indicazione in sede di offerta; poiché già così intesa la disposizione è di dubbia legittimità (ove se ne tragga il corollario dell’automatismo di tale esclusione), essa non può certo essere interpretata nel senso di estendere la sanzione dell’esclusione (automatica) al caso in cui il subappaltatore abbia perso tale requisito in corso di gara, come accaduto alla P..
      Ben si può ritenere pertanto –così come ha ritenuto il primo giudice- per un verso, che in tale eventualità, la legge di gara rendesse possibile alla stazione appaltante di consentire all’operatore economico come L., avente il requisito in proprio, di eseguire direttamente le prestazioni accessorie e, per altro verso, agli altri concorrenti aggiudicatari di sostituire P. con un’altra subappaltatrice della terna da essi indicata (sulla cui idoneità professionale la ricorrente non ha mosso contestazione alcuna).

      1) Subappalto e subaffidamento: differenza – 2) Falsa dichiarazione: comprende sia il falso “commissivo” che “omissivo” – 3) Condanne penali in capo al subappaltatore – Omessa dichiarazione – Esclusione automatica del concorrente subappaltante – Correttivi – Applicazione alla luce delle sentenza Corte di Giustizia Europea  (art. 80 , art. 105 d.lgs. n. 50/2016)

      Consiglio di Stato, sez. III, 04.03.2020 n. 1603

      1) Dunque, il tentativo di “derubricare” l’indicazione di -Omissis- a mero “sub-affidamento” incontra una prima e decisiva smentita nell’inequivoco tenore testuale della documentazione amministrativa prodotta in gara e poc’anzi richiamata.
      Per il resto, il discrimen tra subappalto in senso proprio e mero subaffidamento va tracciato considerando il carattere accessorio o meno delle prestazioni affidate al sub-contraente, in quanto la disciplina di cui all’art. 105 del Codice non si applica unicamente alle prestazioni meramente strumentali e solo funzionalmente collegate con quelle oggetto del contratto (ma ad esso estranee), come tali qualificabili ai sensi del comma 2 del menzionato art. 105 (cfr. Tar Pescara, sez. I, nn. 43/2018 e 199/2018).
      Ai sensi della disposizione da ultimo menzionata, “Costituisce, comunque, subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare”.
      Nel caso di specie, la ricorrente non ha minimamente provato la ricorrenza di alcuna delle condizioni richieste dalla disposizione citata onde potersi escludere la sussistenza di una ipotesi di subappalto.

      2) La recente giurisprudenza testé richiamata (elaborata in epoca successiva ai fatti di cui qui si controverta) ha effettivamente patrocinato un distinguo fra omesse, reticenti e false dichiarazioni ai sensi dell’art. 80, comma 5, d. lgs. n. 50 del 2016, desumendone, a valle, che l’omissione comunicativa “costituisce violazione dell’obbligo informativo, e come tale va apprezzata dalla stazione appaltante”, la quale, tuttavia, è chiamata a soppesare non il solo fatto omissivo in sé, bensì anche – nel merito – “i singoli, pregressi episodi, dei quali l’operatore si è reso protagonista, e da essi dedurre, in via definitiva, la possibilità di riporre fiducia nell’operatore economico ove si renda aggiudicatario del contratto d’appalto” (Cons. Stato, n. 2407/2019).
      In questo contesto, l’omessa dichiarazione di condanne non ostative ai sensi dell’art. 80 comma 1, è stata valutata come integrante una fattispecie di “omessa dichiarazione” ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 (in questi termini, Cons. Stato, sez. V, n. 1649/2019; n. 2407/2019 e n. 8906/2019 e sez. III, n. 5040/2018), munita di portata escludente non in sé, cioè come mero inadempimento al dovere di informazione, ma se e nella misura in cui reputata rilevante – sia nell’omissione in sé, che, necessariamente, rispetto al fatto omesso – da parte della stazione appaltante.
      A questa prima tesi se ne oppone una più risalente che ritiene l’omissione di una condanna (o di un fatto integrante un potenziale “grave illecito professionale”) di per sé una falsa dichiarazione, comportante in automatico l’esclusione dalla gara, in quanto rilevante ai sensi dell’art. 80 comma 5 lett, f bis) (Cons. Stato, Sez. V, n. 70/2020; n. 1649/2019, n. 7271/2018; n. 6529/2018).
      A condivisibile supporto di questo secondo indirizzo – tale per cui nel concetto di “falsa dichiarazione” dovrebbe inquadrarsi non solamente l’ipotesi del falso “commissivo” tradizionalmente inteso, ma pure quella del falso cd. “omissivo” – si è affermato che “in materia di partecipazione alle gare pubbliche d’appalto, una consapevole “omissione” non può essere distinta, quanto agli effetti distorsivi nei confronti della stazione appaltante che la disposizione in esame mira a prevenire e reprimere, dalla tradizionale forma di mendacio commissivo. Invero, nelle procedure di evidenza pubblica l’incompletezza delle dichiarazioni lede di per sé il principio di buon andamento dell’amministrazione, inficiando ex ante la possibilità di una non solo celere ma soprattutto affidabile decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla gara; una dichiarazione inaffidabile, perché falsa o incompleta, è già di per sé stessa lesiva degli interessi tutelati, a prescindere dal fatto che l’impresa meriti o no di partecipare alla procedura competitiva; peraltro l’omessa dichiarazione ha il grave effetto di non consentire proprio all’Amministrazione una valutazione ex ante” (Cons. Stato, sez. V, n. 7271/2018 e sez. IV, n. 2771/2017).
      Nello stesso senso si è di recente espressa questa sezione (con le pronunce nn. 1174/2020; 7173/2018; 3331/2019 quest’ultima riferita ad una ipotesi, equivalente a quella qui in esame, nella quale è stata ritenuta contrastante con il disposto dell’art. 80 comma 5 lett f bis) la risposta negativa resa alla domanda “L’operatore si è reso colpevole di gravi illeciti professionali di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) del Codice”).

      3) L’effetto dell’automatismo escludente risente, piuttosto, del recente pronunciamento della Corte di Giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2020, C-395/18), reso su ordinanza 29 maggio 2018, n. 6010 del Tar Lazio.
      Si tratta di decisione riferita ad una fattispecie concreta non significativamente distante da quella qui in esame, in quanto riguardante l’esclusione di un operatore il cui subappaltatore era risultato non in regola con le norme che disciplinano l’accesso al lavoro dei disabili (art. 80 comma 5 lett. i) del d.lgs. n. 50/2016).
      L’indirizzo del giudice comunitario è condensato nell’affermazione di principio per cui “l’articolo 57, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24 non osta ad una normativa nazionale, in virtù della quale l’amministrazione aggiudicatrice abbia la facoltà, o addirittura l’obbligo, di escludere l’operatore economico che ha presentato l’offerta, dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’appalto, qualora nei confronti di uno dei subappaltatori menzionati nell’offerta di detto operatore venga constatato il motivo di esclusione previsto dalla disposizione sopra citata. Per contro, tale disposizione, letta in combinato disposto con l’articolo 57, paragrafo 6, della medesima direttiva, nonché il principio di proporzionalità, ostano ad una normativa nazionale che stabilisca il carattere automatico di tale esclusione” (par. 55).
      La Corte di Giustizia pone l’accento sulla portata dell’art. 57, paragrafo 6 della direttiva 2014/24/UE il quale statuisce espressamente che “Un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 4 può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione. Se tali prove sono ritenute sufficienti, l’operatore economico in questione non è escluso dalla procedura d’appalto”.
      L’art. 57, paragrafo 6 della direttiva 2014/24/UE, stando alla ricostruzione operata dalla pronuncia in esame, rappresenta esternazione del principio di proporzionalità (art. 5 TUE, paragrafo 4), quale principio generale del diritto dell’Unione, ragion per cui le amministrazioni nazionali non possono non tenerne conto nell’applicare i motivi di esclusione facoltativi, come quello enunciato al paragrafo 4, lettera a) dell’articolo 57 della direttiva. Al contempo, le autorità tanto comunitarie quanto nazionali non possono imporre, sia con atti normativi che amministrativi, obblighi e restrizioni alle libertà del cittadino, tutelate dal diritto comunitario, in misura superiore (cioè sproporzionata) a quella strettamente necessaria nel pubblico interesse per il raggiungimento dello scopo che l’autorità è tenuta a realizzare, in modo che il provvedimento sia idoneo (cioè adeguato all’obiettivo da perseguire) e necessario (nel senso che nessun altro strumento ugualmente efficace, ma meno negativamente incidente, sia disponibile). Tale obiettivo può ben essere perseguito, secondo i giudici della CGUE, lasciando all’amministrazione aggiudicatrice la facoltà di valutare, caso per caso, le particolari circostanze del caso di specie, e all’operatore economico quella di dimostrare la propria affidabilità malgrado la constatazione della violazione, dato che si tratta pur sempre di una violazione commessa non da lui direttamente, quanto piuttosto da un soggetto estraneo alla sua impresa.
      Ne viene che:
      – l’effetto espulsivo del subappaltante dalla procedura di gara (quindi nella fase di valutazione delle offerte), conseguente ad una posizione di irregolarità del subappaltatore, costituisce soluzione consentita dalla normativa comunitaria, in alternativa a quella della mera sostituzione del subappaltatore medesimo;
      – il maggior rigore adottato dal legislatore nazionale, tuttavia, non può giungere sino al punto di privare, da un lato, l’operatore economico che ha presentato l’offerta “della possibilità di fornire elementi circostanziati in merito alla situazione e, dall’altro, l’amministrazione aggiudicatrice della possibilità di disporre di un margine di discrezionalità” (par. 54):
      – la stessa amministrazione è chiamata a considerare gli elementi di prova forniti da tale operatore in funzione della gravità della situazione e delle particolari circostanze del caso di specie;
      – il ricorso a questi correttivi mitigatori è necessario per rendere l’esito espulsivo conciliabile con il principio di proporzionalità (oltre che con l’articolo 57, paragrafi 4 e 6, della direttiva 2014/24) e si giustifica in ragione del fatto che l’espulsione colpisce l’operatore economico che ha presentato l’offerta “per una violazione commessa non da lui direttamente, bensì da un soggetto estraneo alla sua impresa, per il controllo del quale detto operatore può non disporre di tutta l’autorità richiesta e di tutti i mezzi necessari” (par. 48).
      Per giustificare la trasposizione al caso in esame delle affermazioni di principio enunciate dalla Corte di Giustizia, pur nella parziale diversità delle vicende a confronto (riferite alle ipotesi di cui alle lettere i) e f bis) dell’art. 80 comma 5), occorre ulteriormente segnalare che:
      – le due fattispecie originano entrambe da ipotesi di esclusione facoltative (riconducibili all’art. 57 comma 4, rispettivamente lettere a) c) e h);
      – nel giudizio della Corte, l’ipotesi di cui alla lettera i) dell’art. 57 comma 4, intercetta interessi di rilievo primario, nei diversi e cruciali settori del diritto ambientale, sociale e del lavoro (v. par. 38 sent.). Ne consegue che le cautele procedurali individuate nella pronuncia devono ritenersi, a fortiori, in quanto di maggior favore per l’impresa interessata, estensibili anche a casi riferiti a violazioni di minore gravità;
      – comune alle due fattispecie comparate è la ratio cautelativa connessa alla estraneità della irregolarità contestata alla sfera giuridica dell’operatore economico direttamente partecipante alla gara.