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Partecipazione alla gara con domanda di concordato in bianco o con riserva – Non integra causa di esclusione automatica – Sentenza Adunanza Plenaria (art. 80 , art. 110 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato,  Adunanza Plenaria, 27.05.2021 n. 11

Motivi di esclusione – Impresa – Presentazione concordato in bianco o con riserva ex art. 161, comma 6, legge fallimentare – Autorizzazione del tribunale – Necessità.  

La presentazione di una domanda di concordato in bianco o con riserva, ai sensi dell’art. 161, comma 6, legge fallimentare non integra una causa di esclusione automatica dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, essendo rimesso in primo luogo al giudice fallimentare in sede di rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 186 bis, comma 4, e al quale l’operatore che ha chiesto il concordato si deve tempestivamente rivolgere fornendo all’uopo le informazioni necessarie, valutare la compatibilità della partecipazione alla procedura di affidamento in funzione e nella prospettiva della continuità aziendale; la partecipazione alle gare pubbliche è dal legislatore considerata, a seguito del deposito della domanda di concordato anche in bianco o con riserva, come un atto che deve essere comunque autorizzato dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato, ai sensi dell’art. 186 bis, comma 4, da ultimo richiamato anche dagli artt. 80 e 110 del codice dei contratti; a tali fini l’operatore che presenta domanda di concordato in bianco o con riserva è tenuto a richiedere senza indugio l’autorizzazione, anche qualora sia già partecipante alla gara, e ad informarne prontamente la stazione appaltante; l’autorizzazione giudiziale alla partecipazione alla gara pubblica deve intervenire entro il momento dell’aggiudicazione della stessa, non occorrendo che in tale momento l’impresa, inclusa quella che ha presentato domanda di concordato in bianco o con riserva, sia anche già stata ammessa al concordato preventivo con continuità aziendale.

La questione è stata sollevata dalla sez. V del Consiglio di Stato con ordinanza 8 gennaio 2021, n. 313.

La Sezione ha sottoposto all’Alto Consesso le questioni: “a) se la presentazione di un’istanza di concordato in bianco ex art. 161, comma 6, legge fallimentare (r.d. n. 267 del 1942) debba ritenersi causa di automatica esclusione dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, ovvero se la presentazione di detta istanza non inibisca la partecipazione alle procedure per l’affidamento di commesse pubbliche, quanto meno nell’ipotesi in cui essa contenga una domanda prenotativa per la continuità aziendale; b) se la partecipazione alle gare pubbliche debba ritenersi atto di straordinaria amministrazione e, dunque, possa consentirsi alle imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco la partecipazione alle stesse gare, soltanto previa autorizzazione giudiziale nei casi urgenti, ovvero se detta autorizzazione debba ritenersi mera condizione integrativa dell’efficacia dell’aggiudicazione; c) in quale fase della procedura di affidamento l’autorizzazione giudiziale di ammissione alla continuità aziendale debba intervenire onde ritenersi tempestiva ai fini della legittimità della partecipazione alla procedura e dell’aggiudicazione della gara;”.

Ha chiarito l’Adunanza plenaria che dal complessivo (e innegabilmente complesso) dato testuale ricavabile dal codice dei contratti, nella versione applicabile sempre ratione temporis, se ne potrebbe ricavare allora la duplice conclusione per cui la partecipazione a nuove gare sarebbe preclusa non solo a chi ha presentato domanda di concordato in bianco ma, più in generale, in tutti i casi in cui l’operatore che ha presentato domanda di concordato preventivo a norma dell’art. 161 non sia stato ancora ammesso alla procedura. Il che, nei casi di concordato con continuità, non solo condurrebbe al sicuro insuccesso dell’istituto ma contrasterebbe frontalmente con quanto si è sempre letto, in questi anni, all’art. 186 bis, comma 4, dove si dice chiaramente che tra il deposito della domanda e il decreto di apertura della procedura la partecipazione alle gare pubbliche è possibile purché sia autorizzata dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato (un ulteriore indice, in favore della possibilità di partecipare alle gare anche prima dell’ammissione al concordato, si ricava inoltre dall’art. 5, d.m. 31 gennaio 2015 in tema di regolarità contributiva).

Da questo inciso della norma fallimentare – “se nominato”, nella formulazione in vigore dal 2013 al 2019, divenuto attualmente (come confermato anche, quando finalmente sarà in vigore, dall’art. 95 del codice della crisi) “ove già nominato” – già l’ANAC (con la determinazione n. 5 dell’8 aprile 2015) e la dottrina hanno ricavato la convinzione che esso dimostrerebbe come l’art. 186 bis, comma 4, contempli (anche) l’ipotesi del concordato in bianco o con riserva, dal momento che per il concordato preventivo ordinario la nomina del commissario giudiziale è doverosa, sicché l’uso della formula ipotetica si spiegherebbe solo se riferita al concordato in bianco dove, invece, la nomina del commissario giudiziale è una facoltà lasciata al tribunale.

In epoca più recente queste distonie tra il codice dei contratti e la legge fallimentare sono andate riducendosi, se è vero che l’art. 80, comma 5, lett. b) fa ora (di nuovo) testuale rinvio all’art. 186 bis della legge fallimentare (come già prima era avvenuto con l’art. 38 del vecchio codice) e quindi anche al suo comma 4; e che l’art. 110 è stato riscritto in occasione dell’adozione proprio del codice della crisi d’impresa (ad opera dell’art. 372 di tale codice), prevedendosi che alle imprese che hanno depositato domanda di concordato con riserva si applichi l’art. 186 bis della legge fallimentare e che per la partecipazione alle gare, tra il momento di tale domanda e quello del decreto di ammissione, sia sempre necessario l’avvalimento dei requisiti di un altro soggetto. Dove il primo periodo, nel fare rinvio all’art. 186 bis, ha una valenza di chiarimento o di interpretazione autentica; laddove invece il secondo periodo ha carattere innovativo, introducendo – per l’avvenire – un elemento di ulteriore garanzia che si aggiunge al controllo giudiziale.

L’Adunanza plenaria ritiene quindi che, sulla scorta dell’art. 186 bis, comma 4, della legge fallimentare, la presentazione di una domanda di concordato in bianco o con riserva non possa considerarsi causa di automatica esclusione né inibisca la partecipazione alle procedure per l’affidamento di contratti pubblici. In particolare non si può ritenere che la presentazione di una tale domanda comporti per ciò solo la perdita dei requisiti generali di partecipazione – il cui eventuale successivo recupero in caso di buon esito della procedura non varrebbe neppure ad elidere una simile cesura, in ragione del noto principio di continuità sempre ribadito da questo Consiglio (Cons. St., A.P., n. 8 del 2012 e n. 8 del 2015) – ostando a tale ricostruzione, oltre che la lettera dell’art. 186 bis, la veduta e ribadita funzione prenotativa e protettiva dell’istituto del concordato con riserva che, come spiegato nella relazione ministeriale all’art. 372 del codice della crisi d’impresa, da strumento di tutela non può tradursi nel suo contrario, ossia in un ostacolo alla prosecuzione dell’attività imprenditoriale in quanto proprio tale prospettiva postula che resti consentito, per quanto “vigilato”, l’accesso al mercato dei contratti pubblici (non pertinente è il richiamo a Cons. St., A.P., n. 2155 del 2010, perché precedente le novità sul concordato introdotte a partire dal 2012).

Questa conclusione, che subordina la partecipazione alle procedure di gara al prudente apprezzamento del tribunale, vale sia per l’ipotesi che l’impresa abbia già assunto la qualità di debitore concordatario nel momento in cui è indetta la (nuova) procedura ad evidenza pubblica, che per il caso in cui, all’inverso, la domanda di concordato segua temporalmente quella già presentata di partecipazione alla gara. In questo senso la formula “partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici”, contenuta nell’art. 186 bis, comma 4 (e da ultimo all’art. 110, comma 4, del codice dei contratti), deve essere letta nel suo significato più pieno e più coerente con quella esigenza di controllo giudiziale ab initio che, realizzandosi sin dal momento in cui si costituisce il rapporto processuale con il giudice fallimentare, rappresenta il punto di equilibrio tra la tutela del debitore e quella dei terzi.

qualora come nel caso di specie l’impresa presenti la domanda di concordato dopo avere già presentato la domanda di partecipazione alla gara, dovrà chiedere al tribunale di essere autorizzata a (continuare a) partecipare alla procedura (in tal senso già Cons. St, sez. V, n. 6272 del 2013). Sebbene la legge non indichi un termine ad hoc per la presentazione di una tale istanza (di autorizzazione), è del tutto ragionevole ritenere che, secondo un elementare canone di buona fede in senso oggettivo, l’istanza debba essere presentata senza indugio, anche per acquisire quanto prima l’autorizzazione ed essere – per quanto si dirà – nella condizione utile di poterla trasmettere alla stazione appaltante con la procedura ad evidenza pubblica ancora in corso.

In casi di questo tipo, il richiamo alla buona fede, e agli obblighi di protezione che ne discendono nel corso delle trattative e della formazione del contratto (cfr. Cons. St.,  A.P., n. 5 del 2018), vale anche a ritenere che della avvenuta presentazione della domanda di concordato ai sensi dell’art. 161, comma 6, l’operatore debba mettere prontamente a conoscenza la stazione appaltante, trattandosi di un’informazione rilevante, ancorché la domanda di concordato sia pubblicata nel registro delle imprese e sia quindi in linea di principio conoscibile. Qualora fosse omessa tale informazione valuterà la stazione appaltante l’incidenza di una condotta reticente, (ma) senza automatismi e alla luce di quanto si è chiarito di recente con la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 16 del 2020.

Quanto sinora evidenziato dispensa l’Adunanza dal dare risposta al secondo quesito, siccome incentrato sull’assunto che la questione della partecipazione, possibile o meno, alle gare pubbliche debba trovare la sua soluzione sulla base dell’art. 161, comma 7, della legge fallimentare, a seconda che detta partecipazione sia qualificabile come un atto di ordinaria ovvero di straordinaria amministrazione; quando invece, per quanto in precedenza osservato, il legislatore con l’art. 186 bis, comma 4, ha considerato nello specifico la partecipazione alla gara come un atto (ovvero, anche se non soprattutto, una condotta complessiva), da sottoporre comunque e sempre al controllo giudiziale del tribunale fallimentare.

La centralità e l’importanza che riveste l’autorizzazione del giudice fallimentare, ai fini della partecipazione alla gara, conduce a ritenere che il rilascio e il deposito di tale autorizzazione debba intervenire prima che il procedimento dell’evidenza pubblica abbia termine e, dunque, prima che sia formalizzata da parte della stazione appaltante la scelta del miglior offerente attraverso l’atto di aggiudicazione. Si tratta di una posizione che già è stata fatta propria dalla giurisprudenza più recente di questo Consiglio (Cons. St, sez. V, n. 1328 del 2020), alla quale si è richiamata anche l’ANAC (delibera n. 362 del 2020), e che ha il pregio di individuare un limite temporale definito, (più) idoneo ad assicurare l’ordinato svolgimento della procedura di gara, senza far carico l’amministrazione aggiudicatrice e gli altri concorrenti dei possibili ritardi legati ai tempi di rilascio (o di richiesta) dell’autorizzazione.

Così rispondendosi in linea generale al terzo quesito, è comunque rimesso alle stazioni appaltanti nel singolo caso concreto valutare se un’autorizzazione tardiva ma pur sempre sopraggiunta in tempo utile per la stipula del contratto di appalto o di concessione possa avere efficacia integrativa o sanante.

Linee Guida requisiti aggiuntivi delle imprese fallite o ammesse al concordato: consultazione

L’art.110, quinto comma, lett. b del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs.n.50/2016) prevede che l’Autorità, con apposite Linee guida, stabilisca i requisiti aggiuntivi delle imprese dichiarate fallite o ammesse al concordato ai fini della partecipazione alle gare pubbliche, secondo la disciplina recata dall’art.110 del Codice. L’Autorità, come di consueto, ha ritenuto necessario procedere ad una consultazione pubblica prima di adottare l’atto regolatorio. 

Gli stakeholders sono invitati a esprimere osservazioni sul documento posto in consultazione, riepilogativo delle questioni sottese, utilizzando l’apposito modello, entro il giorno 29 marzo 2018 alle ore 18.00.  
Si avverte che i contributi che perverranno con modalità diverse non potranno essere tenuti in considerazione.

Documento in consultazione (.pdf)

Modulo osservazioni

1) Soa comprendente una categoria per la quale già si possiede attestazione, richiesta di rinnovo, effetti – 2) Impresa assoggettata a concordato con continuità, partecipazione alla gara, possibilità (Art. 38)

TAR Brescia, 20.01.2016 n. 92
(testo integrale)

1. – La più recente giurisprudenza ha affermato in modo esplicito che la richiesta di rinnovo di un’attestazione SOA la quale comprenda una categoria per la quale già una precedente attestazione si possedeva produce gli stessi effetti della verifica di quest’ultima, e consente di partecipare alle pubbliche gare senza soluzione di continuità: così TAR Campania Napoli sez. I 31 luglio 2015 n° 41 88 e 10 luglio 2015 n° 3670. Ciò in base alla considerazione logica per cui la procedura di rilascio di una nuova attestazione che copra sia le categorie precedentemente possedute, sia categorie nuove, comprende gli stessi contenuti della procedura di verifica delle sole categorie già possedute, e quindi non può avere su queste ultime effetti deteriori.

2. – Come è noto, la regola generale è che l’impresa fallita, come previsto anche in sede europea dall’art. 45 della direttiva 2004/18/CE, non può partecipare alle pubbliche gare, e se si ricorda che soggetta a fallimento per definizione è l’impresa non in grado di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni, la logica del divieto è chiara: si vuole evitare che entri in rapporto con il settore pubblico un soggetto che non dà affidamento di prestare con precisione e puntualità quanto gli si commissiona.
A tale regola generale, l’art. 186 bis pone una serie di eccezioni, in presenza del più volte citato istituto del concordato con continuità aziendale. E’ questa, come noto, una fattispecie particolare in cui l’ordinamento, anziché smembrare l’impresa fallita e toglierla dal mercato, tenta di ristrutturarla e di mantenerla come realtà attiva, allo scopo di salvaguardare in primo luogo l’occupazione, e di riflesso anche l’integrità del tessuto economico di un territorio.
A fronte di ciò, si giustifica un capovolgimento della regola: in caso di concordato con continuità, l’impresa presuntivamente può, se pur con certe cautele, partecipare alle pubbliche gare, che com’è ovvio rappresentano una fonte importante di risorse per superare la crisi aziendale in atto.
Secondo il comma 4 dell’art. 186 bis, anzitutto la partecipazione alla gara in quanto tale è possibile anche dopo depositato il ricorso per ammissione alla procedura, se il Tribunale la autorizza. Intervenuta l’ammissione, ai sensi del comma 5, ancora una volta la partecipazione è ammessa, se l’impresa produce due garanzie in senso atecnico, ovvero la relazione di un professionista che attesti la “ragionevole capacità di adempimento del contratto” e l’impegno di altro operatore qualificato, in sintesi, ad adempiere al posto dell’impresa in concordato che, nonostante tutto, non riesca a far fronte al contratto concluso.
Ciò riguarda il caso, frequente ma non esclusivo, in cui l’impresa concorra alla gara come isolata; il successivo comma 6 prevede invece l’ipotesi in cui essa concorra associata in RTI, e ammette anche in questo caso la partecipazione, con le garanzie suddette e con due eccezioni: l’impresa stessa non può partecipare se e mandataria, ovvero se altre associate siano a loro volta soggette a procedura concorsuale. Se invece l’impresa può partecipare, l’impegno ad adempiere dell’operatore qualificato di cui s’è detto può provenire anche da un membro del RTI.
La logica del sistema così descritto è chiara: nella regola generale, per cui l’impresa sottoposta a procedura concorsuale non partecipa alle gare pubbliche, se ne inscrive una speciale di segno opposto, per cui l’impresa assoggettata a quella particolare procedura che è il concordato con continuità può partecipare; la regola speciale soffre poi eccezioni, che per contenuto riportano alla regola generale, ma eccezioni rimangono. Per conseguenza, in base all’art. 11 delle preleggi, i casi non espressamente previsti andranno decisi estendendo la regola speciale, che ammette la partecipazione.
Ciò posto, il caso di specie è proprio un caso non previsto, perché la legge ha riguardo ad un’impresa che concorra alla pubblica gara dopo il deposito del ricorso ovvero dopo l’ammissione al concordato. Nel caso presente, invece, la P. viene assoggettata a concordato nelle more della procedura di gara, ovvero dopo la domanda di partecipazione e prima dell’aggiudicazione definitiva. E’ logico ammettere, così come già ritenuto in sede cautelare, che le si estenda la regola della partecipazione e non le si applichino le eccezioni: potrà partecipare presentando, come ha fatto, le garanzie di cui al comma 5, di cui la dichiarazione di impegno, come previsto dal comma 6, può provenire anche da un membro del RTI.