Consiglio di Stato, 22.08.2023 n. 7915
Nel caso in esame, evidenzia l’appellante, se è indubbio che astrattamente rientra nelle facoltà dell’Ente locale stipulare un contratto di locazione mediante il quale si obblighi a far godere al conduttore un immobile di proprietà pubblica, in concreto occorrerà però verificare, alla luce delle finalità in concreto perseguite con il ricorso allo schema negoziale privatistico, la legittimità nel suo complesso dell’operazione: in particolare, la mancanza di una corretta procedura competitiva circa l’assegnazione di un bene pubblico suscettibile di sfruttamento economico (come nel caso in esame) introdurrebbe una barriera all’ingresso del mercato, determinando la lesione dei principi comunitari di concorrenza e libertà di stabilimento (in termini Cons. Stato, V, 27 luglio 2016, n. 3380; V, 31 maggio 2011, n. 3250).
Il motivo è fondato.
Va preliminarmente evidenziato che sull’immobile in questione grava un vincolo di utilizzazione.
La stazione appaltante aveva infatti imposto al futuro conduttore “di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di cui agli indirizzi forniti dall’Amministrazione comunale con D.G.M n. 195/17 […]”, ossia “di utilizzare l’immobile […] per realizzare il servizio di Asilo nido e le attività ad esso correlate […] assumendo appieno il rischio d’impresa che deriva dall’esercizio dell’attività per cui il Prestatore si aggiudica la sola locazione dell’immobile e non l’affidamento del servizio”; a sua volta, il conduttore “si impegna[va] altresì a provvedere alla manutenzione completa e complessiva dell’area esterna di pertinenza della struttura”.
Il medesimo immobile aveva del resto beneficiato, nell’ottobre 2017, di un’erogazione di fondi pubblici proprio – e solo – per la gestione di un asilo comunale al suo interno, per un importo di oltre 300.000,00 euro: deve quindi ritenersi, in ragione di tali oggettive evidenze, che l’obiettivo effettivamente perseguito dal Comune non fosse quello di concedere in locazione un immobile di sua proprietà, bensì di assicurarsi la gestione del servizio (di asilo nido comunale) che avrebbe dovuto essere svolto in tali locali.
Ciò trova implicita conferma nell’onere – altrimenti non comprensibile – del conduttore di presentare (busta n. 3) una specifica proposta progettuale per le attività e/o progetti da svolgersi nel predetto immobile, prevedendo per essa l’assegnazione di uno specifico punteggio (pari a ben quaranta punti, contro i sessanta previsti per la valutazione dell’offerta economica) proprio per la gestione del servizio pubblico del servizio di asilo nido, con connesso rischio di gestione a totale carico del conduttore.
A volersi poi considerare anche il valore complessivo dell’operazione negoziale, risulta dagli atti che quello (presuntivo) dell’affidamento per l’Asilo nido di proprietà comunale, per l’intera sua durata, era stato stimato in complessivi euro 785.306,05, a fronte di un valore della locazione pari a (soli) 27.000,00 euro all’anno: è dunque evidente, anche sotto il profilo economico, l’assoluta preponderanza del servizio.
Ciò premesso, ritiene il Collegio di dover confermare l’indirizzo (ex multis, Cons. Stato, V, 26 ottobre 2016, n. 4476) secondo cui solamente la disponibilità contrattuale di locali per un periodo di tempo determinato può qualificarsi come locazione in senso proprio, laddove “Tale situazione non ricorre allorché invece questa detenzione è strettamente collegata ad un servizio che concretizza una serie prestazioni nient’affatto “accessorie” o “complementari”, come giustappunto quella su cui si controverte: il contratto stipulato dal Comune di -OMISSIS- andava dunque correttamente qualificato quale concessione di servizio pubblico, rispetto alla quale la detenzione dell’immobile concesso in locazione risultava residuale.
In questi termini non è conferente l’obiezione per cui -OMISSIS- s.c.p.a., pur essendo a conoscenza del bando di gara, avrebbe liberamente scelto di non partecipare alla relativa procedura – con ciò venendo meno il suo interesse all’impugnazione – atteso che l’interesse al gravame dell’odierna appellante risiede, in modo evidente, nell’ottenere l’affidamento del servizio di Asilo nido comunale in esito ad una gara alla quale vengano ammessi solo operatori economici all’uopo qualificati, proprio per evitare effetti distorsivi della concorrenza.
Ne consegue l’illegittimità della procedura seguita dall’amministrazione, strutturata nei termini di un invito ad offrire secondo lo schema di cui all’art. 1989 Cod. civ., dovendo trovare applicazione le disposizioni del d.lgs. n. 50 del 2016 per le gare sopra soglia comunitaria (artt. 59 ss.) e non già l’art. 17, comma primo, lett. a) del medesimo decreto, relativo a “l’acquisto o la locazione, […] di beni immobili […]”.