Quesito: È possibile col nuovo Codice degli appalti, prevedere il divieto di subappalto, indicandolo espressamente nei documenti di gara con adeguata motivazione?
Risposta: In riferimento al quesito posto, si precisa che la disciplina sul subappalto posta dall’art. 119, comma 2, del D.Lgs. 36/2023 ripropone esattamente le stesse regole di cui al Codice previgente come modificato dalla legge n. 108/2021 per quanto attiene ai presupposti in presenza dei quali la stazione appaltante può indicare nei documenti di gara, previa adeguata motivazione nella decisione a contrarre, le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto da eseguire a cura dell’aggiudicatario. Nella fattispecie, in base alla previsione del citato art. 119, comma 2, D.Lgs. 36/2023 “Nel rispetto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3, previa adeguata motivazione nella decisione di contrarre, le stazioni appaltanti, eventualmente avvalendosi del parere delle Prefetture competenti, indicano nei documenti di gara le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto da eseguire a cura dell’aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto, ivi comprese quelle di cui all’articolo 104, comma 11, in ragione dell’esigenza di rafforzare, tenuto conto della natura o della complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare, il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro o di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori ovvero di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali. Si prescinde da tale ultima valutazione quando i subappaltatori siano iscritti nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori di cui al comma 52 dell’articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190, oppure nell’anagrafe antimafia degli esecutori istituita dall’articolo 30 del decretolegge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229”. Dalla formulazione della disposizione si evince pertanto che la stazione appaltante non può limitarsi a vietare il subappalto in termini generali, bensì deve specificare, nella documentazione di gara, le prestazioni/lavorazioni oggetto del contratto, la cui esecuzione debba avvenire a cura dell’affidatario. Conseguentemente, le motivazioni da porre a fondamento di tale scelta, devono essere correlate alle singole prestazioni/lavorazioni, ovvero all’unica tipologia di prestazione/lavorazione oggetto del contratto. (Parere MIT n. 2158/2023)
Quesito: Il combinato normativo in oggetto indica che, la Stazione Appaltante (SA), può indicare nei documenti di gara che, una determinata prestazione contrattuale, debba essere svolta direttamente dall’operatore economico (OE) invitato ed offerente. In ragione della predetta novella, in una gara di lavori costituita da un unico lotto relativo ad un’unica categoria SOA (Es.: OS28), l’SA può quindi indicare nei documenti di gara che, tutta la prestazione principale OS28, venga svolta direttamente dall’OE invitato ed offerente, senza che la stessa possa essere oggetto di subappalto? In caso di risposta affermativa poiché sostanzialmente tutta la prestazione principale dovrà essere direttamente svolta dalla ditta offerente, tale circostanza implica che il subappalto dev’essere concesso solo per le attività accessorie, quali ad esempio il trasporto dei materiali ed attrezzature in cantiere, lo smaltimento dei materiali di risulta ed il montaggio dei ponteggi?
Risposta: Si premette che il presente Servizio non entra nel merito delle scelte discrezionali delle stazioni appaltanti, ma si limita a fornire supporto in merito alla interpretazione della normativa sugli appalti pubblici. In riferimento al quesito posto, si precisa che la disciplina sul subappalto posta dall’art. 119, comma 2, del D.Lgs. 36/2023 ripropone esattamente le stesse regole di cui al Codice previgente come modificato dalla legge n. 108/2021 per quanto attiene ai presupposti in presenza dei quali la stazione appaltante può indicare nei documenti di gara, previa adeguata motivazione nella decisione a contrarre, le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto da eseguire a cura dell’aggiudicatario. Nella fattispecie, in base alla previsione del citato art. 119, comma 2, D.Lgs. 36/2023 “Nel rispetto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3, previa adeguata motivazione nella decisione di contrarre, le stazioni appaltanti, eventualmente avvalendosi del parere delle Prefetture competenti, indicano nei documenti di gara le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto da eseguire a cura dell’aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto, ivi comprese quelle di cui all’articolo 104, comma 11, in ragione dell’esigenza di rafforzare, tenuto conto della natura o della complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare, il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro o di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori ovvero di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali. Si prescinde da tale ultima valutazione quando i subappaltatori siano iscritti nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori di cui al comma 52 dell’articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190, oppure nell’anagrafe antimafia degli esecutori istituita dall’articolo 30 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229”. Dalla formulazione della disposizione si evince pertanto che la stazione appaltante non può limitarsi a vietare il subappalto in termini generali, bensì deve specificare, nella documentazione di gara, le prestazioni/lavorazioni oggetto del contratto, la cui esecuzione debba avvenire a cura dell’affidatario. Conseguentemente, le motivazioni da porre a fondamento di tale scelta, devono essere correlate alle singole prestazioni/lavorazioni, ovvero all’unica tipologia di prestazione/lavorazione oggetto del contratto. (Parere MIT n. 2156/2023)
Quesito: Com’è noto il nuovo Codice dei contratti approvato con D.lgs. 36/2023 ha recepito, a regime, la disciplina introdotta dalla normativa emergenziale con l’art. 29 del d.l. 4/2022 prevedendo, all’art. 60, che nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento sia obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi, da attivarsi al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva, che determinano una variazione del costo dell’opera, della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione, superiore al 5 per cento dell’importo complessivo ed operanti nella misura dell’80 per cento della variazione stessa, in relazione alle prestazioni da eseguire. Ai fini della determinazione della variazione dei costi e dei prezzi di cui al comma 1, ha prescritto doversi utilizzare i seguenti indici sintetici elaborati dall’ISTAT: a) con riguardo ai contratti di lavori, gli indici sintetici di costo di costruzione; b) con riguardo ai contratti di servizi e forniture, gli indici dei prezzi al consumo, dei prezzi alla produzione dell’industria e dei servizi e gli indici delle retribuzioni contrattuali orarie. Accade di frequente che l’operatore economico aggiudicatario si avvalga per l’esecuzione di alcune prestazioni dell’appalto di subappaltatori. Secondo l’art. 119 comma 11 del D.lgs. 36/2023 “La stazione appaltante corrisponde direttamente al subappaltatore ed ai titolari di sub-contratti non costituenti subappalto ai sensi del quinto periodo del comma 2 l’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite nei seguenti casi: a) quando il subcontraente è una microimpresa o piccola impresa; b) in caso di inadempimento da parte dell’appaltatore; c) su richiesta del subcontraente e se la natura del contratto lo consente. Ci si chiede se nel caso di subappalto, a fronte dell’operatività dell’istituto di cui al richiamato art. 119 comma 11 D.lgs. 36/2023 del pagamento diretto al subappaltatore, la stazione appaltante possa attribuire direttamente al subappaltatore, applicando, pertanto, l’istituto del pagamento diretto, la quota di revisione prezzi ad esso spettante, commisurata alla quantità di materie prime da quest’ultimo acquistate o di servizi o forniture dallo stesso prestati oppure se l’importo della revisione prezzi debba essere corrisposta interamente all’operatore economico aggiudicatario. Si ricorda che in relazione all’adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione di cui all’articolo 1-septies del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, Codesto UOC, con parere n. 1244 del 21 marzo 2022 si era così espresso: “Le somme della compensazione non costituiscono un’integrazione del corrispettivo relativo all’esecuzione dell’appalto pubblico. Infatti, come specificato nella circolare ministeriale del 25 novembre 2021, ai fini del calcolo dell’eventuale compensazione, i prezzi indicati nel decreto ministeriale di cui all’art. 1-septies del DL 73/2021 “assumono unicamente un valore parametrico e non interferiscono con i prezzi dei singoli contratti”. Considerato che la compensazione non costituisce un riallineamento del prezzo contrattuale, bensì una sorta di indennizzo che il legislatore ha inteso riconoscere all’appaltatore nel caso intervengano le condizioni indicate dalla norma per tale fattispecie non può trovare applicazione l’istituto del pagamento diretto al subappaltatore di cui all’art. 105, comma 13, del d.lgs. 50/2016”. Anche alla luce del richiamato parere di Codesto UOC, si chiede se, in ragione della natura non indennitaria delle somme riconosciute all’appaltatore a seguito dell’applicazione della clausola di revisione del prezzo di cui all’art. 60 del D.lgs. 36/2023 bensì di integrazione del corrispettivo e riallineamento del prezzo contrattuale, possa trovare applicazione in tale ipotesi l’istituto del pagamento diretto al subappaltatore di cui all’art. 119 comma 11 del D.lgs. 36/2023.
Risposta: L’art. 60, co. 1, d.lgs. 36/2023 stabilisce che “nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi”. Il successivo co. 2, u. p., prevede che esse “si attivano al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva, che determinano una variazione del costo dell’opera, della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione, superiore al 5 per cento dell’importo complessivo e operano nella misura dell’80 per cento della variazione stessa, in relazione alle prestazioni da eseguire”. Tanto premesso, dalla normativa risulta che la revisione dei prezzi vada determinata in relazione alle prestazioni da eseguire, con la conseguenza che – ove si tratti di prestazioni facenti capo al subappaltatore e ai titolari di subcontratti, ricorrendo i presupposti di cui all’art. 119, co. 11, d.lgs. 36/2023 – la stazione appaltante procederà al pagamento diretto in favore di questi ultimi anche del maggior importo rideterminato in applicazione della revisione prezzi. Con l’ulteriore indicazione che le stazioni appaltanti potranno disciplinare, nei documenti di gara, tale situazione. (Parere MIT n. 2124/2023)
Nel codice degli appalti pubblici, l’art. 105 definisce il subappalto come ‘il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto’, escludendo però che rientri in tale fattispecie l’affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi, per le quali occorre effettuare comunicazione alla stazione appaltante’.
Ai fini di cui all’art. 105 del d.lgs. n. 50/2016, deve quindi stabilirsi quando il ‘terzo’ venga in rilievo nella fattispecie dedotta come lavoratore autonomo piuttosto che subappaltatore.
A tal fine, è opportuno rilevare come la giurisprudenza di legittimità si sia più volte occupata dell’individuazione dei criteri in base ai quali distinguere il contratto d’appalto dal contratto d’opera, individuando la differenza tra queste figure negoziali (accomunate dall’obbligo verso il committente di compiere dietro corrispettivo un’opera o un servizio senza vincolo di subordinazione e con assunzione di un rischio da parte di chi esegue) nella complessità dell’organizzazione impiegata, così qualificando il contratto come appalto se l’esecuzione dell’opera commissionata avviene mediante un’organizzazione di media o grande impresa cui l’obbligato è preposto, e come contratto d’opera laddove prevalente è il lavoro di quest’ultimo, pur se adiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore, secondo il modulo organizzativo della piccola impresa, desumibile dall’art. 2083 c.c. (V. Cassazione civile sez. II, 31/08/2021, n. 23680, che richiama anche Cass. 7107/2001, Cass. 9237/1997, Cass. 5451/1999, Cass. 7606/1999 ma anche Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 27258 del 16 novembre 2017 e Cass. 12519/2010), come pure nei casi in cui l’elemento organizzativo non sia tale da consentire il perseguimento delle iniziative di impresa facendo a meno dell’attività esecutiva dell’imprenditore artigiano (V. Cassazione civile sez. II, 11/02/2022, n.4527), non essendo di per sè incompatibile con la figura dell’appalto il carattere artigianale dell’impresa (Cass. n. 1856/1990), sempre che emerga la prova dell’assunzione della gestione dell’opera a proprio rischio ed un’organizzazione di mezzi necessari alla sua esecuzione.
In questi termini, si avrà attività d’impresa quando l’organizzazione dei mezzi e dei fattori di produzione è tale da assumere una dimensione di essenzialità rispetto alla prestazione dedotta, tale da assorbire e rendere non più rilevante l’esperienza e la qualità soggettiva personale del prestatore.
Anche le diverse modalità con le quali avviene l’assunzione del rischio del risultato da parte del prestatore è considerata dalla giurisprudenza, essendosi ritenuto che, ove facciano difetto circostanze di fatto atte a dimostrare che il committente si sia riservato l’organizzazione e la divisione del lavoro e degli strumenti tecnici, assumendo, quindi, in proprio il suddetto rischio, la qualità di imprenditore del soggetto cui sia stata affidata l’esecuzione di un’opera o di un servizio fa presumere che le parti abbiano inteso stipulare un contratto d’appalto e non di opera (v. Cassazione civile sez. II, 12/02/2021, n. 3688 in cui è dato appunto rilievo, per l’individuazione di un contratto d’appalto, all’“assunzione da parte dell’imprenditore del rischio del conseguimento del risultato, senza che fosse stata invece offerta la prova nè delle ingerenze preponderanti del committente né dell’utilizzo prevalente dell’attività personale del titolare dell’impresa stessa”; v.anche Cass., Sez. II, 12 dicembre 1995, n. 12727).
Secondo il Consiglio di Stato (si veda a tal proposito il precedente richiamato dalla Stazione appaltante, Consiglio di Stato, sez. V, n. 4150 del 31.05.2021) ‘L’art. 105, comma 3, lett. a), d.lg. n. 50 del 2016 non può essere configurato come una norma derogatoria del subappalto posto che la disposizione muove dalla considerazione della specificità di determinate categorie di forniture e di servizi e, sulla base della natura peculiare di dette prestazioni e della diversità del regolamento contrattuale in termini di rapporti tra le parti del contratto e con l’amministrazione appaltante, giunge alla conclusione che i contratti con i quali vengono affidate a lavoratori autonomi specifiche attività rientranti nell’appalto non sono contratti di subappalto’; nondimeno, ‘la distinzione tra le due figure contrattuali (subappalto e lavoro autonomo) si fonda non solo, come si è veduto, sulla specificità delle prestazioni, ma anche sulla diversità degli effetti giuridici dei due tipi di contratto. Le prestazioni alla base dei due contratti sono infatti dirette a destinatari diversi: nel caso del subappalto, il subappaltatore esegue direttamente parte delle prestazioni del contratto stipulato con l’amministrazione, sostituendosi all’affidatario; nell’altro caso, le prestazioni sono rese in favore dell’aggiudicatario che le riceve, inserendole nell’organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all’amministrazione appaltante. Nel subappalto vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; mentre nel contratto di cooperazione la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore. I due contratti sono quindi diversi quantomeno sul piano funzionale. Ne deriva che la disciplina in tema di subappalto non è immediatamente estendibile, se non si dimostri che il contratto di lavoro autonomo costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto’ (Consiglio di Stato, sez. V, 31/05/2021, n. 4150 sopra richiamata).
La giurisprudenza richiamata valorizza quindi, da una parte, la centralità o meno dell’attività personale dell’obbligato per l’adempimento delle prestazioni dedotte in contratto, dall’altra, l’alterità o meno sul piano organizzativo tra committente e obbligato, con conseguenze sull’allocazione del rischio in capo all’uno o all’altro. La differenza tra lavoratore autonomo e appaltatore richiama quindi i termini più generali della distinzione tra il primo e l’imprenditore, riconoscendosi quest’ultima figura in tutti quei casi nei quali abbia rilievo una organizzazione di fattori produttivi ulteriori e diversi rispetto alla essenzialità e prevalenza della conoscenza personale e qualificazione soggettiva del singolo prestatore, che invece connota il contratto d’opera e sussista o meno una condizione di inserimento della prestazione – rispetto alla committente stazione appaltante – nell’organizzazione produttiva dell’affidatario.
In questo senso, lo svolgimento delle prestazioni con lavoro prevalentemente proprio e con l’impiego esclusivamente dei mezzi strettamente strumentali all’esecuzione dell’opera o del servizio non configura quindi un’attività di impresa, quanto un’attività di lavoro autonomo; mentre, affinché possa configurarsi una ipotesi di subappalto è necessario che il terzo possa qualificarsi come imprenditore ai sensi dell’art. 2082 c.c.
Per quanto concerne l’ulteriore profilo dell’allocazione del rischio, se è pur vero che anche il lavoratore autonomo impiegato con contratto d’opera sopporta un certo margine di rischio legato ad esempio alla variabilità del costo dei mezzi strettamente strumentali da lui utilizzati per l’esecuzione delle prestazioni, nel caso dell’impresa-appaltatore rileva il rischio del conseguimento del risultato nei confronti del committente in termini collegati alla rilevanza dell’organizzazione dei mezzi di produzione.
In considerazione di quanto premesso, tenendo conto della lettura combinata dell’art. 1655 cod.civ. che definisce il contratto di appalto, e dell’art. 2222 cod.civ., dedicato al contratto d’opera (tenuto anche conto delle esclusioni e dei rinvii di cui all’art. 2238 cod.civ.), ai fini di cui all’art. 105 del codice appalti, la distinzione tra attività commesse in regime di subappalto e prestazioni affidate a prestatori d’opera andrà risolta, caso per caso, in base alla rilevanza della organizzazione del collaboratore, individuandosi una prestazione d’opera nei casi in cui quest’ultimo esegue attività per la quale è essenziale la propria esperienza e qualità soggettiva; mentre, dovrà concludersi in ordine alla presenza di una collaborazione in termini di subappalto in presenza di una ‘organizzazione dei mezzi necessari’, non piccola, né meramente ausiliaria, che condiziona la prestazione in termini di essenzialità.
Nel caso all’odierno esame del Collegio è dunque necessario valutare se gli operatori esterni che la controinteressata ha documentato di essere stata in grado di reperire nel triennio, abbiano agito quali imprenditori o come elementi inseriti nell’organizzazione dell’aggiudicataria.
Il contratto – tipo depositato dalla controinteressata nel procedimento di gara, anche prescindendo dal nomen iuris attribuitogli dalle parti (che, comunque, corrisponde al contenuto), si configura effettivamente come un contratto d’opera, avendo ad oggetto un’attività da svolgere personalmente (art. 3), in maniera pienamente auto-organizzata (salvi i soli orari che sono, però, definitori della commessa e non criteri di organizzazione della prestazione) con criteri prestazionali e remuneratori (calibrati peraltro sulla base di una prestazione oraria fissa, si veda l’art. 6, e senza doveri di esclusività) strutturati in maniera da dover essere assolti personalmente dal prestatore, con propri mezzi, senza soggiacere a poteri di tipo organizzativo esterni (né della Cooperativa committente, né di terzi).
24.3. L’appellante e -OMISSIS- citano, a sostegno delle proprie tesi, il precedente di questa Sezione nel quale è stato affermato che, laddove privo del requisito di gara, il concorrente è tenuto a dare espressa indicazione della volontà di ricorrere a subappalto per qualificarsi: viene così in rilievo una specifica dichiarazione che non coincide con quella generale inerente l’intenzione di subappaltare una parte dei lavori, servizi o forniture (Consiglio di Stato, Sez. V, 13 agosto 2020, n. 5030).
24.4. Si tratta di precedente del tutto conferente cui vanno aggiunte alcune considerazioni. Questa Sezione ha già esaminato vicende analoghe – in cui, cioè, l’operatore economico non aveva dichiarato di voler ricorrere al subappalto c.d. necessario per acquisire requisiti tecnico – professionali non posseduti, e ha espresso un chiaro convincimento: il concorrente non è tenuto a indicare il nominativo del subappaltatore già in sede di offerta, ma è tenuto senz’altro a dichiarare la volontà di ricorrere al subappalto per supplire al requisito di qualificazione mancante. Detto più chiaramente, l’operatore economico deve dichiarare sin dalla domanda di partecipazione la volontà di avvalersi del subappalto c.d. necessario (in tal senso, Consiglio di Stato, Sez. V, 1° luglio 2022, n. 5491, ove è ben evidenziata la diversità di presupposti e di funzioni delle due dichiarazioni, di ricorrere al subappalto facoltativo oppure a quello necessario, in quanto “…nella dichiarazione di subappalto “necessario” viene in rilievo non una mera esternazione di volontà dell’operatore economico quale è la dichiarazione di subappalto “facoltativo”, bensì una delle modalità di attestazione del possesso di un requisito di partecipazione, che non tollera di suo il ricorso a formule generiche o comunque predisposte ad altri fini, pena la violazione dei principi di par condicio e di trasparenza che permeano le gare pubbliche”; cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. V, 31 marzo 2022, n. 2365 e, ancora più recentemente, Consiglio di Stato, Sez. V, 29 dicembre 2022, n. 11596).
24.5. La parabola argomentativa del primo Giudice si scontra con tre dati inequivocabili:
a) l’attestazione SOA in categoria OG3 posseduta dalla SIG S.p.A. non va a coprire la quota di esecuzione dell’11% dell’appalto assunta dalla mandante in sede di partecipazione alla gara;
b) il principio volto a garantire la più ampia partecipazione alle gare non agisce “in astratto”, ma esso, nella sua concreta attuazione, non può che riferirsi ad imprese che – per serietà ed affidabilità tecnico-professionale (appunto validate dal possesso dei requisiti) – sono potenzialmente idonee ad assumere il ruolo di contraenti con gli operatori economici pubblici (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 27 marzo 2019, n. 6);
c) la mancata dichiarazione del concorrente partecipante ad una procedura di evidenza pubblica, della volontà di far ricorso al subappalto c.d. necessario, non può essere oggetto di soccorso istruttorio, una volta che la stazione appaltante abbia accertato la carenza dei requisiti di partecipazione coerenti con la percentuale di lavori che l’impresa si è impegnata a realizzare (Consiglio di Stato, Sez. V, 29 dicembre 2022, n. 11596).
Quanto alla prima censura, va preliminarmente evidenziato come l’art. 105 d.lgs. n. 50/2016 prevede che “il contratto non può essere ceduto, non può essere affidata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera”.
Coerentemente a queste limitazioni, la disposizione ammette la possibilità di prevedere il subappalto, purché esso verta su “parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”, escludendo, dunque, che si possa subappaltare la totalità delle prestazioni oggetto dell’appalto e ammettendo che esso vi sia, purché vi sia l’indicazione nei documenti di gara delle prestazioni o delle lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’aggiudicatario.
In materia di subappalto, va poi rilevato che la Corte di Giustizia, sez. V, 27 novembre 2019, causa C-402/18, ha avuto modo di affermare che “la direttiva 2004/18 dev’essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che limita al 30% la quota parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”, il che può ritenersi rilevante anche con riferimento alla nuova Direttiva, in assenza di indicazioni normative di segno contrario.
Così riassunta la disciplina di riferimento, il Collegio rileva che la prima censura formulata nel terzo motivo di appello è infondata. Come statuito dal T.a.r. il quadro normativo sovranazionale e nazionale non consente di individuare dei limiti al conferimento in subappalto di una parte delle prestazioni contrattuali, che non siano quelli innanzi indicati e che, nel caso in esame, non risultano violati. La stazione appaltante ha, infatti, limitato il ricorso al sub appalto ad alcune delle prestazioni contrattuali, quelle definite secondarie, prevedendo, invece, che altre, quelle definite principali, vengano eseguite dall’aggiudicatario. Laddove sussistano prestazioni che, per mero errore la stazione appaltante non abbia riservato all’aggiudicatario, esse potranno essere oggetto di subappalto.
Risulta dunque indimostrato quanto affermato dall’appellante e cioè che la previsione della possibilità di subappaltare svierebbe la finalità per la quale l’appalto è stato riservato.
Un ulteriore argomento di carattere sistematico, a conferma della motivazione della sentenza di primo grado, si trae dalla medesima formulazione testuale dell’art. 112 d.lgs. n. 50/2016 (e, dunque, dell’art. 20 della Direttiva), che prevede la possibilità, per la stazione appaltante, di prevedere una riserva di esecuzione dell’appalto a favore degli operatori economici che impiegano manodopera costituita da lavoratori svantaggiati.
5.1. I contratti di avvalimento stipulati rientravano nella tipologia dell’avvalimento c.d. operativo poiché le ausiliarie si impegnavano a prestare requisiti di capacità tecnico – professionale (giurisprudenza costante, cfr. per tutte Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2020, n. 6932; V, 21 febbraio 2020, n. 1330).
E’ noto che, secondo orientamento ormai consolidato in giurisprudenza, a seconda che si tratti di avvalimento c.d. garanzia ovvero di avvalimento c.d. tecnico o operativo, diverso è il contenuto necessario del contratto concluso tra l’operatore economico concorrente e l’ausiliaria; in particolare, solo in caso di avvalimento c.d. tecnico operativo sussiste sempre l’esigenza della concreta messa a disposizione di mezzi e risorse specifiche, e specificamente indicate nel contratto, indispensabili per l’esecuzione dell’appalto che l’ausiliaria ponga a disposizione del concorrente (cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 ottobre 2021, n. 6619; V, 21 luglio 2021, n. 5485; V, 12 febbraio 2020, n. 1120 e le sentenze ivi richiamate; le ragioni alla base del predetto orientamento giurisprudenziale sono in Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giuris., 19 luglio 2021, n.722); solo così sarà rispettata la regola posta dall’art. 89, comma 1, secondo periodo, d.lgs. n. 50 del 2016 nella parte in cui commina la nullità all’omessa specificazione dei requisiti e delle risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria.
E’ altrettanto noto il principio (ex multis, cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 luglio 2021, n. 5464; III, 4 gennaio 2021, n. 68, ma fissato dall’Adunanza plenaria nella sentenza del 14 novembre 2016, n. 23) secondo cui l’indagine in ordine agli elementi essenziali dell’avvalimento c.d. operativo deve essere svolta sulla base delle generali regole sull’ermeneutica contrattuale e in particolare secondo i canoni enunciati dal codice civile di interpretazione complessiva e secondo buona fede delle clausole contrattuali (artt. 1363 e 1367 cod. civ.).
Il contratto di avvalimento non deve quindi necessariamente spingersi, ad esempio, sino alla rigida quantificazione dei mezzi d’opera, all’esatta indicazione delle qualifiche del personale messo a disposizione ovvero alla indicazione numerica dello stesso personale. Tuttavia, l’assetto negoziale deve consentire quantomeno “l’individuazione delle esatte funzioni che l’impresa ausiliaria andrà a svolgere, direttamente o in ausilio all’impresa ausiliata, e i parametri cui rapportare le risorse messe a disposizione” (Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 2017, n. 3682); deve cioè prevedere, da un lato, la messa a disposizione di personale qualificato, specificando se per la diretta esecuzione del servizio o per la formazione del personale dipendente dell’impresa ausiliata, dall’altro i criteri per la quantificazione delle risorse e/o dei mezzi forniti (cfr. Cons. Stato, sez. III, 30 giugno 2021, n. 4935).
5.2. Dai contratti di avvalimento stipulati da -Omissis- s.r.l. si evince chiaramente che il concorrente intendeva avvalersi di altra impresa per l’integrale esecuzione di una fase della lavorazione delle sciarpe oggetto della fornitura e precisamente della -Omissis- s.p.a. per la fase di produzione del tessuto (“tessitura”) e della -Omissis- s.r.l. per la fase di taglio e confezionamento. Con questo non si determinava la conclusione di un contratto di subappalto, anzichè di un contratto di avvalimento, poiché, come noto, nel subappalto il terzo contraente assume l’incarico di eseguire una parte della prestazione promessa dall’appaltatore all’amministrazione, laddove, invece, nel caso in esame, è solo una fase della quale si compone la prestazione che è demandata all’ausiliaria, con la conseguenza che è solamente l’impresa avvalente che rimane la controparte contrattuale della stazione appaltante, mentre l’ausiliaria si limita a mettere a disposizione le risorse e i mezzi di cui l’ausiliaria è carente per l’esecuzione della particolare fase della lavorazione fermo restando la responsabilità solidale nei confronti dell’amministrazione aggiudicatrice (cfr. per vicenda analoga, Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1330 e le sentenze ivi richiamate, in precedenza per ampie riflessioni sul tema cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 maggio 2014, n. 2675).
5.3. Il passaggio successivo è il seguente: se è vero che alle ausiliarie era demandata l’esecuzione di un’intera fase della lavorazione necessaria per il confezionamento dei beni oggetto di fornitura, è evidente per logica, oltre che ricavabile dal contenuto complessivo del contratto stipulato, che le ausiliarie avrebbe impegnato in siffatta lavorazione l’intera loro azienda; in definitiva, cioè, quel che veniva posta a disposizione dell’operatore economico concorrente era l’intero complesso aziendale dell’ausiliaria che si sarebbe integrato con quello dell’impresa avvalente per la realizzazione del prodotto oggetto della commessa.
Si tratta, in sostanza, di una di quelle fattispecie (cui può essere assimilato, tra gli altri, quello dell’avvalimento di una attestazione SOA) in cui l’avvalimento implica l’acquisizione della concreta disponibilità dell’intero complesso produttivo del soggetto avvalso o di parte di questo; tale risultato si potrebbe ottenere con un contratto di affitto di azienda o di ramo di azienda, ma la peculiarità di questa modalità di collaborazione tra imprese, che fa transitare l’avvalimento nell’aticipità o, come altri dice, nella transitipicità, sta nel fatto che non si verifica il trasferimento definitivo dell’azienda, ma solo, appunto, una sua temporanea e parziale messa a disposizione per la singola gara e per il tempo necessario all’esecuzione del contratto d’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2018, n. 1698).
5.4. In questi casi è rispettato l’onere di specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione di cui all’art. 89, comma 1, ult. per. d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 se nelle clausole contrattuali risultino chiaramente indicati gli obblighi assunti dalle imprese contraenti tra loro e nei confronti della stazione appaltante, e l’elencazione delle risorse umane (senza che sia necessaria una loro indicazione nominativa o anche solo per qualifiche possedute) come pure dei mezzi tecnici di cui si compone il complesso aziendale dell’ausiliaria serve solamente a dimostrare la consistenza effettiva dell’azienda oggetto del prestito (cfr. in questa ottica Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2021, n. 1514); in quanto tale, peraltro, ricavabile anche da documentazione allegata al contratto, e non necessariamente inserita nelle clausole contrattuali, dimodoché per la sua carenza possa dirsi indeterminato il contenuto del contratto.
A differenza di quanto avviene nel caso di avvalimento che abbia ad oggetto un singolo elemento della produzione, infatti, si realizza qui una forma di collaborazione tra due imprese mediante l’integrazione dei complessi aziendali di ciascuna nell’ambito dell’unitario processo produttivo del bene oggetto di fornitura.
Se è vero, allora, che la necessità della dettagliata elencazione delle risorse messe a disposizione (e dei requisiti forniti) è richiesta dal legislatore per evitare che il contratto di avvalimento si risolva in una “scatola vuota” ossia in un trasferimento documentale cui non corrisponde un reale intervento dell’ausiliario nella esecuzione dell’appalto, qui è da escludere in partenza che la collaborazione sia fittizia o che il prestito sia meramente cartolare, poichè le parti stesse hanno dichiarato, l’una, di non avere la capacità tecnica di eseguire una fase della lavorazione (e per questo di avvalersi dell’altra) e l’altra la disponibilità ad eseguirla.
5.5. Alla luce delle esposte considerazioni, si può giungere alla conclusione del ragionamento: contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, i contratti di avvalimento conclusi da -Omissis- s.r.l., erano validi e non nulli perché il loro oggetto era determinato per aver le parti contraenti chiaramente esposto che il personale tecnico – produttivo e i macchinari e le attrezzature dell’ausiliaria sarebbe stato impiegato a favore dell’ausiliata nell’esecuzione di quella fase della lavorazione che quest’ultima non era in grado di eseguire (decisivo appare il contenuto dell’art. 2 dei contratti, già precedentemente riportato).
L’elencazione del numero dei dipendenti impiegati (come la loro ripartizione in relazione alle diverse sotto-fasi dalla lavorazione), unitamente all’elenco dei macchinari era a conferma della capacità dell’ausiliaria di portare a compimento l’impegno assunto.
Il divieto generalizzato di subappalto è contrario ai principi europei che regolano gli appalti pubblici (CGUE, Sez. V, 26 settembre 2019, in causa C-63/18; Id., 27 novembre 2019, in casusa C-402/18; in termini Cons. Stato, Sez. V, 16 gennaio 2020, n. 389), anche quando si tratti di appalti sotto soglia (CGUE, Sez. V, 5 aprile 2017, in causa C‑298/15), a meno che si sia in presenza di casi specifici, con riferimento a determinate tipologie di appalto, in cui può essere giustificato un limite percentuale all’esperibilità del subappalto in relazione alla natura particolare delle prestazioni da svolgere (TAR Toscana, Sez. II, 9 luglio 2020 n. 898 e TAR Catanzaro, 22.11.2021 n. 2068).
Codice identificativo: 1032 Data ricezione: 09/09/2021
Argomento: Subappalto
Oggetto: Subappalto – quota residua
Quesito:
Chiedo se sia possibile recuperare la quota parte di un subappalto non utilizzata quando il subappaltatore abbia eseguito lavori ad es. per l’importo di € 7.000 anziché € 10.000 come indicato nella richiesta di subappalto e nella relativa autorizzazione della Stazione Appaltante. Più precisamente, chiedo se i € 3000 restanti possano essere utilizzati sempre dall’appaltatore per altre richieste di subappalto oppure se occorra previamente inviare alla Stazione Appaltante la comunicazione di variazione in diminuzione dell’importo del subappalto entro i termini di scadenza del contratto di subappalto. Grazie e saluti
Risposta:
Con riferimento a quanto richiesto, si rappresenta che la quota restante potrà essere utilizzata dall’appaltatore per eseguire direttamente oppure potrà essere subaffidata/subappaltata. Ad ogni modo, la variazione dovrà essere comunicata alla SA e, in caso di subappalto, dovrà essere autorizzata.
Si rileva, in particolare che, sulla scorta di quanto affermato dall’Adunanza Plenaria con le decisioni nr. 7 e 8 del 2020, deve ritenersi certamente sussistente a carico dell’operatore economico l’obbligo di indicare separatamente nell’offerta proposta i costi della manodopera; nelle citate sentenze si è infatti osservato: “Occorre sottolineare che la questione centrale della vicenda, ossia la possibilità di omettere l’indicazione separata dei costi della manodopera, è stata l’oggetto del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE. La soluzione del quesito interpretativo è stata poi data, in altra vicenda, dalla sentenza della Nona Sezione, 2 maggio 2019, causa C-309/18 […].
La stessa decisione della Corte è stata peraltro già impiegata come canone interpretativo per la soluzione di analoghe vicende, sia dalle Sezioni di questo Consiglio di Stato (si veda Cons. Stato, V, 24 gennaio 2020, n. 604; id., V, 10 febbraio 2020 n. 1008) che dal giudice di prime cure (T.A.R. Lazio, 14 febbraio 2020 n. 1994, data nel giudizio che aveva originato quella rimessione alla CGUE).
In queste occasioni, affermata la dichiarata compatibilità con il diritto europeo degli automatismi espulsivi conseguenti al mancato rispetto delle previsioni di cui all’art. 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici, le questioni residue sono state rivolte unicamente a delineare la portata dell’eccezione alla regola dell’esclusione automatica, collegata all’accertamento in fatto della possibilità di indicare le voci stesse nei modelli predisposti dall’amministrazione”. Occorre, dunque, domandarsi se l’obbligo di indicazione separata dei costi della manodopera debba intendersi come riferito anche ai costi legati al personale impiegato dall’eventuale azienda subappaltatrice. Il Collegio ritiene che al quesito debba darsi, necessariamente, risposta positiva, poiché una diversa soluzione finirebbe con il consentire un’agevole elusione della norma in considerazione, e della ratio di tutela che la ispira. In senso conforme, del resto, si è espressa in diverse occasioni la giurisprudenza che ha, sul punto, osservato: “(…) Non può opporsi che l’obbligo di indicazione del costo della manodopera sarebbe limitato a quella proprio dell’offerente con esclusione di quello sostenuto dall’eventuale subappaltatore. In quanto finalizzata a consentire la verifica del rispetto dei minimi salariali la previsione (articolo 95, comma 10, D.Lgs. n. 50/2016) non può che essere estesa a tutti i costi che l’offerente, direttamente o indirettamente, sostiene per adempiere alle obbligazioni contrattualmente assunte. La norma, invero, si presterebbe a facili elusioni, se si consentisse di scorporare dal costo totale della manodopera il costo sostenuto dai subappaltatori (cfr. TAR Milano, 06.11.2018 n. 2515); e ancora: “Il concorrente che intenda avvalersi del subappalto ha l’onere di rendere puntualmente edotta l’amministrazione dell’effettivo costo del personale fornitogli dal subappaltatore, al fine di consentirle un effettivo controllo della sostenibilità economica dell’offerta” (cfr. Cons. St., Sez. V, 8 marzo 2018, n. 1500; Tar Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 7 ottobre 2020, n. 348).
13.1. – Nell’interpretazione dell’art. 105, comma 3, lett. c-bis), cit. (secondo cui «non si configurano come attività affidate in subappalto […] le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto») si è affermato in giurisprudenza che le prestazioni oggetto di siffatti contratti sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico e non invece direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto (cfr. Cons. di Stato, V, 27 dicembre 2018, n. 7256; si veda anche Cons. St., V, 22 aprile 2020, n. 2553). È stato altresì affermato che «l’istituto de quo, proprio perché si configura come derogatorio rispetto alla generale disciplina del subappalto, è evidentemente ancorato ai medesimi presupposti applicativi, a cominciare dalla determinazione contenutistica della prestazione eseguibile mediante il ricorso all’impresa “convenzionata”» (in tal senso Cons. di Stato, III, 18 luglio 2019, n. 5068). In questa prospettiva il difetto di qualsiasi elemento della fattispecie descritta all’art. 105, comma 3, lett. c-bis), comporterebbe l’applicazione integrale della disciplina sul subappalto; e in particolare di quanto previsto dall’art. 105, comma 4, lett. c) (secondo cui «i soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché (…) all’atto dell’offerta siano stato indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare»). 13.2. – Tuttavia l’impostazione del problema in termini di deroga della norma sui contratti continuativi di cooperazione rispetto alla disciplina del subappalto non tiene conto della differenza specifica che intercorre tra i due tipi di contratti, che emerge anche dalle norme sopra richiamate. L’art. 105, comma 3, cit., non può essere configurato come una norma derogatoria del subappalto posto che essa muove dalla considerazione della specificità di determinate categorie di forniture e di servizi e, sulla base della natura peculiare di dette prestazioni (e della diversità del regolamento contrattuale in termini di rapporti tra le parti del contratto e di rapporti con l’amministrazione appaltante), giunge alla conclusione che i contratti continuativi di cooperazione non sono contratti di subappalto (l’incipit dell’art. 105, comma 3, cit. fornisce un’univoca indicazione testuale in tal senso: «Le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto […]»). La norma sui contratti di cooperazione delimita i confini rispetto alla nozione di subappalto applicabile nella disciplina sui contratti pubblici ma non è una norma derogatoria del regime sul subappalto (né di natura eccezionale). 13.3. – La distinzione tra le due figure contrattuali, come ben rilevato anche dalla giurisprudenza sopra richiamata, si fonda non solo, come si è veduto, sulla specificità delle prestazioni, ma anche sulla diversità degli effetti giuridici dei due tipi di contratto. Le prestazioni alla base dei due contratti sono infatti dirette a destinatari diversi: nel caso del subappalto, il subappaltatore esegue direttamente parte delle prestazioni del contratto stipulato con l’amministrazione, sostituendosi all’affidatario; nell’altro caso, le prestazioni sono rese in favore dell’aggiudicatario che le riceve, inserendole nell’organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all’amministrazione appaltante. Nel subappalto vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; mentre nel contratto di cooperazione la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore. I due contratti sono quindi diversi quantomeno sul piano funzionale. 13.4. – La disciplina in tema di subappalto non è quindi immediatamente estendibile, se non si dimostri che il contratto continuativo di cooperazione costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto (il che, nella concreta fattispecie, non risulta; e nemmeno nel ricorso in primo grado si sostiene questo). In particolare, detta disciplina non è automaticamente applicabile nel caso in cui il contratto di cooperazione sia stato stipulato dopo l’indizione della gara (purché prima della stipula del contratto d’appalto), elemento introdotto per evidenti finalità antielusive della disciplina del subappalto, ma che non incide sulla natura del contratto e delle prestazioni.
Pertanto, per quel che rileva nel caso di specie, ferma la diversità funzionale tra i due contratti, non si giustifica l’applicazione della norma che impone all’operatore economico di dichiarare all’atto dell’offerta le parti dei lavori, dei servizi o delle forniture che intende subappaltare (art. 105, comma 4). Per un verso, infatti, proprio per la diversa natura giuridica dei due rapporti, l’operazione ermeneutica si tradurrebbe in un’inammissibile estensione analogica della norma sul subappalto. Per altro verso, finirebbe per l’integrare una causa di esclusione dalla procedura di gara non prevista dalla legge e quindi in contrasto col principio di tassatività cristallizzato nell’art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici.
“Con il quinto motivo riproposto, le società deducono la violazione dell’art. 105 del Codice dei contratti pubblici, in quanto la quota del servizio che -Omissis- intende subappaltare eccede il limite del 30% fissato dalla norma citata. Il motivo è infondato, posto che la norma del codice dei contratti pubblici che pone limiti al subappalto deve essere disapplicata in quanto incompatibile con l’ordinamento euro-unitario, come affermato dalla Corte di Giustizia (Corte di Giustizia U.E., Sezione Quinta, 26 settembre 2019, C-63/18; Id., 27 novembre 2019, C-402/18; in termini Cons. St., V, 16 gennaio 2020, n. 389, che ha puntualmente rilevato come «i limiti ad esso relativi (30% per cento “dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”, secondo la formulazione del comma 2 della disposizione richiamata applicabile ratione temporis, […] deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea»).” (Consiglio di Stato, sez. V, 17.12.2020 n. 8101).
Indicazioni in merito all’articolo 105, comma 13, lettera a) del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 in materia di pagamento diretto al subappaltatore che rivesta la qualifica di micro o piccola impresa
L’articolo 105, comma 13, del codice dei contratti pubblici prevede che «La stazione appaltante corrisponde direttamente al subappaltatore, al cottimista, al prestatore di servizi ed al fornitore di beni o lavori, l’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite nei seguenti casi: a) quando il subappaltatore o il cottimista è una microimpresa o piccola impresa; b) in caso di inadempimento da parte dell’appaltatore; c) su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo consente».
La norma si prefigge lo scopo di agevolare la partecipazione alle gare delle micro e piccole imprese e il soddisfacimento dei crediti dalle stesse maturati, ponendole al riparo dal rischio dell’inadempimento o del ritardo nell’adempimento da parte dell’appaltatore.
Nell’esercizio delle attività istituzionali di competenza, l’Autorità ha ricevuto segnalazioni in merito ad alcune criticità emerse nell’applicazione del dettato normativo in esame, che rischiano di pregiudicare il rapido soddisfacimento dei crediti del subappaltatore, minando la stabilità finanziaria delle imprese. In particolare, è emerso che la previsione in esame, se da un lato sottrae le micro e piccole imprese dal rischio di insolvenza dell’appaltatore, dall’altro le espone ai ritardi della stazione appaltante nell’emissione dei SAL e nell’esecuzione dei pagamenti, compromettendo, di fatto, l’efficacia del meccanismo di tutela approntato dal legislatore.
Al fine di risolvere dette criticità e, al contempo, favorire la corretta ed omogenea applicazione delle disposizioni vigenti, l’Autorità ritiene utile fornire le seguenti indicazioni, ai sensi dell’articolo 213, comma 2, del codice dei contratti pubblici. Il citato articolo 105, comma 13, lettera a) del codice dei contratti pubblici prevede l’obbligo, a carico delle stazioni appaltanti, di provvedere al pagamento diretto nei confronti del subappaltatore, cottimista, fornitore o prestatore di servizi che rivesta la qualifica di micro o piccola impresa.
Tale previsione fa sorgere un obbligo di natura vincolante, in capo alle stazioni appaltanti, ed un diritto potestativo in capo alle piccole e medie imprese, con la conseguenza che, mentre alle prime è preclusa la possibilità di determinarsi in senso contrario, le seconde possono liberamente rinunciare al beneficio, in quanto previsto nel loro esclusivo interesse.
Ciò posto, si ritiene che i subappaltatori o subcontraenti che rivestano la qualifica di micro e piccole imprese abbiano la facoltà di rinunciare al pagamento diretto delle prestazioni da parte della stazione appaltante, a condizione che detta rinuncia, per esigenze di certezza del diritto, sia manifestata per iscritto e subordinata alla preventiva accettazione da parte della stazione appaltante.
A tal fine, si ritiene che la rinuncia potrebbe essere espressa nell’ambito di una specifica clausola inserita nel contratto di subappalto.
Nel caso di inadempimento dell’appaltatore agli obblighi assunti nei confronti del subappaltatore o subcontraente, resta in ogni caso salva l’applicazione della previsione generale contenuta nel citato articolo 105, comma 13, lettera c) del codice dei contratti pubblici, con conseguente ripristino del pagamento diretto a cura della stazione appaltante.
L’Autorità ritiene utile, inoltre, – al fine di agevolare il soddisfacimento dei crediti maturati dalle micro e piccole imprese che abbiano rinunciato al pagamento diretto da parte delle stazioni appaltanti – fornire gli ulteriori seguenti chiarimenti.
È facoltà delle parti prevedere, nel contratto di subappalto o nel sub-contratto, che l’appaltatore proceda al pagamento delle spettanze dovute al subappaltatore / fornitore dietro presentazione di fattura, anche a prescindere dall’adozione del SAL da parte della stazione appaltante.
Tale conclusione si giustifica in considerazione dell’assoluta autonomia del contratto di appalto rispetto ai contratti derivati e della natura privatistica del rapporto intercorrente tra l’appaltatore e il subappaltatore / fornitore, da cui si desume l’applicabilità, allo stesso, delle sole previsioni contrattuali.
In ogni caso, la stazione appaltante procede al pagamento del corrispettivo in favore dell’appaltatore soltanto all’esito del completamento dell’iter procedurale di verifica dell’avanzamento dei lavori oggetto dell’appalto, in ottemperanza a quanto stabilito dall’articolo 113-bis, del codice dei contratti pubblici. Le indicazioni contenute nel presente Comunicato sono fornite nelle more dell’adozione del Regolamento unico di cui all’articolo 216, comma 27-octies, del codice dei contratti pubblici.
[abstract] “Considerata la giurisprudenza euro-unitaria intervenuta sul punto, l’Autorità ritiene opportuna una modifica normativa volta a: (i) eliminare la previsione generale e astratta di una soglia massima di affidamento subappaltabile; (ii) prevedere l’obbligo in capo agli offerenti, che intendano ricorrere al subappalto, di indicare in sede di gara la tipologìa e la quota parte di lavori in subappalto, oltre all’identità dei subappaltatori; (iii) consentire alle stazioni appaltanti di introdurre, tenuto conto dello specifico contesto di gara, eventuali limiti all’utilizzo del subappalto che siano proporzionati rispetto agli obiettivi di interesse generale da perseguite e adeguatamente motivati in considerazione della struttura del mercato interessato, della natura delle prestazioni o dell’identità dei subappaltatori”.
In una recente controversia innanzi al Consiglio di Stato avverso il provvedimento di aggiudicazione di un appalto, l’appellante ha sostenuto, tra le altre censure, che nessuna valutazione era stata svolta dalla Stazione Appaltante in merito alla congruità dei costi delle prestazioni dedotte in subappalto, “dandosi per buona l’affermazione secondo cui le sub-forniture dei materiali e dei dispositivi avverrebbero a prezzi eccezionalmente favorevoli perché garantite da impresa collegata a quella aggiudicataria dell’appalto”. Tuttavia, a dimostrazione della eccezionalità di tali costi non era stata effettuata alcuna allegazione di contratti, preventivi, fatture o altre pezze giustificative. In senso contrario, ad integrazione di quanto osservato dal giudice di primo grado, la parte appellata ha eccepito che la stipula dei contratti con i subappaltatori è destinata a perfezionarsi solo a seguito dell’aggiudicazione definitiva e della necessaria autorizzazione della Stazione Appaltante: il che rende inesigibile una produzione ante litteram (in sede di offerta o di sua giustificazione) della relativa documentazione. Di contro, a termini di legge di gara “non sussisteva obbligo alcuno di allegazione e produzione delle proposte dei subappaltatori, così come alcuna richiesta in tal senso è mai pervenuta da parte della Stazione Appaltante, in linea con quanto previsto dall’art. 105 d.lgs. 50/2016. L’argomentazione fa il paio con quella spesa dal giudice di primo grado nel senso che il riferimento a «prezzi particolarmente favorevoli» per gli acquisti dall’azienda subappaltatrice è spiegato, in maniera del tutto plausibile, con l’appartenenza delle due società al medesimo gruppo”. Il Consiglio di Stato ha ritienuto la censura fondata con la seguente motivazione. “La circostanza addotta a comprova della suddetta economia di spesa (l’appartenenza delle due società al medesimo gruppo) offre un dato in sé apprezzabile, ma non sufficiente a superare l’assenza di ulteriori elementi di riscontro. D’altra parte, la tempistica di formalizzazione del subappalto, se certamente non ammette una impropria anticipazione del vincolo negoziale, al contempo non osta all’allegazione di preventivi o di offerte provenienti dagli operatori economici destinati all’incarico di subappalto. Quantomeno su questa prima documentazione (in astratto suscettibile di ulteriore e documentata verifica di congruità, mediante riscontro dei giustificativi allegati dal subappaltatore – si veda Cons. Stato, sez. V, n. 4537/2018) è dunque opportuno svolgere la verifica di sostenibilità dei costi, onde scongiurare un effetto di sostanziale trasferimento sul subappaltatore dell’anomalia dell’offerta (Cons. Stato, sez. V, n. 3341/2017 e n. 6329/2014). Nel caso di specie non è contestato che alcun preventivo dei subappaltatori è stato versato nel corso del procedimento, il che rende il riferimento astratto alle condizioni economiche da questi praticate del tutto inidoneo a comprovare in parte qua la congruità dell’offerta. I giustificativi non forniscono sul punto indicazioni utili, sicché il richiamo agli stessi da parte del giudice di primo grado appare tautologico e non risolutivo“.
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