23. A conclusioni diverse, invece, deve giungersi con riferimento alla sanzione pecuniaria comminata dall’ANAC alla ricorrente, ai sensi dell’art. 213, comma 13, d.lgs. n. 50/2016, la cui irrogazione appare legittima nonostante la dichiarazione non veritiera sia risultata «ininfluente ai fini dell’attestazione di qualificazione».
Se è noto, infatti, che la summenzionata disposizione conferisce ad ANAC il potere di sanzionare gli operatori economici che «forniscono agli organismi di attestazione, dati o documenti non veritieri circa il possesso dei requisiti di qualificazione», è ragionevole ritenere che il potere sanzionatorio previsto dalla stessa prescinda da ogni valutazione in ordine alla rilevanza del falso nel procedimento di qualificazione (richiesta invece dall’art. 84, comma 4-bis, d.lgs. n. 50/2016 per la sanzione interdittiva).
Ciò non solo in ragione dell’appena richiamato diverso tenore letterale tra le due fattispecie sanzionatorie ma, più in generale, alla luce della complessiva finalità del sistema di sanzioni pecuniarie previsto dall’art. 213, comma 13, d.lgs. n 50/2016, che – tenuto conto delle fattispecie sanzionate – appare orientato a promuovere una condotta corretta da parte degli operatori economici, a tutela del buon andamento delle operazioni connesse alla stipula dei contratti pubblici (bene giuridico che è sempre inficiato dalla produzione di documenti falsi, anche solo in termini di aggravio e rallentamento del procedimento, a prescindere dalla loro irrilevanza).
In quest’ottica, è ragionevole ritenere che l’ANAC possa irrogare la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 213, comma 13, d.lgs. n. 50/2016 a tutti gli operatori che forniscono agli organismi di attestazione, dati o documenti non veritieri in ordine al possesso dei requisiti di qualificazione (ovvero nell’ambito del procedimento finalizzato alla loro verifica), e ciò anche quando i documenti falsi si siano rivelati del tutto ininfluenti ai fini della qualificazione (ovvero anche quando l’operatore economico avrebbe potuto non produrre tali documenti all’organismo di attestazione).
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Soccorso istruttorio – Rifiuto – Sanzione pecuniaria – Esclusione – Natura interpretativa, non innovativa, del nuovo Codice (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)
Consiglio di Stato, sez. V, 16.01.2017 n. 92
Sulla disciplina contenuta negli art.38 comma 2 bis e 46 comma 1 ter del d.lgs. 12 aprile n.163, con riferimento all’aspetto oggetto della presente controversia, è intervenuto il legislatore innovandone il contenuto con l’art. 83 comma 9 del d.lvo 18 aprile 2016 n.50, ove si prevede che “la sanzione è dovuta esclusivamente in caso di regolarizzazione”, escludendo con ciò la previgente disciplina del citato art. 38 comma 2.
Questo Collegio ritiene, pur consapevole del diverso avviso espresso da questa Sezione ( v.sent.n. 3667 del 22 agosto 2016), che, nonostante la portata apparentemente innovativa, la disposizione in esame abbia carattere interpretativo e consenta, quindi, di orientare una corretta esegesi in merito alla portata e il contenuto della disciplina pregressa. L’assunto è corroborato dall’identità della disposizione rispetto alla precedente formulazione, con eccezione del solo inciso virgolettato; e, ancor più, dalla circostanza che, nel silenzio della precedente disposizione sul punto, si erano delineati contrasti interpretativi, dei quali la stessa sentenza di primo grado dà conto citando la determinazione dell’ANAC n.1 dell’8.1.2015, favorevole a una soluzione che escludesse l’applicazione della sanzione in assenza di richiesta di ammissione alla gara. Va rimarcato che la soluzione prescelta- che anche con riferimento al quadro normativo pregresso considera il pagamento pecuniario non alla stregua di sanzione automatica, ma quale onere per la riammissione previa integrazione – è in linea con il principio di proporzionalità, in quanto evita l’applicazione di una misura volta a colpire, anche in assenza di colpa, la mera condotta violativa di obblighi formali e documentali.
Soccorso istruttorio – Rifiuto – Sanzione pecuniaria – Esclusione – Differenza con la pregressa disciplina (Art. 38 e 46 d.lgs. n. 163/2006 – Art. 83 d.lgs. n. 50/20106)
Consiglio di Stato, sez. V, 22.08.2016, n. 3667
L’introduzione (ad opera del d.-l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114) dell’art. 38, comma 2-bis, nel Codice dei contratti pubblici, con la sanzione pecuniaria proporzionale per il caso di mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2, ha inteso prevenire, nella fase del controllo delle dichiarazioni e, quindi, dell’ammissione alla gara delle offerte presentate, il fenomeno delle esclusioni dalla procedura causate da mere carenze documentali; e ha «in tal caso» (cioè: di fronte alla semplice mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale di cui sopra) imposto uno spedito sub-procedimento – il “soccorso istruttorio” -ordinato alla produzione, integrazione o regolarizzazione delle dichiarazioni necessarie, e ha previsto l’esclusione solamente quale conseguenza dell’inosservanza, da parte dell’impresa concorrente, dell’obbligo di integrazione documentale entro il termine perentorio accordato, a tale fine,dalla stazione appaltante. Corollario di tale innovazione è una sostanziale dequalificazione, in principio, delle “irregolarità” dichiarative da cause escludenti a carenze regolarizzabili.
In tale contesto, ad evitare l’abuso del ricorso al soccorso istruttorio e il conseguente aggravamento complessivo delle procedure, si pone a contrappeso la previsione della speciale sanzione pecuniaria: scopo di questa misura è dunque l’assicurare la serietà e la completezza originaria delle offerte, e il responsabilizzarea questi fini i partecipanti alla gara.
Detta sanzione, come si evince dalla lettera della disposizione («la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara …»), colpisce dunque il semplice fatto dell’aver presentato una dichiarazione difettosa: resta irrilevante il fatto che l’omissione venga poi sanata dall’impresa interessata o che questa, benché richiestane, rinunzi a regolarizzarla. La norma a questi fini nulla dice riguardo alla condotta successiva dell’offerente, sia in punto di avvenuta regolarizzazione, sia in punto di abbandono della gara mediante il comportamento concludente della non risposta alla richiesta di regolarizzazione: sicché si deve rilevare che per la sanzione pecuniaria la legge non contempla una causa estintiva successiva. La sanzione insomma non è alternativa o sostitutiva alla esclusioneper insufficiente regolarizzazione o all’abbandono volontario della gara.
L’esclusione dalla gara è altra cosa rispetto alla sanzione, la cui fattispecie costitutiva è ormai già perfetta, ed è la conseguenza procedimentale della mancata corrispondenza al soccorso istruttorio. Nel sistema del comma 2-bis, l’irregolarità essenziale porta di suo all’applicazione della sanzione pecuniaria. Rispetto alla sanzione resta così ultroneo il diverso profilo funzionale del determinare l’avvio del procedimento di soccorso istruttorio. L’esclusione dalla gara si colloca in una successiva fase procedimentale, quale esito della mancata o insoddisfacente risposta al soccorso istruttorio, e risulta pertantodistinta, strutturalmente e funzionalmente, dalla sanzione pecuniaria, che è conseguenzadel mero inadempimento iniziale (in termini Cons. Stato, VI, 27 novembre 2014, n. 5890). Così, l’abbandono volontario della gara determina l’esclusione, ma non influisce sulla già consumata fattispecie da sanzionare.
La distinzione tra le due fattispecie è in qualche misura confermata dalla disposizione contenuta nel terzo periodo del comma 2-bis, la quale, per l’ipotesi di “irregolarità non essenziali”, prevede che la stazione appaltante non ne richieda la regolarizzazione, né applichi la sanzione, evidenziando come il soccorso istruttorio e la sanzione pecuniaria si pongano su due piani diversi, seppure originanti da un unico fatto.
2.1.- Queste considerazioni di base non consentono di attribuire rilievo a quanto allegato dall’appellante circa il fatto che nel caso di specie la sanzione è stata comminata per una mera incompletezza documentale.
Infatti la norma, in modo non irragionevole ove si consideri la ratio che la permea, non gradua le varie ipotesi di irregolarità essenziale.
Piuttosto, va qui rilevato che la sanzione pecuniaria ed il soccorso istruttorio hanno fatto seguito a una precedente esclusione non contestata da C., la quale non ha dunque indotto la stazione appaltante ad un aggravamento del procedimento di verifica della regolarità e completezza della documentazione.
Neppure tale circostanza, per quanto possa essere suscettibile di una qualche valutazione quanto a correttezza e buona fede della società, è idonea a rendere illegittimo l’impugnato provvedimento, espressione di un riesame in autotutela da parte della stazione appaltante, comportante un regresso del procedimento alla fase di valutazione dell’offerta, disposta in difformità di quanto previsto dalla disciplina vigente.
Se non è pertanto ravvisabile un’applicazione della sanzione pecuniaria non proporzionata, tanto meno è rinvenibile una violazione dell’art. 46, comma 1, del Codice dei contratti pubblici, disposizione inapplicabile alla vicenda amministrativa in esame, cui è invece riferibile il successivo comma 1-ter, in combinato disposto con l’art. 38, comma 2-bis, dello stesso Codice.
2.2. – Anche il quarto motivo di appello, con cui si deduce la violazione dell’art. 59, par. 4, e dell’art. 56, par. 3, della direttiva n. 2014/24/UE, disposizioni che non condizionano il soccorso istruttorio al pagamento di una sanzione pecuniaria, ma solamente al rispetto del principio di parità di trattamento e di trasparenza, non merita condivisione.
Infatti l’interpretazione della norma di diritto interno seguita dalla sentenza appellata non contrasta con le invocate disposizioni del diritto europeo, le quali non precludono una onerosità dell’accesso al soccorso istruttorio, così da rimettere tale scelta, ovviamente nei limiti della congruità, al legislatore nazionale.
Conseguentemente non si evidenziano quei dubbi interpretativi, che imporrebbero al giudice nazionale di ultima istanza di disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea ai sensi dell’art. 267 del T.F.U.E.-Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
3. – Le considerazioni che precedono inducono il Collegio a ritenere condivisibile il ragionamento della sentenza appellata.
Ove occorra, si deve considerare che, trattandosi di sanzione pecuniaria infraprocedimentale che fa sistema con la disciplina del procedimento definita dal d.lgs. n. 163 del 2006,il principio di irretroattività della nuova legge impedisce di dar rilievo alla circostanza che il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 preveda, all’art. 83, comma 9, che «la sanzione è dovuta esclusivamente in caso di regolarizzazione»: l’art. 38, comma 2-bis, del d.lgs n. 163 del 2006, resta cioè applicabile ratione temporis. Il sistema della nuova disciplina, (che muove dal criterio direttivo indicatodall’art. 1, lett. z), della legge di delega 28 gennaio 2016, n. 11, che attribuisce ai partecipanti alla gara la piena possibilità di integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento di natura formale della domanda) è innovativamente incentrato sul concetto di sanatoria conseguente al soccorso istruttorio e non separa il momento procedimentale da quello sanzionatorio.
Soccorso istruttorio – Pagamento della sanzione – Confronto tra vecchia e nuova disciplina (Art. 46 , d.lgs. n. 163/2006 – Art. 83 d.lgs. n. 50/2016)
TAR Milano, 14.07.2016 n. 1423
Il collegio, dopo un’approfondita delibazione degli atti della controversia, ritiene di aderire al maggioritario orientamento formatosi in relazione all’interpretazione dell’art. 38, comma 2-bis, del d.lgs. n. 163/2006, come inserito dall’art. 39, comma 1, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, testo non più in vigore, ma applicabile alla fattispecie in questione, che così recitava: “La mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara (…)”.
Ed invero, secondo tale maggioritario orientamento giurisprudenziale: “In primo luogo, soccorre l’argomento testuale. Il comma 2 bis dell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, infatti, chiarisce che è la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale nelle dichiarazioni sostitutive volte ad accertare i requisiti di partecipazione alle procedure di gara, in sé per sé considerate, ad obbligare il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara.
Qualora l’irregolarità in cui è incorso il concorrente sia essenziale, infatti, la disposizione prevede, da un lato, il pagamento della sanzione pecuniaria nell’importo stabilito dal bando di gara e garantito dalla cauzione provvisoria, dall’altro, che la stazione appaltante assegni al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Se poi il termine decorre inutilmente, senza che il concorrente provveda alla regolarizzazione o integrazione richiesta, questi verrà altresì escluso dalla procedura di gara.
In conclusione, appare evidente dalla lettera della disposizione che l’essenzialità dell’irregolarità determina in sé per sé l’obbligo del concorrente di pagare la sanzione pecuniaria prevista dal bando, a prescindere dalla circostanza che questi aderisca o meno all’invito, che la stazione appaltante deve necessariamente fargli, di sanare detta irregolarità.
Solamente quando l’irregolarità non è essenziale, il concorrente non è tenuto al pagamento della sanzione pecuniaria e la stazione appaltante al soccorso istruttorio.
L’esclusione, invece, è una conseguenza sanzionatoria diversa e in parte autonoma da quella pecuniaria, nel senso che il concorrente vi incorrerà solamente in caso di mancata ottemperanza all’invito alla regolarizzazione da parte della stazione appaltante.
In secondo luogo, ritiene il Collegio che questa lettura ermeneutica sia avvalorata dalla ratio della disposizione esaminata, la quale, come si è detto, è da ravvisare, indubbiamente, nell’esigenza di superare le incertezze interpretative e applicative del combinato disposto degli artt. 38 e 46 del d.lgs. n. 163 del 2006, mediante la procedimentalizzazione del potere di soccorso istruttorio, che è diventato doveroso per ogni ipotesi di mancanza o di irregolarità delle dichiarazioni sostitutive, anche “essenziale”.
Il legislatore, insomma, ha voluto evitare, nella fase del controllo delle dichiarazioni e, quindi, dell’ammissione alla gara delle offerte presentate, esclusioni dalla procedura per mere carenze documentali, imponendo un’istruttoria veloce, preordinata ad acquisire la completezza delle dichiarazioni, e autorizzando la sanzione espulsiva solo quale conseguenza dell’inosservanza, da parte dell’impresa concorrente, all’obbligo di integrazione documentale entro il termine perentorio accordato, a tal fine, dalla stazione appaltante.
In tal modo, si è proceduto alla dequalificazione delle irregolarità dichiarative da fattori escludenti a carenze regolarizzabili.
Proprio per questo – e in particolare per garantire la serietà delle offerte presentate, per favorire la responsabilizzazione dei concorrenti, per evitare spreco di risorse – il nuovo comma 2 bis dell’art. 38 citato ha introdotto una sanzione pecuniaria, che non è alternativa e sostitutiva rispetto all’esclusione, ma colpisce l’irregolarità essenziale, in sé per sé considerata, indipendentemente dal fatto che essa venga successivamente sanata o meno dall’impresa interessata (in tal senso si veda anche la relazione del Procuratore Generale della Corte dei Conti all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2015, secondo cui appunto “la sanzione è dovuta anche ove il concorrente decida di non rispondere all’invito a regolarizzare”).
L’introduzione della sanzione pecuniaria, in caso di irregolarità essenziali nelle dichiarazioni sostitutive, quindi, contribuisce a garantire la celere e sicura verifica del possesso dei requisiti di partecipazione in capo ai concorrenti, in un’ottica di buon andamento ed economicità dell’azione amministrativa, a cui devono concorrere anche i partecipanti alla gara, in ossequio ai principi di leale cooperazione, di correttezza e di buona fede.
L’esclusione, invece, consegue all’effettiva mancanza dei requisiti di partecipazione o, comunque, alla mancata regolarizzazione e integrazione delle dichiarazioni carenti” (TAR Abruzzo, 25 novembre 2015, n. 784).
In relazione al paventato contrasto della norma con il diritto comunitario, deve precisarsi che, sul punto, l’ANAC era intervenuta con la delibera n. 1 dell’8 gennaio 2015, fornendo un’interpretazione difforme rispetto a quella appena descritta. Come chiarito dal suo Presidente con il successivo comunicato del 23 marzo 2015 affrontando nuovamente “il tema del giusto raccordo tra l’affermazione contenuta nella determinazione n. 1/2015, secondo cui “la sanzione individuata negli atti di gara sarà comminata nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi del nuovo soccorso istruttorio” e la lettera dell’art. 38, comma 2-bis, d.lgs. 163/2006, laddove questo prevede che l’operatore economico “è obbligato” al pagamento della sanzione”, la lettura interpretativa fornita dalla determinazione n 1 del 2015 “si è imposta come doverosa sia per evitare eccessive ed immotivate vessazioni delle imprese sia in ossequio al principio di primazia del diritto comunitario, che impone di interpretare la normativa interna in modo conforme a quella comunitaria anche in corso di recepimento. La direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, infatti, prevede all’art. 59, paragrafo 4, secondo capoverso, la possibilità di integrare o chiarire i certificati presentati relativi al possesso sia dei requisiti generali sia di quelli speciali, senza il pagamento di alcuna sanzione”.
Ed invero, né al considerando n. 84, secondo cui: “l’offerente al quale è stato deciso di aggiudicare l’appalto dovrebbe tuttavia essere tenuto a fornire le prove pertinenti e le amministrazioni aggiudicatrici non dovrebbero concludere appalti con offerenti che non sono in grado di produrre le suddette prove. Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche avere la facoltà di richiedere in qualsiasi momento tutti i documenti complementari o parte di essi se ritengono che ciò sia necessario per il buon andamento della procedura”, né all’art. 56, comma 3, secondo il quale: “Se le informazioni o la documentazione che gli operatori economici devono presentare sono o sembrano essere incomplete o non corrette, o se mancano documenti specifici, le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere, salvo disposizione contraria del diritto nazionale che attua la presente direttiva, agli operatori economici interessati di presentare, integrare, chiarire o completare le informazioni o la documentazione in questione entro un termine adeguato, a condizione che tale richiesta sia effettuata nella piena osservanza dei principi di parità di trattamento e trasparenza”, né, infine, all’art. 59, comma 4, secondo cui: “l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere a offerenti e candidati, in qualsiasi momento nel corso della procedura, di presentare tutti i documenti complementari o parte di essi, qualora questo sia necessario per assicurare il corretto svolgimento della procedura”, la direttiva 2014/24/UE subordina l’esercizio del soccorso istruttorio al pagamento di una sanzione pecuniaria, ma solamente all’osservanza dei principi di parità di trattamento e trasparenza. Introdurre un tale obbligo significherebbe, dunque, violare il divieto di “gold plating”, stabilito dall’art. 1 della legge 28 gennaio 2016, n. 11 tra i criteri e principi direttivi per l’attuazione delle deleghe in materia di attuazione delle direttive europee sui contratti e sulle concessioni pubbliche, che impone il divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli imposti dalle direttive europee da recepire.
Il collegio ritiene, tuttavia, che tale contrasto non potesse ancora ravvisarsi al momento degli accadimenti di cui è causa, atteso che la direttiva 2014/24/UE, adottata il 26 febbraio 2014 e secondo quanto disposto dall’art. 92, entrata in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, avvenuta il 17.4.2014, doveva essere recepita negli ordinamenti interni, ai sensi dell’art. 90 della medesima direttiva, entro il 18 aprile 2016.
Come chiarito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, sez. III, 25 novembre 2015, n. 5359; sez. V, 11 settembre 2015, n. 4253; sez. VI, 26 maggio 2015, n. 2660) la stessa, non rivestendo la qualifica di “self executing”, non poteva trovare applicazione diretta nell’ordinamento giuridico.
Pur essendo dotata di giuridica rilevanza, essa non avrebbe potuto, dunque, imporre un vincolo di interpretazione conforme del diritto nazionale tale da stravolgerne il significato letterale.
Deve osservarsi, invero, che il nuovo codice degli appalti (d.lgs. n. 50/2016), adottato in attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonche’ per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, e pubblicato in Gazz. Uff., S.O., 19 aprile 2016, n. 91, prevede, ora, all’art. 83, comma 9, che: “Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarita’ essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta tecnica ed economica, obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 5.000 euro. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perche’ siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere, da presentare contestualmente al documento comprovante l’avvenuto pagamento della sanzione, a pena di esclusione. La sanzione e’ dovuta esclusivamente in caso di regolarizzazione. Nei casi di irregolarita’ formali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non essenziali, la stazione appaltante ne richiede comunque la regolarizzazione con la procedura di cui al periodo precedente, ma non applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente e’ escluso dalla gara. Costituiscono irregolarita’ essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”.
La nuova disciplina del soccorso istruttorio in materia di appalti pubblici risulta, dunque, emendata proprio nel senso di non prevedere più l’obbligo del pagamento della sanzione nel caso di mancata regolarizzazione. In tale parte, quindi, la norma risulta del tutto conforme alla direttiva succitata.
Tale testo normativo non può, peraltro, ricevere applicazione nella fattispecie all’esame del collegio, atteso che la procedura concorsuale in questione è stata bandita prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016.
Soccorso istruttorio: l’applicazione della sanzione pecuniaria dipende dall’interesse del concorrente a restare in gara?
Soccorso istruttorio: l’applicazione della sanzione dipende dall’interesse del concorrente a restare in gara? Secondo una recente pronuncia la norma di cui all’art. 38, c.2bis, Dlgs. 163/2006, come già evidenziato, prevede nel primo periodo che “la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale … obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento…” palesando in tal modo la volontà del legislatore di ricollegare l’effetto sanzionatorio alla sola incompletezza documentale senza subordinarlo a successive valutazioni della concorrente in ordine alla persistenza di un proprio eventuale interesse a permanere in gara. Diversamente opinando ne risulterebbe svilita la funzione della norma che, come correttamente eccepito dalla resistente, persegue, altresì, l’obiettivo di indurre i concorrenti alla presentazione di offerte serie e ponderate evitando inutili aggravi procedimentali. (TAR Parma, 29.02.2016 n. 66)
Soccorso istruttorio: la sanzione pecuniaria ex art. 38 va sempre pagata? E’ possibile per la Stazione Appaltante richiedere il pagamento dopo aver riammesso un concorrente escluso? Cosa si intende per irregolarità essenziale?
Soccorso istruttorio: la sanzione pecuniaria ex art. 38 va sempre pagata?
La Giurisprudenza amministrativa ha recentemente ritenuto “di dover aderire all’orientamento interpretativo secondo cui la sanzione di cui agli artt. 38, comma 2 bis, e 46, comma 1 ter, del d.lgs. n. 163 del 2006 possa essere applicata non solo quando il concorrente che sia incorso in un’irregolarità essenziale decida di avvalersi del soccorso istruttorio, integrando o regolarizzando la dichiarazione resa, ma anche nell’ipotesi in cui questi, non avvalendosi del soccorso istruttorio, venga escluso dalla procedura di gara“.
Il Collegio ha dichiarato di essere “consapevole che l’Anac ha adottato una diversa lettura ermeneutica, rilevando che “La sanzione individuata negli atti di gara sarà comminata nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi del nuovo soccorso istruttorio; essa è correlata alla sanatoria di tutte le irregolarità riscontrate e deve pertanto essere considerata in maniera onnicomprensiva. (…) In caso di mancata regolarizzazione degli elementi essenziali carenti, invece, la stazione appaltante procederà all’esclusione del concorrente dalla gara. Per tale ipotesi la stazione appaltante dovrà espressamente prevedere nel bando che si proceda, altresì, all’incameramento della cauzione esclusivamente nell’ipotesi in cui la mancata integrazione dipenda da una carenza del requisito dichiarato. All’incameramento, in ogni caso, non si dovrà procedere per il caso in cui il concorrente decida semplicemente di non avvalersi del soccorso istruttorio” (in senso adesivo, si veda l’ordinanza cautelare del Tar Emilia-Romagna, Parma, n. 142 del 2015).
Tuttavia, il Tribunale ritiene di non poter condividere questa soluzione interpretativa per le seguenti ragioni.
In primo luogo, soccorre l’argomento testuale. Il comma 2 bis dell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, infatti, chiarisce che è la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale nelle dichiarazioni sostitutive volte ad accertare i requisiti di partecipazione alle procedure di gara, in sé per sé considerate, ad obbligare il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara.
Qualora l’irregolarità in cui è incorso il concorrente sia essenziale, infatti, la disposizione prevede, da un lato, il pagamento della sanzione pecuniaria nell’importo stabilito dal bando di gara e garantito dalla cauzione provvisoria, dall’altro, che la stazione appaltante assegni al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Se poi il termine decorre inutilmente, senza che il concorrente provveda alla regolarizzazione o integrazione richiesta, questi verrà altresì escluso dalla procedura di gara.
In conclusione, appare evidente dalla lettera della disposizione che l’essenzialità dell’irregolarità determina in sé per sé l’obbligo del concorrente di pagare la sanzione pecuniaria prevista dal bando, a prescindere dalla circostanza che questi aderisca o meno all’invito, che la stazione appaltante deve necessariamente fargli, di sanare detta irregolarità.
Solamente quando l’irregolarità non è essenziale, il concorrente non è tenuto al pagamento della sanzione pecuniaria e la stazione appaltante al soccorso istruttorio.
L’esclusione, invece, è una conseguenza sanzionatoria diversa e in parte autonoma da quella pecuniaria, nel senso che il concorrente vi incorrerà solamente in caso di mancata ottemperanza all’invito alla regolarizzazione da parte della stazione appaltante.
In secondo luogo, ritiene il Collegio che questa lettura ermeneutica sia avvalorata dalla ratio della disposizione esaminata, la quale, come si è detto, è da ravvisare, indubbiamente, nell’esigenza di superare le incertezze interpretative e applicative del combinato disposto degli artt. 38 e 46 del d.lgs. n. 163 del 2006, mediante la procedimentalizzazione del potere di soccorso istruttorio, che è diventato doveroso per ogni ipotesi di mancanza o di irregolarità delle dichiarazioni sostitutive, anche “essenziale”.
Il legislatore, insomma, ha voluto evitare, nella fase del controllo delle dichiarazioni e, quindi, dell’ammissione alla gara delle offerte presentate, esclusioni dalla procedura per mere carenze documentali, imponendo un’istruttoria veloce, preordinata ad acquisire la completezza delle dichiarazioni, e autorizzando la sanzione espulsiva solo quale conseguenza dell’inosservanza, da parte dell’impresa concorrente, all’obbligo di integrazione documentale entro il termine perentorio accordato, a tal fine, dalla stazione appaltante.
In tal modo, si è proceduto alla dequalificazione delle irregolarità dichiarative da fattori escludenti a carenze regolarizzabili.
Proprio per questo – e in particolare per garantire la serietà delle offerte presentate, per favorire la responsabilizzazione dei concorrenti, per evitare spreco di risorse – il nuovo comma 2 bis dell’art. 38 citato ha introdotto una sanzione pecuniaria, che non è alternativa e sostitutiva rispetto all’esclusione, ma colpisce l’irregolarità essenziale, in sé per sé considerata, indipendentemente dal fatto che essa venga successivamente sanata o meno dall’impresa interessata (in tal senso si veda anche la relazione del Procuratore Generale della Corte dei Conti alla’inaugurazione dell’anno giudiziario 2015, secondo cui appunto “la sanzione è dovuta anche ove il concorrente decida di non rispondere all’invito a regolarizzare”).
L’introduzione della sanzione pecuniaria, in caso di irregolarità essenziali nelle dichiarazioni sostitutive, quindi, contribuisce a garantire la celere e sicura verifica del possesso dei requisiti di partecipazione in capo ai concorrenti, in un’ottica di buon andamento ed economicità dell’azione amministrativa, a cui devono concorrere anche i partecipanti alla gara, in ossequio ai principi di leale cooperazione, di correttezza e di buona fede.
L’esclusione, invece, consegue all’effettiva mancanza dei requisiti di partecipazione o, comunque, alla mancata regolarizzazione e integrazione delle dichiarazioni carenti.
Il Tribunale osserva, infine, che da ultimo l’Anac, con il comunicato del 23.3.2015, ha nuovamente “affrontato il tema del giusto raccordo tra l’affermazione contenuta nella determinazione n. 1/2015, secondo cui “la sanzione individuata negli atti di gara sarà comminata nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi del nuovo soccorso istruttorio” e la lettera dell’art. 38, comma 2-bis, d.lgs. 163/2006, laddove questo prevede che l’operatore economico “è obbligato” al pagamento della sanzione”. Nel richiamato comunicato, il Presidente dell’Anac ha chiarito che la lettura interpretativa fornita dalla determinazione n 1 del 2015 “si è imposta come doverosa sia per evitare eccessive ed immotivate vessazioni delle imprese sia in ossequio al principio di primazia del diritto comunitario, che impone di interpretare la normativa interna in modo conforme a quella comunitaria anche in corso di recepimento. La direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, infatti, prevede all’art. 59, paragrafo 4, secondo capoverso, la possibilità di integrare o chiarire i certificati presentati relativi al possesso sia dei requisiti generali sia di quelli speciali, senza il pagamento di alcuna sanzione”.
In proposito, rileva il Collegio che nessun contrasto è ravvisabile tra la lettura interpretativa dell’art. 38, comma 2 bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, secondo cui la sanzione ivi prevista è dovuta in caso di irregolarità essenziali ancorchè l’impresa concorrente non intenda avvalersi del soccorso istruttorio della stazione appaltante, e la direttiva 2014/24/UE, la quale è stata adotta il 26.2.2014 e secondo quanto disposto dall’art. 92 è entrata in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, avvenuta il 17.4.2014. Ancorché il termine di recepimento previsto dall’art. 90 della medesima direttiva (il 18.4.2016) non sia ancora scaduto ed essa non sia self executing, infatti, la direttiva in esame, pur non potendo trovare applicazione diretta nell’ordinamento giuridico, ha comunque una rilevanza giuridica, imponendo quantomeno un vincolo di interpretazione conforme del diritto nazionale.
Nel caso di specie, il considerando n. 84 prevede che “l’offerente al quale è stato deciso di aggiudicare l’appalto dovrebbe tuttavia essere tenuto a fornire le prove pertinenti e le amministrazioni aggiudicatrici non dovrebbero concludere appalti con offerenti che non sono in grado di produrre le suddette prove. Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche avere la facoltà di richiedere in qualsiasi momento tutti i documenti complementari o parte di essi se ritengono che ciò sia necessario per il buon andamento della procedura”.
L’art. 56 della direttiva, rubricato “Principi generali”, poi, al comma 3, stabilisce che “Se le informazioni o la documentazione che gli operatori economici devono presentare sono o sembrano essere incomplete o non corrette, o se mancano documenti specifici, le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere, salvo disposizione contraria del diritto nazionale che attua la presente direttiva, agli operatori economici interessati di presentare, integrare, chiarire o completare le informazioni o la documentazione in questione entro un termine adeguato, a condizione che tale richiesta sia effettuata nella piena osservanza dei principi di parità di trattamento e trasparenza”.
Infine, l’art. 59, rubricato “Documento di gara unico europeo”, prevede, al comma 4, che “l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere a offerenti e candidati, in qualsiasi momento nel corso della procedura, di presentare tutti i documenti complementari o parte di essi, qualora questo sia necessario per assicurare il corretto svolgimento della procedura”.
In conclusione, la direttiva 2014/24/UE prevede, da un lato, la facoltà della stazione appaltante di richiedere, in qualsiasi momento della procedura di gara, tutti i documenti complementari o parte di essi ritenuti necessari e, dall’altro, la facoltà di effettuare il soccorso istruttorio, invitando gli operatori economici partecipanti alla procedura a presentare, integrare o completare le dichiarazioni e le produzioni effettuate entro un congruo termine. Tuttavia, la direttiva in esame, ancorchè non subordini l’esercizio di detta facoltà al pagamento di una sanzione pecuniaria, ma solamente all’osservanza dei principi di parità di trattamento e trasparenza, non esclude né bandisce come illegittima detta possibilità.
La lettura interpretativa dell’art. 38, comma 2 bis, citato nel senso prospettato dalla società ricorrente – che peraltro come si è visto sarebbe contraria alla lettera della disposizione normativa stessa – quindi, non può giustificarsi neanche alla luce del vincolo interpretativo derivante appunto dal diritto dell’Unione europea.
Alla luce delle considerazioni svolte … ben ha fatto la stazione appaltante ad esigere il pagamento della sanzione di cui al comma 2 bis dell’art. 38 citato, indipendentemente della volontà, manifestata dalla società concorrente, di non aderire al soccorso istruttorio.E’ possibile per la Stazione Appaltante richidere il pagamento dopo aver riammesso un concorrente escluso?
Ritiene il TAR che correttamente la Stazione Appaltante ha incamerato la cauzione provvisoria a titolo di pagamento della sanzione in questione, pur avendo già escluso la società ricorrente. Infatti, “resasi conto dell’applicabilità della disposizione citata, con l’atto gravato, la Stazione Appaltante ha deciso di rivedere il proprio provvedimento di esclusione, concedendo alla società concorrente il termine di 10 giorni per l’integrazione del presunto requisito di capacità tecnica mancante. Peraltro, la nota gravata, nell’irrogare la sanzione di cui agli artt. 38, comma 2 bis, e 46, comma 1 ter, del d.lgs. n. 163 del 2006, ha chiarito che, in caso di esito positivo del soccorso istruttorio, avrebbe rivisto il provvedimento di esclusione e riammesso in gara la società concorrente”.Cosa si intende per irregolarità essenziale?
Il medesimo Collegio si è posto un secondo problema interpretativo relativo all’art. 38, comma 2 bis, citato, volto a chiarire cosa debba intendersi per “irregolarità essenziale”.
In proposito, “l’art. 38, comma 2 bis, del d.lgs. n. 163 del 2015 non specifica alcunché in ordine al concetto di essenzialità delle irregolarità, lasciando alle singole stazioni appaltanti il compito di individuare i casi nei quali è consentita la produzione, l’integrazione e la regolarizzazione degli elementi e delle dichiarazioni di cui all’art. 38, commi 1 e 2, ovvero degli altri requisiti di partecipazione ai sensi dell’estensione operata dal comma 1 ter dell’art. 46, secondo cui “le disposizioni di cui all’articolo 38, comma 2-bis, si applicano a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara”.
Come chiarito dall’Anac nella determinazione n. 1 del 2015, “è ragionevole ritenere che, con la nozione di irregolarità essenziale, il legislatore abbia voluto riferirsi ad ogni irregolarità nella redazione della dichiarazione, oltre all’omissione e all’incompletezza, che non consenta alla stazione appaltante di individuare con chiarezza il soggetto ed il contenuto della dichiarazione stessa, ai fini dell’individuazione dei singoli requisiti di ordine generale che devono essere posseduti dal concorrente e, in alcuni casi, per esso dai soggetti specificamente indicati dallo stesso art. 38, comma 1, del Codice. Tale interpretazione si desume, oltre che dalla ratio sottesa alla norma – che, peraltro, nel prevedere una specifica sanzione pecuniaria, intende realizzare l’obiettivo di evitare che a fronte della generale sanabilità delle carenze e delle omissioni, gli operatori siano indotti a produrre dichiarazioni da cui non si evinca il reale possesso dei singoli requisiti generali e l’esatta individuazione dei soggetti che devono possederli – anche da un dato testuale della medesima, che assume maggior pregnanza da una lettura sistematica dei primi due periodi del citato comma 2-bis. Infatti, nel secondo periodo della norma appena richiamata è espressamente stabilito che nei casi di irregolarità essenziale «la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere». L’espresso riferimento al contenuto delle dichiarazioni ed ai soggetti che le devono prestare, rende palese l’intento del legislatore di estendere l’applicazione della norma a tutte le carenze – in termini di omissioni, incompletezze e irregolarità – riferite agli elementi ed alle dichiarazioni di cui all’art. 38 nonché agli aspetti relativi all’identificazione dei centri di imputabilità delle dichiarazioni stesse”.
Per quanto attiene al contenuto – chiarisce l’Anac – “eventuali irregolarità nella relativa dichiarazione devono ritenersi essenziali in quanto incidenti sull’individuazione del requisito in capo all’impresa stessa (ovvero ai soggetti operanti al suo interno). (…) In sintesi le carenze essenziali riguardano l’impossibilità di stabilire se il singolo requisito contemplato dal comma 1 dell’art. 38 sia posseduto o meno e da quali soggetti (indicati dallo stesso articolo”. Ciò che si verifica nei casi in cui, tra l’altro, la dichiarazione sussista, ma dalla medesima non si evinca se il requisito di partecipazione (sia esso di natura generale o di natura speciale) sia posseduto o meno.
Il Collegio ritiene di poter condividere questa interpretazione, con la conseguenza che, nel caso di specie, in cui la dichiarazione relativa al possesso del requisito di capacità tecnica da parte dei progettisti incaricati era stata resa, ma da essa non emergeva la sussistenza di detto requisito in capo ad uno di essi, in quanto la qualificazione era stata riferita a categorie di lavori diverse da quelle indicate nel bando, l’irregolarità in cui era incorsa la società concorrente è stata correttamente qualificata essenziale. Dalla dichiarazione resa, infatti, non si evinceva la sussistenza del requisito richiesto, ossia la qualificazione per tutte le categorie di lavorazione previste dal bando.
La circostanza che detto requisito fosse in realtà posseduto, dedotta dalla società ricorrente, è dunque priva di rilievo, sia perché la sanzione pecuniaria mira proprio a colpire la dichiarazione incompleta e irregolare, sia perché altrimenti il soccorso istruttorio non sarebbe stato neanche possibile e la società non avrebbe potuto essere riammessa in gara”.TAR L’Aquila, 25.11.2015 n. 784
(sentenza integrale)