Consiglio di Stato, sez. V, 24.09.2018 n. 5500
La Sezione con la sentenza 11 giugno 2018, n. 3592, pur applicata con riferimento all’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016, ma esplicante principi applicabili a maggior ragione nel sistema antecedente, ha affermato che sussiste in capo alla stazione appaltante un potere di apprezzamento discrezionale in ordine alla sussistenza dei requisiti di “integrità o affidabilità” dei concorrenti: costoro, al fine di rendere possibile il corretto esercizio di tale potere, sono tenuti a dichiarare qualunque circostanza che possa ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all’Amministrazione; deve inoltre ritenersi che le condotte significative ai fini di una possibile esclusione non siano solo quelle poste in essere nell’ambito della gara all’interno della quale la valutazione di “integrità o affidabilità” dev’essere compiuta, ma anche quelle estranee a detta procedura.
Da ciò discende che l’odierna appellante era tenuta a dichiarare le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne avevano causato la risoluzione anticipata, rientrando nell’ambito dell’obbligo dichiarativo di cui si discute tutti gli eventi che, benché oggetto di contestazione ed ancora sub iudice, avessero dato corso ad azioni di risoluzione contrattuale ovvero ad azioni risarcitorie ad iniziativa del committente pubblico, in ragione della (valutata) commissione di gravi errori nell’esecuzione dell’attività professionale. (…)
La tematica, infatti, esprime gli immanenti principi di lealtà e affidabilità e professionale dell’aspirante contraente che presiedono in genere ai contratti e in specifico modo – per ragioni inerenti alle finalità pubbliche dell’appalto e dunque a tutela di economia e qualità della realizzazione – alla formazione dei contratti pubblici e agli inerenti rapporti con la stazione appaltante. Non si rilevano validi motivi per non effettuare una tale dichiarazione, posto che spetta comunque all’amministrazione la valutazione dell’errore grave che può essere accertato con qualunque mezzo di prova (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 26.07.2016 n. 3375).
Il concorrente è perciò tenuto a segnalare tutti i fatti della propria vita professionale potenzialmente rilevanti per il giudizio della stazione appaltante in ordine alla sua affidabilità quale futuro contraente, a prescindere da considerazioni su fondatezza, gravità e pertinenza di tali episodi.
La dichiarazione mendace su di un requisito di importanza vitale (fusione societaria, ndr) non può che comportare l’esclusione della concorrente, la quale, celando un importante precedente sui gravi illeciti professionali, si è così posta al di fuori della disciplina della gara, non consentendo alla stazione appaltante potesse svolgere un vaglio adeguato e a tutto campo.
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Socio di maggioranza persona giuridica: su chi ricade l’obbligo di rendere le dichiarazioni in ordine ai requisiti?
In caso di partecipazione alla gara di una società, il cui socio di maggioranza sia costituito da una persona giuridica, le dichiarazioni in ordine al possesso dei requisiti ed ai motivi di esclusione di cui all’art. 80 d.lgs. n. 50/2016, dovranno essere rese anche dai soggetti muniti di poteri di rappresentanza e direzione tecnica del socio persona giuridica, oltre a quelli della società medesima.
La garanzia di moralità del concorrente che partecipa a un appalto pubblico non può limitarsi al socio persona fisica, ma deve interessare anche il socio persona giuridica per il quale il controllo ha più ragione di essere, trattandosi di società collegate in cui potrebbero annidarsi fenomeni di irregolarità elusive degli obiettivi di trasparenza perseguiti. Se lo spirito del Codice dei contratti pubblici è improntato ad assicurare legalità e trasparenza nei procedimenti degli appalti pubblici, occorre garantire l’integrità morale del concorrente sia se persona fisica che persona giuridica.
Il dato testuale della norma indica che, con riferimento al “socio di maggioranza”, il legislatore non ha incluso alcuna specificazione in relazione alla natura giuridica del socio, con la conseguenza che si avvalora l’opzione ermeneutica per la quale l’espressione testuale vale tanto per la persona fisica, quanto per la persona giuridica, in conformità ad un approccio sostanzialistico alla normativa che attribuisce rilievo ai requisiti di moralità di tutti i soggetti che condizionano la volontà degli operatori che stipulano contratti con la pubblica amministrazione, a prescindere dalla circostanza che siano persone fisiche o giuridiche, in ossequio ai principi di lealtà, correttezza, trasparenza e buona amministrazione.
Sotto questo profilo, ad orientare l’interprete, non deve esser sottovalutato l’argomento antielusivo, atteso che la locuzione “socio di maggioranza” è riferibile anche al socio di maggioranza persona giuridica e non solo persona fisica, per evitare la facile elusione della disciplina legislativa, facile elusione a maggior ragione prospettabile nella specie in cui il socio di maggioranza ha pressoché la totalità delle quote dell’offerente.
Peraltro, a sostegno della tesi sopraindicata milita il contenuto dell’art. 45 della Direttiva 2004/18/CE. Tale norma, infatti, nell’imporre l’esclusione dalla partecipazione agli appalti pubblici del candidato o dell’offerente che abbia riportato condanne per talune ipotesi di reato, dispone: “in funzione del diritto nazionale dello Stato membro in cui sono stabiliti i candidati o gli offerenti, le richieste riguarderanno le persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi, se del caso, i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell’offerente”.
Pertanto, non solo il diritto dell’Unione non osta alla verifica della sussistenza dei requisiti morali rispetto alle persone giuridiche e non solo alle persone fisiche, ma impone di effettuare il controllo ne confronti di ogni soggetto che, nella sostanza, “eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell’offerente”.
In caso contrario, verrebbe violato il principio della par condicio dei concorrenti in quanto una società concorrente con socio unico o socio di maggioranza che sia persona fisica sarebbe soggetto alla dichiarazione e non invece un concorrente che sia persona giuridica (sul punto, Consiglio di Stato, sez. V, 23.06.2016 n. 2813).
La mancata dichiarazione da parte di tali soggetti, inoltre, è passibile di essere sanzionata con l’esclusione dalla gara, non essendo sanabile mediante soccorso istruttorioPer completezza va ricordata anche parte della giurisprudenza che aveva invece valorizzato il dato testuale del riferimento espresso al “socio unico persona fisica”, estendendolo anche al “socio di maggioranza” in ragione della comune ratio sottesa alle due fattispecie; secondo tale orientamento sarebbe irragionevole estendere l’obbligo delle dichiarazioni al caso del socio di maggioranza persona giuridica (recte, ai soggetti investiti dei relativi poteri gestori e rappresentativi) quando la norma, per il caso di socio unico, lo richiede per la sola persona fisica (così TAR Salerno, n. 1029/2016; v. inoltre TAR Friuli Venezia Giulia, n. 345/2016; CGA Regione Siciliana, n. 179/2016; Cons. Stato, n. 303/2015; TAR Palermo, 05.11.2015, n. 2849).
Omessa dichiarazione di reati ostativi – Non costituisce falsa dichiarazione – Soccorso istruttorio: ammissibilità – Effetto estintivo del reato – Opera automaticamente (art. 80 , art. 83 d.lgs. n. 50/2016)
Consiglio di Stato, sez. V, 21.08.2017 n. 4048
L’omessa presentazione in gara della dichiarazione sostitutiva in ordine all’assenza dei reati ostativi alla stipulazione del contratto, lungi dal rappresentare una ‘falsa dichiarazione’ (di per sé idonea a giustificare l’esclusione del concorrente dalla gara), si configura come “mancanza di una dichiarazione sostitutiva”, in quanto tale certamente ammissibile al soccorso istruttorio. Al contrario la richiamata omissione non è riconducibile alla nozione di “incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, [di] difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali” (ipotesi in cui la lacuna imputabile al concorrente non ammette il ricorso al ‘soccorso istruttorio’ e comporta ex se l’esclusione dalla gara).
“Del resto, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nell’interpretare la portata innovativa dell’articolo 39 del decreto-legge n. 90 del 2014 (che ha introdotto il richiamato comma 2-bis nell’ambito del decreto legislativo n. 163 del 2006) ha chiarito che esso testimonia “[la] chiara volontà del legislatore di evitare (nella fase del controllo delle dichiarazioni e, quindi, dell’ammissione alla gara delle offerte presentate) esclusioni dalla procedura per mere carenze documentali (ivi compresa anche la mancanza assoluta delle dichiarazioni), di imporre un’istruttoria veloce, ma preordinata ad acquisire la completezza delle dichiarazioni (prima della valutazione dell’ammissibilità della domanda), e di autorizzare la sanzione espulsiva quale conseguenza della sola inosservanza, da parte dell’impresa concorrente, all’obbligo di integrazione documentale (entro il termine perentorio accordato, a tal fine, dalla stazione appaltante)”. (…)In applicazione dei principi enunciati da Cons. Stato, V, 13 novembre 2015, n. 5192, “anche in vigenza dell’articolo 676 del codice penale Vassalli [la] giurisprudenza più attenta [ha rilevato] che l’effetto estintivo operi ex lege per effetto del decorso inattivo del tempo e non abbisogni di alcun provvedimento, non rilevando in contrario l’attribuzione al giudice dell’esecuzione della competenza a decidere in merito all’estinzione del reato dopo la condanna” (vengono richiamate al riguardo: Cass. pen., V, 14 maggio 2015, n. 20068; Cass., SS.UU., 30 ottobre 2014, n.2).
Il precedente prosegue osservando che “con la sentenza n. 2 del 2014 le Sezioni Unite della Cassazione, seppure con riferimento al tema dell’indulto, hanno ritenuto maggiormente coerente con i criteri ermeneutici che sottendono il codice processuale il principio secondo cui, quando un determinato effetto giuridico si verifichi per decorso inattivo del tempo, esso si verifica ope legis al momento in cui siano per legge maturate le condizioni cui è condizionato l’effetto.
Corollario di tale approccio ermeneutico è che il provvedimento dichiarativo dell’estinzione, successivo e ricognitivo di un effetto già verificatosi, resta estraneo ai fini dell’estinzione del reato e si pone in funzione meramente formale e ricognitiva di un effetto già verificato, nel mentre l’automatismo degli effetti dell’estinzione del reato si pone in coerenza con i principi comunitari di ragionevole durata dei processi, sollecita definizione e di minor sacrificio esigibile, evincibili dagli articoli 5 e 6 CEDU”.
Ma anche a tacere del rilievo (pur dirimente) di quanto osservato, resta che, in sede di rivalutazione della posizione dell’appellante nel doveroso esercizio del soccorso istruttorio, la stazione appaltante dovrebbe comunque valutare la risalenza nel tempo dei reati di cui è stata omessa la dichiarazione, la loro complessiva tenuità e la non riconducibilità al novero dei “reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”.
Regolarità contributiva e fiscale – Definitività dell’accertamento – Termine per la regolarizzazione – Sanzione dell’esclusione e segnalazione ad ANAC (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)
Consiglio di Stato, sez. V, 10.08.2017 n. 3985
E’ noto che la Corte di Giustizia, chiamata a pronunciarsi in ordine alla conformità con l’ordinamento UE delle pregresse disposizioni di cui all’articolo 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006, ha chiarito che l’articolo 29, primo comma, lettere e) e f), della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE “non si oppone ad una normativa o ad una prassi amministrativa nazionali (quale quella vigente in Italia, n.d.E.) in base alle quali un prestatore di servizi che, alla data di scadenza per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara, non ha adempiuto, effettuando integralmente il pagamento corrispondente, i suoi obblighi in materia di contributi previdenziali e di imposte e tasse, può regolarizzare la sua situazione successivamente
– in forza di misure di condono fiscale o di sanatoria adottate dallo Stato, o
– in forza di un concordato al fine di una rateizzazione o di una riduzione dei debiti, o
– mediante la presentazione di un ricorso amministrativo o giurisdizionale,
a condizione che provi, entro il termine stabilito dalla normativa o dalla prassi amministrativa nazionali, di aver beneficiato di tali misure o di un tale concordato, o che abbia presentato un tale ricorso entro questo termine” (in tal senso: CGUE, sentenza in causa 9 febbraio 2006 in causa C226/04, Zilch).
In definitiva, la pendenza del termine per l’impugnativa non rappresenta una sorta di indistinta e generalizzata eccezione al principio secondo cui alla data di scadenza della domanda di partecipazione occorre presentare una piena conformità fiscale. Al contrario, la pendenza del termine (e la conseguente non definitività dell’accertamento) potrà giovare all’impresa interessata soltanto laddove (in ipotesi quale quella che qui rileva) il ricorso in sede giurisdizionale sia stato dipoi puntualmente proposto.La misura espulsiva e la conseguente segnalazione trovavano puntuale conferma nella previsione di cui al comma 12 dell’articolo 80 del ‘Codice dei contratti pubblici’, secondo cui “in caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, nelle procedure di gara (…), la stazione appaltante ne dà segnalazione all’Autorità che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto (…)”.
Omessa o falsa dichiarazione sul possesso dei requisiti – Self cleaning – Inapplicabilità – Valutazione delle misure adottate – Impossibilità – Ragioni (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)
TAR Venezia, 16.02.2017 n. 171
1) In questo contesto la dichiarazione della ditta S. da un lato non appare veritiera e d’altro lato risulta comunque incompleta perché non fornisce un quadro esauriente della sua situazione in relazione agli accertamenti di cui all’art. 80. Infatti la predetta Sentenza del Tribunale di Pescara contempla dei reati di una certa gravità ma soprattutto costituisce un mezzo indiretto e tuttavia adeguato, come richiesto dall’art. 80, comma 5, lett. c) del D. Lgs. 50/2016, di prova di gravi illeciti professionali. Conseguentemente il processo decisionale della Stazione Appaltante non ha potuto svolgersi in maniera esauriente in quanto la predetta omessa e/o incompleta dichiarazione di un precedente penale da parte di S. ha di fatto impedito all’amministrazione di compiere e conseguentemente esprimere ogni necessaria considerazione sull’affidabilità della ditta e, in effetti, la cognizione di comportamenti fraudolenti nei confronti di numerose Aziende Sanitarie non consente di fare affidamento su tale ditta. Per quanto esposto la ditta S. viene esclusa dalla procedura.”
Ciò premesso appaiono al Collegio inconferenti le argomentazioni spese da Steris a proposito della risalenza nel tempo dei fatti sanzionati con la suddetta sentenza, in quanto appare ictu oculi evidente che la decisione di escludere S. non è legata alla mera esistenza del precedente penale del Tribunale di Pescara, ma al fatto che lo stesso avrebbe dovuto essere dichiarato al fine di consentire all’Azienda Sanitaria di verificare la gravità dei fatti e valutare in maniera consapevole l’ammissione della concorrente, avendo un quadro completo e trasparente della situazione. Infatti, il citato art. 80 comma 5 richiede che ciascuna gara sia preceduta dalla verifica dell’affidabilità e dell’integrità delle partecipanti e attribuisce tale compito alle sole Stazioni Appaltanti e non certo alle concorrenti stesse. La ricorrente ha omesso di dichiarare l’esistenza di una sentenza penale emessa nei suoi confronti, sebbene la stessa non solo fosse assai recente, in quanto depositata il 30 novembre 2015, ma, soprattutto riportasse una condanna per truffa continuata ai danni dello Stato e sanzionasse, oltre all’amministratore unico e ai dirigenti apicali, anche la stessa società con l’applicazione della sanzione interdittiva del divieto di contrarre per un anno con la pubblica amministrazione.
E’ fuori dubbio che tale informazione avrebbe dovuto essere valutata dalla stazione appaltante, soprattutto perché riguardava proprio l’attività professionale svolta dalla società e aveva ad oggetto condotte tenute nel corso dell’esecuzione di contratti conclusi con altre aziende ospedaliere per l’espletamento del servizio di sterilizzazione.Lo stesso discorso vale anche per le invocate misure di self cleaning. Infatti non vi è dubbio che, anche in relazione alle clausole di esclusione di cui alla lettera c), comma 5, dell’art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016, vige la regola secondo la quale la gravità dell’evento è ponderata dalla stazione appaltante, sicché l’operatore economico è tenuto a dichiarare situazioni ed eventi potenzialmente rilevanti ai fini del possesso dei requisiti di ordine generale di partecipazione alle procedure concorsuali ed a rimettersi alla valutazione della stazione, non essendo configurabile in capo all’impresa partecipante ad una gara alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare e sussistendo, al contrario, l’obbligo della onnicomprensività della dichiarazione in modo da permettere alla Stazione appaltante di espletare con piena cognizione di causa le valutazioni di sua competenza.
L’aver taciuto le circostanze in questione ha dunque impedito, da un lato, una valutazione completa (falsando la percezione delle condizioni reali della ricorrente) sull’affidabilità e l’integrità morale del candidato e, d’altro lato, è stata sintomatica di una condotta non trasparente e collaborativa della ricorrente.
In sintesi quindi pare al Collegio indubbio che, contravvenendo alle disposizioni di legge, S. ha quantomeno sostituito la propria valutazione soggettiva sulla rilevanza del precedente penale a quella della Stazione Appaltante, alla quale ha evidentemente impedito anche di valutare la rilevanza e significatività delle misure di self cleaning.
Alla luce di quanto sopra il Collegio ritiene che la condotta di S. sia quindi perfettamente riconducibile alla previsione contenuta nell’art. 80 comma 5 lett. c D.lgs. 50/2016.
Infatti, come esemplarmente chiarito dal Consiglio di Stato con la sentenza della V Sezione n. 122/2016 “Deve, infatti, essere rilevato che le stazioni appaltanti dispongono di una sfera di discrezionalità nel valutare quanto eventuali precedenti professionali negativi incidano sull’affidabilità di chi aspira a essere affidataria di suoi contratti.E’ agevole affermare, di conseguenza, che tale discrezionalità può essere esercitata solo se l’Amministrazione dispone di tutti gli elementi che consentono di formare compiutamente una volontà.
Deve poi essere ulteriormente rilevato come tale valutazione sia di stretta spettanza della stazione appaltante, per cui non è ammissibile che la relativa valutazione sia eseguita, a monte, dalla concorrente la quale autonomamente giudichi irrilevanti i propri precedenti negativi, omettendo di segnalarli con la prescritta dichiarazione.
La concorrente che adotti tale comportamento viola palesemente, ad avviso del Collegio, il principio di leale collaborazione con l’Amministrazione.”
Ciò premesso la valutazione dell’Autorità di gara è scevra da vizi di manifesta illogicità o irrazionalità, per cui si sottrae al sindacato del giudice. Nessun contraddittorio doveva poi essere instaurato su circostanze che la ricorrente non ha mai volontariamente palesato.2) Il Collegio ricorda che il ricorso risulta proposto ai sensi del comma 2 bis dell’art. 120 del cpa ai sensi del quale ” Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. E’ altresì inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endo-procedimentali privi di immediata lesività.”
Risulta pertanto evidente, ad avviso del Collegio, la quantomeno parziale inammissibilità del ricorso introduttivo proprio ai sensi della norma sopraricordata che esplicitamente la commina per le impugnazioni degli atti endoprocedimentali privi di immediata lesività.
1) Dichiarazione relativa al possesso dei requisiti qualitativi per la riduzione della cauzione – Valenza dichiarativa della polizza – Informazioni false o fuorvianti – Linee Guida ANAC n. 6 – Comportamenti idonei – Individuazione; 2) Vizi delle cauzione provvisoria – Irregolarità essenziali non sanabili – Causa di esclusione – Insussistenza – Soccorso istruttorio (art. 80 , art. 83 , art. 97 d.lgs. n. 50/2016)
TAR Bari, 15.02.2017 n. 81 ord.
1) Ritenuto, ad un sommario esame proprio della fase cautelare, che l’ATI ricorrente, diversamente da quanto evidenziato nel censurato provvedimento di esclusione, non ha reso alcuna dichiarazione o attestazione relativa al possesso in capo a tutte e tre le imprese associande dei requisiti qualitativi di cui all’art. 93, comma 7 dlgs n. 50/2016 previsti per la riduzione della cauzione; che detta valenza dichiarativa non può essere attribuita alle schede tecniche di polizza e/o a condizioni generali di contratto relative alla garanzia provvisoria (che sono comunque atti di soggetti terzi);
2) Rilevato che la Commissione ha erroneamente qualificato come “grave irregolarità” inerente le dichiarazioni rese in corso di gara ciò che appare essere una mera incompletezza della garanzia provvisoria, sanabile attraverso l’istituto del soccorso istruttorio; che, pertanto, non vi è stata alcuna falsa dichiarazione o attestazione dell’ATI ricorrente;
Ritenuto, altresì, che la censurata esclusione per cui è causa appare essere in violazione del principio desumibile dall’art. 83, comma 9, ultimo inciso dlgs n. 50/2016 in forza del quale “Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”, ipotesi evidentemente non sussistente nel caso di specie;
Ritenta l’insussistenza della causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) dlgs n. 50/2016 (“Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, …, qualora: … c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: … il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione; …”);
Rilevato che secondo le Linee Guida ANAC n. 6 del 16.11.2016 (punto 2.1.2.3) “Quanto alle ipotesi legali del «fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione» e dell’«omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento delle procedure di selezione», rilevano i comportamenti che integrino i presupposti di cui al punto 2.1 posti in essere dal concorrente con dolo o colpa grave volti a ingenerare, nell’amministrazione, un convincimento erroneo su una circostanza rilevante ai fini della partecipazione o dell’attribuzione del punteggio.”;
Ritenuto che nella fattispecie in esame non risulta che l’ATI interessata abbia tenuto un comportamento idoneo a ingenerare, nell’amministrazione, un convincimento erroneo su una circostanza rilevante ai fini della partecipazione o dell’attribuzione del punteggio;
Rilevato che anche alla luce della disciplina previgente la giurisprudenza aveva sottolineato che i vizi che attengono alla cauzione provvisoria, ai sensi del comma 1-bis dell’art. 46 dlgs n. 163/2006, non determinano l’esclusione dalla gara dell’impresa concorrente, ma alla stessa è consentito procedere alla sua regolarizzazione o integrazione (ex multis Cons. St., sez. III, 5 dicembre 2013, n. 5781: “In base al principio di tassatività delle cause di esclusione dalle gare pubbliche, introdotto dall’art. 46 comma 1 bis, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163, non costituisce causa di esclusione la presentazione di una cauzione provvisoria d’importo insufficiente e/o deficitario rispetto a quello richiesto dalla lex specialis, ovvero di una cauzione incompleta, e non già del tutto assente, dovendo in tal caso l’impresa essere previamente invitata dalla stazione appaltante ad integrare la cauzione, emendando così l’errore compiuto; si tratta di regola da applicare anche se il concorrente ha inteso avvalersi della possibilità di prestare la cauzione in misura ridotta, secondo quanto previsto dall’art. 75 comma 7, cit. d.lg. n. 163 del 2006, pur senza fornire la prova del possesso della certificazione ISO mediante produzione documentale”);
Rilevato che l’ANAC con la determina n. 1/2015 (recante “Criteri interpretativi in ordine alle disposizioni dell’art. 38, comma 2-bis e dell’art. 46, comma 1-ter del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163”) rimarcava che “… Sulla questione incide il nuovo comma 1-ter dell’art. 46 del Codice, che sembra ammettere la sanatoria di omissioni o irregolarità anche in relazione alla presentazione della garanzia in parola, laddove la norma consente la sanabilità di ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi. …” e che “… la novella normativa trova applicazione anche con riferimento ad ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità riferita alla cauzione provvisoria …”;
Ritenuto che per giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 18/12/2013, n. 6088) le uniche irregolarità della garanzia provvisoria che possono legittimare un provvedimento espulsivo sono la sua mancata presentazione e la sua falsità, non potendosi procedere all’esclusione in caso di mera insufficienze e/o incompletezza;
Modifica delle dichiarazioni afferenti un requisito di partecipazione alla gara – Soccorso istruttorio – Inammissibilità (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)
Non è condivisibile la prospettazione secondo la quale a fronte delle dichiarazioni relative a due nuove piattaforme per il conferimento dei rifiuti oggetto dell’appalto, mai dichiarate e menzionate in sede di domanda di partecipazione, opererebbe il disposto dell’art. 83, comma 9, del D. Lgs. n. 50/2016 ai sensi del quale “le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta tecnica ed economica”;
– che, infatti, nel caso di specie la società ricorrente, attraverso le dichiarazioni rese in sede di soccorso istruttorio, ha modificato un elemento afferente ad un requisito di partecipazione alla gara non posseduto dal concorrente entro il termine di scadenza dell’offerta;
– che, oltre alla documentazione afferente l’impianto di proprietà della ditta E. s.r.l. (società mandante della costituenda RTI partecipante), la società ricorrente ha anche prodotto in sede di soccorso istruttorio una dichiarazione/ convenzione per l’accesso all’impianto della ditta Ambiente s.p.a., formata in data 14.10.2016, cioè in epoca ampiamente successiva alla scadenza del termine per la presentazione dell’offerta;
– che pertanto, nel caso di specie, non appare rispettata la finalità del soccorso istruttorio, anche nella nuova configurazione di cui all’art. 83, comma 9, del D.lgs. n. 50/2016 poiché, ad avviso del Collegio, l’indicazione di due nuove piattaforme per il conferimento dei rifiuti, mai dichiarate né menzionate nella domanda di partecipazione (una delle quali addirittura relativa ad una ditta esterna all’ATI con convenzione stipulata in epoca successiva alla scadenza della presentazione delle offerte) è idonea a incidere sugli elementi attinenti proprio all’offerta, con conseguente vanificazione del canone generale della parità di trattamento e dell’essenza stessa della procedura selettiva, il cui fondamento volontaristico, finalizzato alla conclusione del contratto posto a gara, rende le offerte immodificabili una volta presentate nei termini previsti dalla lex specialis (cfr. Cons. Stato,V, 2.8.2016 n. 3481);
1) Appalto di servizi – Sopralluogo a pena di esclusione – Assenza di ragioni oggettive – Nullità della previsione; 2) Omissione del sopralluogo – Esclusione dalla gara – Illegittimità; 3) Dichiarazione di assenza di pregiudizi penali di terzi – Omissione – Soccorso istruttorio – Applicabilità (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)
TAR Catania, 02.02.2017 n. 234
1-2) Con riferimento alle cause di esclusione e al cd. soccorso istruttorio, l’art. 83 del D.lgs. n. 50/2016 codifica i principi, di elaborazione giurisprudenziale, di divieto di aggravio del procedimento di evidenza pubblica, di massima partecipazione alle gare di appalto e di interpretazione in quest’ottica delle clausole ambigue della lex specialis.
Dal tenore della citata disposizione si evince che il Legislatore ha inteso con essa evitare esclusioni per violazioni meramente formali, costituendo “cause di esclusione” soltanto i vizi radicali ritenuti tali da espresse previsioni di legge.
La stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato – già in relazione all’art. 46, comma 1 bis, del previgente Codice – certamente meno restrittivo in punto di cause di esclusione rispetto al richiamato art. 83 del nuovo Codice, ha interpretato in maniera sostanzialistica il principio di tassatività delle stesse, ritenendo sussistente una causa di esclusione implicita in ogni norma imperativa che preveda un espresso obbligo o un divieto a carico della candidata alla selezione per il conferimento di un appalto pubblico (si veda in particolare quanto statuito in proposito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 25 febbraio 2014 n. 9).
Allo stesso modo, con parere del 30/9/2014 n. 50, l’ANAC ha precisato, proprio in riferimento a un caso praticamente identico a quello posto all’esame del Collegio, che mentre nell’ambito di una procedura per l’affidamento di lavori pubblici, la previsione della legge di gara che subordina la partecipazione al sopralluogo sulle aree e gli immobili interessati non viola il principio di tassatività delle cause di esclusione dalle gare di appalto, di cui all’art. 46, comma 1-bis d.lgs. n. 163/2006, in quanto puntualmente giustificata da una previsione contenuta nell’art. 106 del d.P.R. n. 207/2010, altrettanto non può dirsi per gli appalti di servizi dove, in assenza di una specifica prescrizione, la legittimità di un’analoga previsione a pena di esclusione inserita nella lex specialis deve essere valutata in concreto e la sanzione dell’esclusione collegata a un simile adempimento può essere considerata legittima solo quando vi siano ragioni oggettive (ostese o immediatamente percepibili) che possano far presumere l’assoluta inidoneità dell’offerta, se formulata in assenza della preventiva visione dei luoghi di esecuzione dell’appalto.
Né il quadro normativo è mutato di seguito all’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti, posto che, intanto, il richiamato comma 8 dell’art 83, come premesso, indica ipotesi ancora più circoscritte rispetto a quelle richiamate dall’art. 46, comma 1 bis, del vecchio testo e, inoltre, allo stato, anche l’art. 106 del Regolamento del Codice (che, è bene ribadire, concerne la diversa ipotesi di appalti di opere pubbliche) è stato abrogato, così come stabilito dall’articolo 217, comma 1, lettera u), numero 2), del del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che, come è noto, ha operato un’abrogazione in parte immediata e in parte differita del detto Regolamento.
Né è possibile accedere alla soluzione proposta dalla T., secondo la quale la ratio giustificatrice della riserva del sopralluogo e, quindi, la legittimità dell’esclusione della ricorrente, potrebbero rinvenirsi nell’art. 79 del nuovo Codice, posto che la norma, al comma 2, stabilisce semplicemente che “quando le offerte possono essere formulate soltanto a seguito di una visita dei luoghi o dopo consultazione sul posto dei documenti di gara e relativi allegati, i termini per la ricezione delle offerte, comunque superiori ai termini minimi stabiliti negli articoli 60, 61, 62, 64 e 65, sono stabiliti in modo che gli operatori economici interessati possano prendere conoscenza di tutte le informazioni necessarie per presentare le offerte”.
Dal testo della norma emerge, intanto, ancora una volta, che non sussiste un obbligo indifferenziato di sopralluogo e, di più, che tale obbligo determina, semmai, un prolungamento del termine dell’offerta e non già l’esclusione delle partecipanti.
Richiamando il condivisibile assunto dell’ANAC nel parere sopra indicato, una previsione siffatta, in quanto relazionata a una tipologia di appalto il cui servizio ha natura estremamente semplice (certamente diversa dalle esigenze logistiche rinvenibili in tema di opere pubbliche, circostanza, questa, che giustifica la diversa disciplina sopra richiamata con il previgente Regolamento), amplia eccessivamente, e in senso formalistico, le cause di esclusione dalla procedura, senza alcuna necessità in relazione alle esigenze organizzative della stazione appaltante. Facendo applicazione dei suesposti principi al caso di specie, il Collegio rileva che:
– la prescrizione del bando nella parte in cui dispone che l’attestazione di avvenuto sopralluogo è richiesta a pena di esclusione (art. 4 della lettera di invito), deve considerarsi nulla ai sensi del citato art. 83 comma 8, non essendo riconducibile alle cause tassative di esclusione ivi previste, non rinvenendosi alcuna norma imperativa che imponga in termini di divieto o di obbligo un siffatto adempimento e non ravvisandosi ragioni oggettive e immediatamente percepibili, che possano far presumere l’assoluta inidoneità dell’offerta, nella previsione secondo cui, per quanto attiene ai Consorzi partecipanti, per uno o più consorziati a pena di esclusione saranno tenuti a partecipare al sopralluogo sia il legale rappresentante del Consorzio sia i legali rappresentanti di ciascuno dei soggetti consorziati per i quali lo stesso Consorzio concorre.
– Non va obliterata la considerazione secondo la quale, comunque, un delegato, legittimamente, posto che nessun obbligo di attestazione documentale in sede di delega poteva ritenersi necessaria, ha effettuato un più che sufficiente sopralluogo, al fine di redigere una non complessa offerta.3) E’ altresì fondato anche il primo motivo di ricorso, risultando condivisibile la giurisprudenza richiamata da parte ricorrente secondo cui nelle gare d’appalto l’obbligo di dichiarare l’assenza dei “pregiudizi penali” è da considerarsi assolto dal legale rappresentante dell’impresa anche riguardo ai terzi, compresi i soggetti cessati dalla carica, specie quando la legge di gara non richieda la dichiarazione individuale di detti soggetti (v. da ultimo T.A.R. Calabria – Catanzaro Sez. I, Sent., 21/07/2016, n. 1575 che richiama T.a.r. Lazio – Roma, sez. III quater, n. 6682/2012 e Cons. St., n. 1894 del 2013); in ogni caso trattasi di irregolarità per cui poteva operare il soccorso istruttorio non essendo in presenza di un vizio tale da non consentire l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della documentazione ai sensi del citato comma 9 dell’art. 83 del d.lgs. n. 50/2016.
Società composta due soci titolari al 50% – Dichiarazioni – Obbligo – Sussiste per entrambi – Mancanza – Esclusione – Legittimità – Soccorso istruittorio – Applicabilità alle gare indette subito dopo Adunanza Plenaria n. 24 del 2013 (art. 38 d.lgs. n. 163/2006 – art. 80 d.lgs. n. 50/2016)
Consiglio di Stato, sez. V, 23.11.2016 n. 4920
Rileva il Collegio che l’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, a seguito delle modifiche introdotte con la L. 12 luglio 2011, n. 106, di conversione del D.L. n. 70/2011, ha esteso l’obbligo di rendere le dichiarazioni di cui ai commi b), c) ed m-ter), tra gli altri, anche “al socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci”, in ossequio alla ratio di estendere l’obbligo dichiarativo dell’insussistenza di pregiudizi penali, non solo all’amministratore de iure, ma anche ai soci che detengono il controllo di fatto della società.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione del 6 novembre 2013, n. 24 (intervenuta prima dell’indizione della gara in esame) ha definitivamente acclarato che, nel caso di società composta da due soci titolari del 50% del capitale sociale, entrambi sono obbligati a rendere la dichiarazione di cui all’art. 38 del codice dei contratti pubblici.
L’Adunanza Plenaria, in detta decisione ha stabilito che l’espressione socio di maggioranza di cui alle lett. b), c) e m-ter) dell’art. 38, comma 1, d.lgs. n. n. 163-2006 si intende riferita, oltre che al socio titolare di più del 50% del capitale sociale, anche ai due soci titolari ciascuno del 50% del capitale sociale o, se i soci sono tre, al socio titolare del 50%, muovendo dal presupposto che, attraverso l’obbligo delle dichiarazioni per il socio di maggioranza, la norma vuole garantire che non partecipino alla gara concorrenti in forma societaria i cui soci idonei ad influenzare, in termini decisivi e ineludibili, le decisioni societarie, non posseggano i requisiti morali minimi previsti dalla legge.
Pertanto, in specifico, l’obbligo dichiarativo incombe su entrambi i soci partecipanti al 50% del capitale, poiché entrambi hanno un potere decisionale condizionante, dal momento che in nessuno caso le decisioni societarie possono essere adottate senza i rispettivi apporti, sia in negativo che in positivo.
L’Adunanza Plenaria ha, inoltre, asserito che tali conclusioni sono coerenti con la normativa sulla tipizzazione e tassatività delle clausole di esclusione, poiché individuano preventivamente e precisamente i soci obbligati alle dichiarazioni prescritte.
Pertanto, la mancata dichiarazione da parte di tali soggetti si configura quale ragione di esclusione per “mancato adempimento alle prescrizioni previste dal codice” (art. 46, comma 1-bis, d.lgs. n. 163-2006.
Ritiene il Collegio che per le gare indette successivamente al 6 novembre 2013 (data di pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n. 24-2013) la regola enunciata costituisca l’interpretazione univoca ed uniforme della legge cui le stazioni appaltanti devono attenersi, con la conseguenza che devono essere esclusi dalle gare i concorrenti che non ottemperino agli oneri dichiarativi nei termini di cui sopra, naturalmente fatta salva l’operatività dell’art. 39 D.L. n. 90/2014, ove ne ricorrano i presupposti.
Ritiene, tuttavia, il Collegio che nei casi come quello in esame, ove la decisione dell’Adunanza Plenaria sopraggiunga a poca distanza dalla data di indizione del bando e dove il tenore letterale della lex specialis non è inequivocabile nello statuire l’esclusione in un caso come quello di specie relativo ai due soci titolari ciascuno del 50% del capitale sociale, sia possibile, e anzi auspicabile, il ricorso all’istituto del soccorso istruttorio ex art. 46 d.lgs. n. 163-2006 per sanare le omissioni delle dichiarazioni di entrambi i soci al 50%.
Omessa dichiarazione di condanne penali – Reati diversi da quelli contemplati dalla norma – Esclusione – Necessità – Soccorso istruttorio – Inapplicabilità (art. 38 d.lgs. n. 163/2006)
Consiglio di Stato, sez. V, 12.10.2016 n. 4219
Il comma 2 dell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 introduce un vincolo dichiarativo ex lege che integra automaticamente eventuali carenze della disciplina di gara (Cons. Stato, A.P. 7/6/2012, n. 21), stabilisce poi: “Il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle previsioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica tutte le condanne penali riportate, ivi comprese quelle per le quali abbia beneficiato della non menzione. Ai fini del comma 1, lettera c), il concorrente non è tenuto ad indicare nella dichiarazione le condanne per reati depenalizzati ovvero dichiarati estinti dopo la condanna stessa, nè le condanne revocate, nè quelle per le quali è intervenuta la riabilitazione”.
Orbene, dal combinato disposto delle due trascritte disposizioni si ricava che nelle procedure ad evidenza pubblica preordinate all’affidamento di un appalto pubblico, l’omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate, anche se attinenti a reati diversi da quelli contemplati nell’art. 38, comma 1, lett. c), ne comporta senz’altro l’esclusione dalla gara, essendo impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità (cfr., fra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 27/7/2016 n. 3402; 29/4/2016 n. 1641; 2/12/2015, n. 5451 e 2/10/2014, n. 4932; Sez. IV, 29/2/2016, n. 834; Sez. III, 28/9/2016, n. 4019).
Inoltre, come più volte confermato dalla giurisprudenza, non c’è possibilità che l’omissione possa essere sanata attraverso il soccorso istruttorio, il quale non può essere utilizzato per sopperire a dichiarazioni (riguardanti elementi essenziali) radicalmente mancanti – pena la violazione della par condicio fra concorrenti – ma soltanto per chiarire o completare dichiarazioni o documenti già comunque acquisiti agli atti di gara (Cons. Stato, A. P. 25/2/2014 n. 9; Sez. V, 25/2/2015 n. 927).
Oneri dichiarativi – Amministratori muniti del potere di rappresentanza – Procuratori muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza – Definizione – Lex specialis che non contiene specifica comminatoria – Esclusione – Può essere disposta soltanto in assenza effettiva del requisito (Art. 38, d.lgs. n. 163/2006)
La sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 23 del 16 ottobre 2013 (che tutte le parti richiamano nei loro scritti) ha fornito, per quanto riguarda gli obblighi di dichiarazione dell’impresa partecipante alla gara in ordine ai requisiti di moralità, le seguenti precisazioni:
– la finalità perseguita dall’art. 38, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n.163/2006 è quella di evitare “che l’amministrazione contratti con persone giuridiche governate in sostanza, per scelte organizzative interne, da persone fisiche sprovviste dei necessari requisiti di onorabilità ed affidabilità morale e professionale, che si giovino dello schermo di chi per statuto riveste la qualifica formale di amministratore con potere di rappresentanza”;
– gli obblighi dichiarativi previsti dalla norma riguardano quindi, in primo luogo, i soggetti, identificati con la locuzione di “amministratori muniti del potere di rappresentanza”, facenti parte di “un’individuata cerchia di persone fisiche che, in base alla disciplina codicistica e dello statuto sociale, sono abilitate ad agire per l’attuazione degli scopi societari e che, proprio in tale veste qualificano in via ordinaria, quanto ai requisiti di moralità e di affidabilità, l’intera compagine sociale”; in secondo luogo, riguardano i “procuratori muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza e riferiti ad una pluralità di oggetti così che, per sommatoria, possano configurarsi omologhi, se non di spessore superiore, a quelli che lo statuto assegna agli amministratori”;
– peraltro, “stante la non univocità della norma circa l’onere dichiarativo dell’impresa nelle ipotesi in esame… deve intendersi che, qualora la lex specialis non contenga al riguardo una specifica comminatoria di esclusione, quest’ultima potrà essere disposta non già per la mera omessa dichiarazione ex art. 38 cit., ma soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione”.
Errore grave nell’esercizio dell’attività professionale – Dichiarazione sintetica (o incompleta) – Soccorso istruttorio – Applicabilità (Artt. 38, 46 D.Lgs. 163/2006)
Consiglio di Stato, sez. IV, 20.04.2016 n. 1555
Si tratta nella specie, come ha rettamente notato la stessa I. s.p.a. che ha comunque sottoposto la relativa dichiarazione a valutazione (donde il rigetto del terzo motivo assorbito: pagg. 31/32 del ricorso in epigrafe), d’una fattispecie che ha riguardato i rapporti tra l’impresa ausiliaria ed una stazione appaltante terza rispetto a quella che ha bandito la gara per cui è causa, per cui si applica il ripetuto art. 38, c. 1, lett. f), ma solo laddove esclude dalla gare pubbliche quelle imprese «… che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante…».
Ebbene, quanto al contenuto della dichiarazione, dalla sua serena lettura il Collegio è convinto che l’impresa ausiliaria ha offerto alla SA ogni elemento utile per consentirle un preciso controllo sulla vicenda sottesa. In tal modo, l’impresa non solo non ha violato regole di buona fede nella procedura di gara (e, quindi, nelle trattative precontrattuali), ma soprattutto ha realizzato l’obiettivo sotteso al medesimo art. 38, lett. f), che non ha un carattere sanzionatorio, ma tutela l’elemento fiduciario che deve necessariamente sussistere tra la SA e l’impresa con cui vuol contrarre (cfr. sul punto Cons. St., III, 26 febbraio 2016 n. 802). Sicché tal dichiarazione non è certo incompleta poiché, fornendo i dati essenziali della statuizione della Provincia di Massa Carrara, ha consentito alla SA d’acquisire il documento secondo le ordinarie regole della leale collaborazione tra i soggetti pubblici e senza alcun apprezzabile ritardo nello svolgimento della gara. Ed anche ad ammettere che non attingesse alla completezza, la dichiarazione così confezionata non avrebbe potuto portare in modo automatico all’esclusione dell’impresa ausiliaria, ma al più avrebbe imposto, a cura della SA ed in presenza d’un serio principio di prova offerto da detta impresa, un soccorso istruttorio ex art. 46, c. 1 del Dlg 163/2006. Tanto mercé l’assegnazione all’impresa ausiliare d’un termine per l’esibizione della nota provinciale e per fornire chiarimenti su tutto quanto occorso nel rapporto tra l’impresa stessa e la Provincia, ma senza limitarsi al solo dato della risoluzione.
Neppure è mendace e men che mai si può certo dire fuorviante, perché non ha indotto in errore la SA con dolo, né le ha posto ostacoli gravi o dirimenti alla conoscenza di essa sulla reale consistenza della vicenda sottesa. E quand’anche detta impresa avesse voluto descrivere quest’ultima in ogni suo minimo particolare alla SA, ciò sarebbe stato comunque inopponibile ai poteri di accertamento e di giudizio autonomi di quest’ultima, senza con ciò agevolarla nella sostanza più di quanto già non avesse fatto la predetta dichiarazione.
1) Omessa dichiarazione di circostanze che non avrebbero potuto determinare l’esclusione, conseguenze – 2) Irregolarità concernenti la cauzione provvisoria, soccorso istruttorio, applicabilità (Artt. 38, 46, 75)
Consiglio di Stato, sez. V, 22.03.2016 n. 1175
1. Va premesso al riguardo che, in base al vigente sistema normativo in tema di possesso dei requisiti cc.dd. ‘di ordine generale’ per la partecipazione alle pubbliche gare di appalto:
– l’articolo 38, comma 1, lettera f) del ‘Codice dei contratti’ stabilisce che “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento (…) e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti (…) f) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante (…)”;
– il comma 2 del medesimo articolo stabilisce poi che “il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle previsioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”.
Già sulla base del richiamato quadro normativo deve certamente essere escluso che l’appellante dovesse essere esclusa dalla gara per aver omesso l’allegazione, in sede di presentazione della domanda di partecipazione, di circostanze che laddove conosciute dalla stazione appaltante e da questa apprezzate in tutta la loro gravità avrebbero potuto (rectius: dovuto) determinarne l’esclusione dalla gara.2. In applicazione del principio di tassatività delle cause di esclusione di cui all’art. 46, comma 1-bis del decreto legislativo n. 163 del 2006, le irregolarità concernenti la cauzione provvisoria comunque prestata nei termini previsti dalla lex specialis sono sanabili mediante il potere di soccorso istruttorio (in tal senso: Cons. Stato, V, 15 ottobre 2015, n. 4764).
Dichiarazioni radicalmente mancanti, soccorso istruttorio, preclusione – Effettivo possesso del requisito, irrilevanza – Condanne penali, oneri dichiariativi – Amministratori e Direttori tecnici precedenti (Artt. 38, 46)
Consiglio di Stato, sez. IV, 29.02.2016 n. 834
2.2.- La formulazione letterale dell’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (c.d. Codice dei contratti pubblici), impone, invero, di applicare la sanzione dell’esclusione da una gara in caso di violazione dell’art. 38, comma 2, del medesimo codice, che obbliga alla presentazione delle dichiarazioni attestanti l’assenza di condizioni ostative, quand’anche esse siano in concreto inesistenti.
Orbene, con decisione dell’adunanza plenaria n. 9 del 2014, questo Consiglio ha precisato che:
a) la formulazione letterale dell’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. citato impone di applicare la sanzione dell’esclusione alla violazione della prescrizione del codice (contenuta nell’art. 38, comma 2, d.lgs. cit.) relativa alla presentazione delle dichiarazioni attestanti l’assenza delle relative condizioni ostative (quand’anche queste fossero in concreto inesistenti);
b) la sanzione espulsiva deve essere applicata anche nelle ipotesi in cui la lex specialis di gara la preveda come conseguenza della sola assenza oggettiva dei requisiti di moralità (e non anche della loro omessa attestazione);
c) in presenza di dichiarazioni radicalmente mancanti resta precluso all’Amministrazione l’uso del soccorso istruttorio (che si risolverebbe in una lesione del principio della par condicio).
2.3. – Alla luce di ciò nessun rilievo assume la tesi dell’appellante, quando sostiene di essere in possesso del requisito generale di cui all’art. 38, comma 1, lett. c) del codice dei contratti, senza che di ciò abbia tenuto conto il primo giudice ed evidenzia, altresì, che al momento della partecipazione alla gara, era già aggiudicataria di altri contratti pubblici affidati dalla stessa T. s.p.a..
L’omessa dichiarazione di tutte le condanne penali eventualmente riportate costituisce di per sé, infatti, causa di esclusione del concorrente dalla gara ed è impedito all’Amministrazione appaltante di valutarne la gravità. (…)
L’obbligo di rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38 comma 1 lettera c) del d.lgs. n. 163/2006 riguardante anche gli amministratori e direttori tecnici precedenti (o dell’impresa cedente nel caso in cui sia intervenuta un’operazione di cessione di azienda nell’anno anteriore alla pubblicazione del bando), “scaturisce direttamente dalla legge e l’inosservanza di un tale onere documentale comporta la esclusione dalla gara del soggetto concorrente, ancorché la misura espulsiva non sia stata espressamente contemplata dalla lex specialis di gara” (Cons. Stato, sez. IV, 21.12.2015, n. 5803).
3.- Giova soggiungere che l’omessa dichiarazione delle condanne penali riportate non è configurabile come dichiarazione meramente incompleta e, pertanto, non è integrabile successivamente a richiesta da parte dell’Amministrazione appaltante.
Nelle gare pubbliche le omesse dichiarazioni richieste dall’art. 38 comma 2, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163 non possono, infatti, essere sanate con ricorso al cd. soccorso istruttorio, atteso che esso è volto solo a chiarire e a completare dichiarazioni o documenti comunque esistenti, ma non certo a consentire integrazioni o modifiche della domanda di ammissione alla procedura comparativa.
Per tutte le su esposte argomentazioni, e per quelle poste a sostegno della sentenza di questo Consiglio di Stato Sez. V, n. 5403 del 2015 (cui si rinvia integralmente a mente dell’art. 120, co. 10, c.p.a. in quanto resa su una fattispecie analoga), non possono trovare ingresso le tesi sviluppate dalla ditta.
1) Capacità economica, referenze bancarie, contenuto richiesto, limiti – 2) RTI, appalto di servizi: sussiste solo l’obbligo di indicare le parti del servizio o della fornitura eseguiti da ciascuna impresa – 3) Requisiti di ordine generale, dichiarazione unica e omnicomprensiva (Artt. 37, 38, 41)
Consiglio di Stato, sez. III, 17.12.2015 n. 5704
(sentenza integrale)1. Risulta quindi applicabile al caso di specie il costante orientamento della giurisprudenza secondo cui «…l’espressione “idonee referenze bancarie”, ove riportata nei bandi di gara pubblica senza ulteriori precisazioni, deve essere interpretata dagli istituti bancari nel senso, anche lessicalmente corretto, che essi debbano riferire sulla qualità dei rapporti in atto con le società, per le quali le referenze sono richieste, quali la correttezza e la puntualità di queste nell’adempimento degli impegni assunti con l’istituto, l’assenza di situazioni passive con lo stesso istituto o con altri soggetti, sempre che tali situazioni siano desumibili dai movimenti bancari o da altre informazioni in loro possesso, e non anche fornire elementi sulla effettiva consistenza economica e finanziaria dei concorrenti, trattandosi di elementi che, di fatto, potrebbero non essere da loro conosciuti e che, comunque, anche se fossero disponibili, non potrebbero rendere noto a terzi, stante l’obbligo di riservatezza gravante sugli istituti bancari». (Cons. St, Sez. V, sent. 23/2/2015 n. 858; Cons. St., Sez. V, Sent 27/05/2014 n. 2728; Cons. Stato, sez. V, 23/06/2008, n. 3108 TAR Campania Sez. Salerno Sez. 10/11/2011 n. 1637).
D’altra parte la giurisprudenza (Cons. St., sent. 07/07/2015 n. 3346) ha altresì evidenziato che «nelle gare pubbliche le referenze bancarie chieste dalla stazione appaltante alle imprese partecipanti, con i contenuti fissati dalla lex specialis, hanno una sicura efficacia probatoria dei requisiti economico-finanziari necessari per l’aggiudicazione di contratti pubblici: e ciò in base al fatto notorio che il sistema bancario eroga credito a soggetti affidabili sotto tali profili, per cui è ragionevole che un’Amministrazione aggiudicatrice, nell’esercizio della propria discrezionalità in sede di fissazione della legge di gara, ne richieda la produzione in tale sede» (così Consiglio di Stato, Sez. V, 22 maggio 2012, n. 2959; Consiglio di Stato, sez. V, 27 maggio 2014, n. 2728; Consiglio di Stato, sez. V, 17 luglio 2014, n. 3821; Consiglio di Stato sez. III, 10 dicembre 2014, n. 6078).”2. Occorre preliminarmente rilevare che la gara in questione è stata indetta con bando del 5/11/2012 e dunque è successiva alla modifica dell’art. 37 del D.Lgs. n. 163/06 nel testo novellato dalla lettera a), del comma 2 bis dell’art. 1 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, introdotto dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135.
L’Adunanza Plenaria n. 7/2014 ha chiarito che:
“a) giusta il tenore letterale della nuova disposizione e la sua finalità di semplificare gli oneri di dichiarazione incombenti sulle imprese raggruppate che operano nel mercato dei contratti pubblici, l’obbligo di corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di esecuzione sancito dal più volte menzionato comma 13, sia rimasto circoscritto ai soli appalti di lavori;
b) per gli appalti di servizi e forniture continua a trovare applicazione unicamente la norma sancita dal comma 4 dell’art. 37, che impone alle imprese raggruppate il più modesto obbligo di indicare le parti del servizio o della fornitura facenti capo a ciascuna di esse, senza pretendere anche l’obbligo della corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di esecuzione, fermo restando, però, che ciascuna impresa deve essere qualificata per la parte di prestazioni che si impegna ad eseguire, nel rispetto delle speciali prescrizioni e modalità contenute nella legge di gara”.3. La giurisprudenza ha costantemente ritenuto che “nella gara pubblica, non può determinarsi l’esclusione dalla gara per l’incompletezza della dichiarazione ex art. 38, d.lg. 12 aprile 2006, n. 163 allorché tale dichiarazione sia stata resa sulla scorta di modelli predisposti dalla stazione appaltante (cfr. Cons. Stato sez. III 24 febbraio 2015 n. 925; 23/01/2015 n. 303).
Inoltre, “la previsione ad opera del disciplinare di gara di una clausola prescrivente che nella busta sia inserita a pena di esclusione una dichiarazione cumulativa, ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000, “di insussistenza di tutte le cause di esclusione di cui all’art. 38, d.lg. n. 163 del 2006” in assenza di ulteriori specificazioni, autorizza la presentazione di una dichiarazione unica e omnicomprensiva, da parte del legale rappresentante che sottoscrive la domanda così come predisposta, anche per conto degli altri eventuali legali rappresentati (cfr. T.A.R. Puglia Bari sez. I 03 aprile 2013 n. 467).www.giustizia-amministrativa.it