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Clausola sociale : modalità di attuazione (art. 50 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 03.06.2022 n. 4539

Questo Consiglio di Stato ha infatti posto in risalto che il regime della clausola sociale “richiede un bilanciamento fra più valori, tutti di rango costituzionale, ed anche europeo …. Ci si riferisce da un lato al rispetto della libertà di iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 Cost, ma anche dall’art. 16 della Carta di Nizza, che riconosce ‘la libertà di impresa’, conformemente alle legislazioni nazionali ….Ci si riferisce, dall’altro lato, in primo luogo al diritto al lavoro, la cui protezione è imposta dall’art. 35 Cost., e dall’art. 15 della Carta di Nizza, di analogo contenuto” (Cons. Stato, Comm. spec., parere 21 novembre 2018, n. 2703).
Per tali ragioni detta clausola va formulata e intesa “in maniera elastica e non rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario”, anche perché solo in questi termini “la clausola sociale è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa secondo la quale l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3885; III, 30 gennaio 2019, n. 750; III, 29 gennaio 2019, n. 726; 7 gennaio 2019, n. 142; III, 18 settembre 2018, n. 5444; V, 5 febbraio 2018, n. 731; V, 17 gennaio 2018 n. 272; III 5 maggio 2017, n. 2078; V 7 giugno 2016, n. 2433; III, 30 marzo 2016, n. 1255)” (Cons. Stato, V, 12 settembre 2019, n. 6148; anche Cons. Stato, VI, 21 luglio 2020, n. 4665; 24 luglio 2019, n. 5243; V, 12 febbraio 2020, n. 1066).

Il tema delle modalità di attuazione della clausola sociale è stato affrontato dal Consiglio di Stato anche in sede consultiva, con il parere reso sulle Linee guida Anac n. 13 (delibera n. 114 del 13 febbraio 2019) relative all’applicazione dell’art. 50 del Codice contratti pubblici.
Al riguardo, è stata posta in risalto l’opportunità di prevedere un “vero e proprio ‘piano di compatibilità’ o ‘progetto di assorbimento’, nel senso che l’offerta debba illustrare in qual modo concretamente l’offerente, ove aggiudicatario, intenda rispettare la clausola sociale”; il che confluirebbe nella formulazione di “una vera e propria proposta contrattuale … che contenga gli elementi essenziali del nuovo rapporto in termini di trattamento economico e inquadramento, unitamente all’indicazione di un termine per l’accettazione”, con conseguente possibilità per il lavoratore di “previa individuazione degli elementi essenziali del contratto di lavoro” (Cons. Stato, parere n. 2703 del 2018).
Allo stesso modo, la stazione appaltante potrebbe valutare se “inserire tra i criteri di valutazione dell’offerta quello relativo alla valutazione del piano di compatibilità, assegnando tendenzialmente un punteggio maggiore, per tale profilo, all’offerta che maggiormente realizzi i fini cui la clausola tende”.
Da ciò si ricava chiara conferma che è rimessa al concorrente la scelta sulle concrete modalità di attuazione della clausola, incluso l’inquadramento da attribuire al lavoratore, spettando allo stesso operatore formulare eventuale ‘proposta contrattuale’ al riguardo, anche attraverso il cd. ‘progetto di assorbimento’, introdotto dall’art. 3, ultimo comma, delle predette Linee guida (in proposito, Cons. Stato, V, 1 settembre 2020, n. 5338); il che conferma che dalla clausola sociale non può trarsi sic et simpliciter un obbligo in capo al concorrente di inquadrare il lavoratore con lo stesso livello di anzianità già posseduto.
È stato recentemente sottolineato anche come la clausola non comporti “alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato e in forma automatica e generalizzata, nonché alle medesime condizioni, il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria, ma solo che l’imprenditore subentrante salvaguardi i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e congruo”; di guisa che “l’obbligo di garantire ai lavoratori già impiegati le medesime condizioni contrattuali ed economiche non è assoluto né automatico” (Cons. Stato, n. 6148 del 2019, cit.; 16 gennaio 2020, n. 389, in cui si precisa, sotto altro concorrente profilo, che sull’aggiudicatario non grava “l’obbligo di applicare ai lavoratori esattamente le stesse mansioni e qualifiche che avevano alle dipendenze del precedente datore di lavoro”; si veda anche 13 luglio 2020, n. 4515, in ordine al CCNL prescelto).
Per tali ragioni va escluso che la clausola sociale possa implicare la necessaria conservazione dell’inquadramento e dell’anzianità del lavoratore assorbito dall’impresa aggiudicataria.

Del resto, è stato anche rilevato, sotto altro profilo, che l’aspetto inerente al “modo con cui l’imprenditore subentrante dia seguito all’impegno assunto con la stazione appaltante di riassorbire i lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario (id est. come abbia rispettato la clausola sociale) attiene … alla fase di esecuzione del contratto, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro” (Cons. Stato, n. 6148 del 2019, cit.; Linee guida Anac n. 13, che all’art. 5 prevedono: “L’inadempimento degli obblighi derivanti dalla clausola sociale comporta l’applicazione dei rimedi previsti dalla legge ovvero dal contratto. Nello schema di contratto le stazioni appaltanti inseriscono clausole risolutive espresse ovvero penali commisurate alla gravità della violazione. Ove ne ricorrano i presupposti, applicano l’articolo 108, comma 3, del Codice dei contratti pubblici”).

Servizi di natura intellettuale : individuazione e regole applicabili

Consiglio di Stato, sez. V, 21.02.2022 n. 1234

9.1. – La giurisprudenza del Consiglio di Stato (di recente si veda Cons. Stato, V, 12 febbraio 2021, n. 1291) ha avuto modo di evidenziare che «in coerenza alla ratio dell’art. 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici ciò che differenzia la natura intellettuale di un’attività è l’impossibilità di una sua standardizzazione e, dunque, l’impossibilità di calcolarne il costo orario» e che non può essere qualificato come appalto di servizi di natura intellettuale quello che «ricomprende anche e soprattutto attività prettamente manuali» o che «non richiedono un patrimonio di cognizioni specialistiche per la risoluzione di problematiche non standardizzate» (cfr. Cons. Stato, III, 19 marzo 2020, n. 1974). Per servizi di natura intellettuale si intendono pertanto quelli che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, costituenti ideazione di soluzioni o elaborazione di pareri, prevalenti nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse; mentre va esclusa la natura intellettuale del servizio avente ad oggetto l’esecuzione di attività ripetitive che non richiedono l’elaborazione di soluzioni personalizzate, diverse, caso per caso, per ciascun utente del servizio, ma l’esecuzione di meri compiti standardizzati (Cons. Stato, V, 28 luglio 2020, n. 4806, nonché la citata V, n. 1291 del 2021).

9.2. – Tuttavia, deve osservarsi che la ragione sottesa all’esclusione degli appalti di servizi di natura intellettuale dall’ambito di applicazione dell’obbligo di inserimento nel bando della clausola sociale è diversa da quella che giustifica la sottrazione all’obbligo di indicare nell’offerta economica gli oneri aziendali per la sicurezza ai sensi dell’art. 95, comma 10. L’elaborazione della nozione di servizi di natura intellettuale sotto quest’ultimo profilo ha come punto di riferimento l’individuazione di prestazioni lavorative che, comportando anche attività materiali o ripetitive (e quindi non limitate allo «svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, costituenti ideazione di soluzioni o elaborazione di pareri, prevalenti nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse»: Cons. Stato, V, n. 1291 del 2021 cit.), impongono la predisposizione nell’ambiente lavorativo di presìdi per la sicurezza del lavoratore e la previsione dei relativi costi per l’azienda.

9.3. – Nell’art. 50 la ratio è diversa: muovendo dal presupposto che l’adempimento della clausola sociale non può comportare la totale compressione della libera iniziativa economica dell’impresa, che si esplica anche nelle forme di organizzazione aziendale e produttiva, l’esclusione degli appalti di servizi di natura intellettuale riconosce che la natura prettamente professionale e personale può costituire un ostacolo all’adempimento di un obbligo che imporrebbe l’assorbimento del personale dell’appaltatore uscente, mentre proprio i profili di elevato contenuto intellettuale e professionale che caratterizzano tali servizi giustificano o esigono che la scelta del personale sia basata sull’intuitus personae o comunque sulla maggiore affidabilità, per l’impresa che subentra, delle professionalità già presenti in azienda o selezionate dall’appaltatore per lo svolgimento dei servizi, e non imposte dall’adempimento di clausole sociali.

In queste ipotesi, pertanto, l’analisi della natura e della tipologia delle prestazioni non è (esclusivamente) finalizzata alla ricerca di attività che impongono all’impresa la previsione di costi per la sicurezza dell’ambiente di lavoro, ma è diretta a stabilire se il servizio è svolto in misura prevalente da prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale (secondo lo schema delle professioni intellettuali), costituenti ideazione di soluzioni, ovvero governo o direzione di sistemi complessi (come nel caso in esame), elaborazione di pareri, interventi correttivi o di manutenzione che implichino attività non ripetitive.

Clausola sociale: non ha effetto automatico e rigidamente escludente (art. 50 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 29.11.2021 n. 7922

La giurisprudenza, anche di questa Sezione, ha costantemente chiarito che alla clausola sociale non può essere attribuito “un effetto automaticamente e rigidamente escludente” e non può pertanto essere intesa “nel senso di comportare un obbligo assoluto per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il totale del personale già utilizzato dalla precedente impresa in quanto l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente deve essere contemperato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto” (tra le tante: Cons. Stato, sez. III, 28.12.2020, n. 8442; Cons. Stato, sez. V, 2.11.2020, n. 6761; Consiglio di Stato, Sez. VI, 20.10.2020, n. 6336, 29.7.2020, n. 4832 e 24.7.2019, n. 5243; Sez. III, 28.7.2020, n. 4799 e 5.8.2020, n. 4945; Sez. IV, 22.6.2020, n. 3970; Sez. V, 4.5.2020, n. 2796).

Riferimenti normativi:

art. 50 d.lgs. n. 50/2016

Riassorbimento del personale del gestore uscente (art. 50 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 18.10.2021 n. 6957

Non può sottacersi che le problematiche sottese al riassorbimento del personale del gestore uscente ed alle modalità di organizzazione del servizio da rendere (con particolare riferimento all’utilizzo di personale in full time o in part time) investono direttamente i poteri e le facoltà dell’imprenditore, così che la valutazione che di esse ha fatto la stazione appaltante (anche nel considerare esaustive o adeguate le giustificazioni formulate dall’aggiudicatario) può essere sindacata, come ha ribadito costantemente la giurisprudenza, solo allorquando sia affetta da manifesta illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza o da travisamento di fatti, mentre la mera opinabilità della valutazione non è causa di illegittimità.
[…]
Va confermato, al riguardo, il consolidato orientamento (ex multis, Cons. Stato, VI, 21 luglio 2020, n. 4665) secondo cui la cd. clausola sociale è connotata da un necessario carattere di flessibilità, collocandosi nell’ambito della libertà d’impresa ed avendo quali parametri di riferimento le esigenze della stazione appaltante (che non possono comunque imporre un riassorbimento integrale del personale, in quanto verrebbero a limitare eccessivamente la libera iniziativa economica dell’operatore concorrente: così Cons. Stato, VI, 24 luglio 2019, n. 5243) e quelle dei lavoratori (non potendo l’elasticità di applicazione della clausola spingersi fino al punto da legittimare politiche aziendali di dumping sociale in grado di vanificare gli obiettivi di tutela del lavoro perseguito attraverso la stessa (così Cons. Stato, V, 10 giugno 2019, n. 3885).

Riferimenti normativi:

art. 50 d.lgs. n. 50/2016

Clausola sociale : applicazione ” elastica ” (art. 50 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 21.07.2021 n. 5483

Va condiviso il ragionamento del giudice di primo grado anche in punto di sua modalità applicativa: della clausola sociale deve consentirsene un’applicazione elastica e non rigida per contemperare l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 ottobre 2020, n. 6615; V, 12 settembre 2019, n. 6148; V, 10 giugno 2019, n. 3885; III, 30 gennaio 2019, n. 750; III, 29 gennaio 2019, n. 726; 7 gennaio 2019, n. 142; III, 18 settembre 2018, n. 5444; V, 5 febbraio 2018, n. 731; V, 17 gennaio 2018 n. 272; III 5 maggio 2017, n. 2078; V 7 giugno 2016, n. 2433; III, 30 marzo 2016, n. 1255).
Ne segue che l’aggiudicatario ben poteva apportare all’organigramma di cui all’allegato B che, come detto, fotografava l’organizzazione del servizio da parte del gestore uscente, propri aggiustamenti sia nel numero dei lavoratori da impiegare, che nelle ore, che nei livelli professionali.

[rif. art. 50 d.lgs. n. 50/2016]

Servizi con caratteristiche standardizzate – Alta intensità di manodopera – Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – Necessità (art. 50 , art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Milano, 30.04.2021 n. 1095

In particolare, il Tribunale osserva che:
– come è noto, il vigente art. 95 del codice dei contratti prevede, al comma 3, che sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo “a) i contratti relativi ai … servizi ad alta intensità di manodopera, come definiti all’articolo 50, comma 1, fatti salvi gli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a)”;
– il successivo quarto comma dell’art. 95 stabilisce che “può essere utilizzato il criterio del minor prezzo… “b) per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato, fatta eccezione per i servizi ad alta intensità di manodopera di cui al comma 3, lettera a)”;
– a sua volta l’art. 50, comma 3, del d.l.vo n. 50 chiarisce che “i servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto”;
– l’appalto in esame è stato indetto nel 2018 e ciò impone alcune precisazioni in ordine alla disciplina applicabile;
– la giurisprudenza ha precisato (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Pl., 21 maggio 2019, n. 8) che il combinato disposto dei commi 2, 3, 4 e 5 dell’art. 95 d.lgs. n. 50/2016 deve interpretarsi nel senso che “gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera ai sensi degli artt. 50, comma 1, e 95, comma 3, lett. a), del codice dei contratti pubblici sono comunque aggiudicati con il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, quand’anche gli stessi abbiano anche caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett. b), del medesimo codice”, ciò sulla base di un’interpretazione sistematica della disciplina degli appalti pubblici in coerenza con i principi e criteri direttivi previsti dalla legge delega 28 gennaio 2016, n. 11, per l’attuazione delle direttive sugli appalti pubblici del 2014, tra cui la direttiva europea 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, in particolare in coerenza con l’art. 67 della direttiva;
– va precisato che la decisione dell’Adunanza plenaria è intervenuta sull’assetto normativo previgente all’integrazione apportata alla lettera b) del comma 4 dello stesso art. 95 cit. – operata dal d.l. n. 38/2019 convertito nella legge n. 55/2019 – e ha avuto ad oggetto in una fattispecie concreta in cui il bando era stato pubblicato ampiamente prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 38/2019;
– ne consegue che alla citata modifica legislativa deve attribuirsi valenza ricognitiva, meramente esplicativa di un principio normativo già immanente nella disciplina degli appalti pubblici (cfr. Consiglio di Stato, Ad Pl, n. 8/2019);
– ne deriva che è irrilevante che la citata modifica normativa sia entrata in vigore dopo l’indizione della procedura in esame, essendo la relativa gara in ogni caso assoggettata al principio normativo enunciato dall’Adunanza plenaria (cfr. sul punto anche Consiglio di Stato sez. VI, 23 dicembre 2020, n. 8285);
– nel caso in esame il capitolato e, più in generale, gli atti di gara palesano che il servizio da affidare ha ad oggetto prestazioni standardizzate e sostanzialmente routinarie;
– tale aspetto è confermato dalla stessa stazione appaltante, che, anche in sede di memoria processuale, qualifica i servizi come standardizzati, precisando che si tratta di attività aventi ad oggetto prestazioni che richiedono un elevato numero di interventi, caratterizzati da una sostanziale ripetitività ed omogeneità, per i quali non risultano necessarie competenze informatiche altamente qualificate e specialistiche, ma soltanto competenze informatiche di base;
– in base all’art. 95 cit. il fatto che si tratti di un servizio con caratteristiche standardizzate non è però un elemento che di per sé consente l’affidamento al prezzo più basso, poiché questa possibilità è esclusa laddove si tratti di un servizio ad alta intensità di manodopera, secondo il parametro posto dall’art. 55 cit., ossia quando il valore della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto.

Clausola sociale – Obbligo di riassorbimento come criterio premiale – Legittimità (art. 50 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 23.04.2021 n. 3297

Premesso che per costante giurisprudenza di questa Sezione (ex multis, sentenze nn. 1576/2021, 8442/2020, 4796/2020, 389/2020, 750/2019, 726/2019) l’obbligo sotteso alla clausola sociale, che richiede un bilanciamento fra valori antagonisti (V Sezione, sentenza n. 6761/2020), non può mai essere assoluto (id est, tale da comprimere le esigenze organizzative dell’impresa e da impedire una efficiente ed efficace combinazione dei fattori della produzione), ciò che appare dirimente nel caso di specie è che – in tale prospettiva – la lex specialis prevedeva l’obbligo di riassorbimento del personale non come condizione di partecipazione alla gara, ma come criterio premiale.

[rif. art. 50 d.lgs. n. 50/2016]

Progetto di assorbimento e clausola sociale ai sensi delle Linee Guida Anac n. 13 (art. 50 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 02.11.2020 n. 6761

Una diversa interpretazione che volesse ricavare dalla lex specialis un vincolo per i concorrenti, una volta aderita la clausola, al mantenimento dei livelli d’anzianità vantati dai lavoratori risulterebbe del resto contraria allo spirito e al significato delle clausole sociali, come delineato dalla giurisprudenza.
È stato infatti posto in risalto che il regime della clausola sociale “richiede un bilanciamento fra più valori, tutti di rango costituzionale, ed anche europeo […]. Ci si riferisce da un lato al rispetto della libertà di iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 Cost, ma anche dall’art. 16 della Carta di Nizza, che riconosce ‘la libertà di impresa’, conformemente alle legislazioni nazionali […].Ci si riferisce, dall’altro lato, in primo luogo al diritto al lavoro, la cui protezione è imposta dall’art. 35 Cost, e dall’art. 15 della Carta di Nizza, di analogo contenuto” (Cons. Stato, Comm. spec., parere 21 novembre 2018, n. 2703).
Per tali ragioni detta clausola va formulata e intesa “in maniera elastica e non rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario”, anche perché solo in questi termini “la clausola sociale è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa secondo la quale l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3885; III, 30 gennaio 2019, n. 750; III, 29 gennaio 2019, n. 726; 7 gennaio 2019, n. 142; III, 18 settembre 2018, n. 5444; V, 5 febbraio 2018, n. 731; V, 17 gennaio 2018 n. 272; III 5 maggio 2017, n. 2078; V 7 giugno 2016, n. 2433; III, 30 marzo 2016, n. 1255)” (Cons. Stato, V, 12 settembre 2019, n. 6148; cfr. anche Cons. Stato, VI, 21 luglio 2020, n. 4665; 24 luglio 2019, n. 5243; V, 12 febbraio 2020, n. 1066).
Il tema delle modalità di attuazione della clausola sociale è stato peraltro affrontato dal Consiglio di Stato in sede consultiva, con il parere già citato reso sulle Linee guida dell’Anac relative all’applicazione dell’art. 50 d.lgs. n. 50 del 2016 (Linee guida n. 13, poi approvate con delibera n. 114 del 13 febbraio 2019).
Al riguardo è stata posta in risalto in particolare l’opportunità di prevedere un “vero e proprio ‘piano di compatibilità’ o ‘progetto di assorbimento’, nel senso che [l’offerta] debba illustrare in qual modo concretamente l’offerente, ove aggiudicatario, intenda rispettare la clausola sociale”; il che confluirebbe nella formulazione di “una vera e propria proposta contrattuale […] che contenga gli elementi essenziali del nuovo rapporto in termini di trattamento economico e inquadramento, unitamente all’indicazione di un termine per l’accettazione”, con conseguente possibilità per il lavoratore di “previa individuazione degli elementi essenziali del contratto di lavoro” (Cons. Stato, parere n. 2703 del 2018, cit.).
Allo stesso modo, la stazione appaltante potrebbe valutare se “inserire tra i criteri di valutazione dell’offerta quello relativo alla valutazione del piano di compatibilità, assegnando tendenzialmente un punteggio maggiore, per tale profilo, all’offerta che maggiormente realizzi i fini cui la clausola tende”.
Da ciò si ricava chiara conferma che è rimessa al concorrente la scelta sulle concrete modalità di attuazione della clausola, incluso l’inquadramento da attribuire al lavoratore, spettando allo stesso operatore formulare eventuale “proposta contrattuale” al riguardo, anche attraverso il cd. “progetto di assorbimento”, effettivamente introdotto dall’art. 3, ultimo comma, delle Linee guida Anac n. 13 (cfr., in proposito, Cons. Stato, V, 1 settembre 2020, n. 5338); il che vale a escludere che dalla clausola sociale possa derivare sic et simpliciter un obbligo in capo al concorrente d’inquadrare il lavoratore con lo stesso livello d’anzianità già posseduto.
È stato recentemente sottolineato come la clausola non comporti “alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata, nonché alle medesime condizioni, il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria, ma solo che l’imprenditore subentrante salvaguardi i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e congruo”; di guisa che “l’obbligo di garantire ai lavoratori già impiegati le medesime condizioni contrattuali ed economiche non è assoluto né automatico” (Cons. Stato, n. 6148 del 2019, cit.; cfr. anche Id., 16 gennaio 2020, n. 389, in cui si precisa, sotto altro concorrente profilo, che sull’aggiudicatario non grava “l’obbligo di applicare ai lavoratori esattamente le stesse mansioni e qualifiche che avevano alle dipendenze del precedente datore di lavoro”; v. anche Id., 13 luglio 2020, n. 4515, in ordine al Ccnl prescelto).
Per tali ragioni va escluso che la clausola sociale possa implicare la necessaria conservazione dell’inquadramento e dell’anzianità del lavoratore assorbito dall’impresa aggiudicataria.
Va peraltro rilevato, sotto altro profilo, che l’aspetto inerente al “modo [con cui] l’imprenditore subentrante dia seguito all’impegno assunto con la stazione appaltante di riassorbire i lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario (id est. come abbia rispettato la clausola sociale) attiene […] alla fase di esecuzione del contratto, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro” (Cons. Stato, n. 6148 del 2019, cit.; cfr. anche la Linee guida Anac n. 13, che all’art. 5 prevedono: “L’inadempimento degli obblighi derivanti dalla clausola sociale comporta l’applicazione dei rimedi previsti dalla legge ovvero dal contratto. Nello schema di contratto le stazioni appaltanti inseriscono clausole risolutive espresse ovvero penali commisurate alla gravità della violazione. Ove ne ricorrano i presupposti, applicano l’articolo 108, comma 3, del Codice dei contratti pubblici”).
Per contro non vale il richiamare il precedente della Sezione che ha escluso che l’estensione della libertà imprenditoriale possa spingersi sino al punto di vanificare le sottostanti esigenze di tutela dei lavoratori sotto il profilo del mantenimento delle condizioni economiche e contrattuali vigenti, pena la legittimazione di politiche aziendali di dumping sociale in grado di vanificare gli obiettivi di tutela del lavoro (Cons. Stato, V, 10 giugno 2019, n. 3885): il caso esaminato era infatti caratterizzato da una clausola sociale e una corrispondente disposizione di legge regionale che prevedevano espressamente il mantenimento delle condizioni economiche e contrattuali già in essere in capo ai lavoratori, sicché la fattispecie – in disparte ogni ulteriore considerazione al riguardo – non è sovrapponibile a quella qui in esame.

Clausola sociale ed assunzione di tutto il personale dell’impresa sostituita (settore trasporti): è legittima?

E’ legittima la disposizione della lex specialis di gara concernente l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale su gomma contenente la c.d. clausola sociale, che obbliga il concorrente ad assumere tutti i dipendenti, con la sola eccezione dei dirigenti, della precedente gestione, indifferentemente rispetto alle sue esigenze organizzative e gestionali.

Il Consiglio di Stato, sez. V, 07.02.2020 n. 973 ha recentemente dato atto di come l’art. 48, comma 7, lett. e), D.L. n. 50 del 2017 (che richiama la direttiva 2001/23/CE, avente ad oggetto il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese) riconosca all’Autorità di regolazione dei trasporti il potere di dettare regole generali in materia di “previsione nei bandi di gara del trasferimento senza soluzione di continuità di tutto il personale dipendente dal gestore uscente al subentrante con l’esclusione dei dirigenti, applicando in ogni caso al personale il contratto collettivo nazionale di settore e il contratto di secondo livello o territoriale applicato dal gestore uscente, nel rispetto delle garanzie minime”.

Nel particolare settore del trasporto pubblico la normativa è dunque nel senso di ammettere una clausola sociale particolarmente forte, garantendo in caso di subentro il trasferimento di tutto il personale dipendente (tranne i dirigenti) dal gestore uscente al subentrante, con l’applicazione del CCNL di settore e del contratto di secondo livello applicato dal gestore uscente almeno per un anno dalla data di subentro.

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    Clausola sociale – Interpretazione flessibile – Conformità al favor partecipationis – Obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata tutto il personale – Non sussiste (art. 32 , art. 50 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Roma, 23.12.2019 n. 14796

    Il Collegio rileva che la lex specialis non ha espressamente previsto un obbligo di riassorbimento da parte dell’aggiudicatario del personale impiegato dal gestore uscente, pur non trascurando nel disciplinare (…) di inserire dei criteri di valutazione dell’offerta diretti a valorizzare, in sede di attribuzione del punteggio, determinate tipologie contrattuali ovvero l’uso di specifici CCNL ai fini dell’inquadramento dei lavori.

    Il Collegio sottolinea, inoltre, che anche sotto la vigenza del precedente codice la giurisprudenza aveva chiarito che la «stabilità occupazionale», che è sicuramente un obiettivo normativo importante e un valore ordinamentale, deve essere «promossa» e non rigidamente imposta e comunque deve essere armonizzata con i principi europei della libera concorrenza e della libertà d’impresa, così da escludere un rigido obbligo di garanzia necessaria della stabilità, pur in presenza di variato ambito oggettivo del servizio a gara” (T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 13 febbraio 2017 n. 231). Peraltro, anche ove prevista, tale “clausola sociale di «riassorbimento» deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti la clausola in questione lesiva della concorrenza, dal momento che verrebbe a scoraggiare la partecipazione alla gara ed a limitare la platea dei partecipanti, nonché a ledere la libertà d’impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost., che sta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di produzione. Detta clausola, dunque, riveste portata cogente solo nel senso che l’offerente non può ridurre ad libitum il numero di unità da impiegare nell’appalto, senza che tale clausola comporti anche l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata tutto il personale già utilizzato dalla precedente impresa affidataria del servizio (T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I 21 marzo 2016 n. 98; Cons. di St., sez. III, 5 maggio 2017 n. 2078; cfr., inoltre, la sentenza di questa Sezione n. 12052 del 2019, nella quale pure si afferma che: “Nelle gare pubbliche di appalto la c.d. clausola sociale deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti essa lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d’impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost.; l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante; i lavoratori, che non trovano spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali, ma la clausola non comporta invece alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria”).

    [rif. art. 50 d.lgs. n. 50/2016]

     

    1) Affidamento in via di urgenza – Impugnazione – Inammissibilitá; 2) Clausola sociale – Interpretazione flessibile – Conformità al favor partecipationis (art. 32 , art. 50 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Roma, 07.10.2019 n. 11594

    1) Con il primo motivo (A1) la ricorrente censura il provvedimento di aggiudicazione della gara nella parte in cui ha disposto l’affidamento in via d’urgenza della commessa.
    Al riguardo, tenuto presente che – come si illustrerà nel prosieguo – tutte le doglianze articolate contro l’aggiudicazione e gli atti di gara a essa antecedenti non possono trovare accoglimento, la parte non ha interesse all’annullamento della disposizione di esecuzione anticipata del contratto, come correttamente eccepito dalla controinteressata.
    L’esame della predetta questione riguarderebbe, infatti, il momento relativo all’esecuzione del contratto, che si colloca in una fase posteriore e diversa rispetto alla selezione del miglior contraente. Pertanto, sancita la regolarità della selezione e del suo esito, la verifica sul momento dell’affidamento del servizio non potrebbe ripercuotersi sul provvedimento di aggiudicazione definitiva, evidenziando, in ultima analisi, una carenza di interesse all’esame della censura (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5530).
    Né la ricorrente potrebbe fondare il proprio interesse al riguardo sulla sua specifica posizione di precedente affidatario del servizio, il quale avrebbe potuto eventualmente ottenere la prosecuzione dell’attività in regime di c.d. “proroga tecnica”, nel caso in cui non fosse stata disposta l’esecuzione anticipata del nuovo appalto. La posizione così vantata non dà luogo, infatti, a un interesse legittimo, ma consiste in un mero interesse di fatto, atteso che la “proroga tecnica” del rapporto con il precedente affidatario non è una conseguenza diretta e automatica della mancata stipulazione del contratto con l’operatore entrante, e non costituirebbe quindi comunque l’esito necessitato dell’eventuale annullamento della disposizione di esecuzione anticipata. Alla scadenza del contratto, l’Amministrazione potrebbe infatti determinarsi – ad esempio – ad assumere direttamente il servizio, come peraltro risulta effettivamente essere avvenuto nel caso di specie, nel quale l’attività, secondo quanto riferito dalla difesa capitolina, è stata assicurata dagli assistenti sociali comunali, sia pure per il breve lasso di tempo intercorrente tra il termine del precedente affidamento e l’effettivo avvio dell’attività da parte dell’aggiudicataria in regime di esecuzione in via d’urgenza.
    In ogni caso, il motivo è anche infondato nel merito.
    L’articolo 32, comma 8, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 50 del 2016 stabilisce, infatti, che l’esecuzione in via d’urgenza è ammessa – tra l’altro – “nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all’interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari”.
    Nell’ipotesi qui in esame, l’Amministrazione ha evidenziato sin dal bando di gara che il servizio di gara costituisce un “servizio essenziale ai sensi della L. 328/2000” (cfr. il paragrafo II.2.5 del bando) e ha poi coerentemente affermato nel provvedimento di aggiudicazione della gara che “al fine di garantire la continuità delle prestazioni di Segretariato Sociale e di Prossimità, trattandosi di un servizio essenziale, l’Amministrazione ritiene opportuno procedere all’affidamento di che trattasi”.
    La ragione dell’affidamento anticipato è stata, perciò, correttamente esplicitata, evidenziando il grave danno all’interesse pubblico derivante dall’interruzione di un servizio essenziale destinato alle fasce più deboli.
    In senso contrario, prova troppo l’affermazione della ricorrente, secondo la quale il servizio avrebbe potuto continuare senza interruzione in regime di proroga tecnica con il precedente operatore, atteso che la proroga di un affidamento, oltre a essere sottoposta agli stringenti limiti di cui all’articolo 106, comma 11, del decreto legislativo n. 50 del 2016, non può essere considerata un diritto dell’operatore uscente, né comunque un’opzione che l’Amministrazione è tenuta a reputare preferibile rispetto all’affidamento in via d’urgenza al nuovo operatore. E ciò tanto più in una procedura quale quella oggetto del presente giudizio, nella quale il termine finale del servizio oggetto di affidamento è stato comunque stabilito al 31 dicembre 2019, anche ove l’effettivo avvio dell’attività da parte dell’aggiudicatario fosse avvenuto successivamente alla data fissata del 1° gennaio 2019. La prosecuzione del rapporto in “proroga tecnica” con il precedente affidatario avrebbe, infatti, eroso la durata del servizio affidato all’operatore già risultato aggiudicatario per la predetta annualità.

    2) Con le censure articolate nel motivo A2 sub (i), nel motivo B e, inoltre, nel motivo D sub (ii) e (iii), la ricorrente svolge una serie di contestazioni in ordine all’applicazione nei confronti dell’aggiudicataria della clausola di salvaguardia occupazionale del personale dell’operatore uscente.
    Al riguardo, va anzitutto rilevato che la suddetta clausola è presente nello schema di contratto, compreso nella documentazione di gara quale Allegato E alla determinazione dirigenziale del 3 ottobre 2018, che ha indetto la procedura.
    In particolare, l’articolo 28 dello schema di contratto, dedicato alla “Clausola sociale di assorbimento del personale”, prevede che “Per l’esecuzione del presente appalto, ai fini di garantire il livello occupazionale, l’aggiudicatario, subordinatamente alla compatibilità ed all’armonizzazione con l’organizzazione d’impresa del medesimo, si impegna ad assorbire ed utilizzare prioritariamente per il periodo di durata del servizio il personale indicato nell’elenco depositato presso Roma Capitale, qualora disponibile, già impiegato dal precedente affidatario”.
    Non è stato, quindi, previsto un obbligo dell’operatore entrante di assumere necessariamente tutto il personale dell’affidatario uscente, bensì soltanto di assorbire prioritariamente tale personale. E ciò in coerenza con gli orientamenti espressi sul punto dalla giurisprudenza, la quale ha avuto modo di rimarcare che la c.d. clausola sociale “deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti essa lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d’impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost., che sta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di produzione e dell’autonomia di gestione propria dell’archetipo del contratto di appalto, sicché tale clausola deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente; conseguentemente l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante; i lavoratori, che non trovano spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali; la clausola non comporta invece alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria (cfr. Cons. Stato, III, n. 1255/2016; n. 5598/2015; vedi anche, IV, n. 2433/2016)” (così Cons. Stato, sez. III, 5 maggio 2017, n. 2078).

    Personale impiegato in lavori, servizi e forniture – Applicazione del contratto collettivo strettamente connesso con l’attività oggetto di appalto o concessione – Interpretazione e rapporti con la clausola sociale (art. 30 , art. 50 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 12.09.2019 n. 6148

    La clausola sociale [art. 50 d.lgs. n. 50/2016] contenuta nel disciplinare di gara era (…) formulata in maniera elastica e non rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario.
    D’altra parte, solo se formulata in questi termini, la clausola sociale è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa secondo la quale l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3885; III, 30 gennaio 2019, n. 750; III, 29 gennaio 2019, n. 726; 7 gennaio 2019, n. 142; III, 18 settembre 2018, n. 5444; V, 5 febbraio 2018, n. 731; V, 17 gennaio 2018 n. 272; III 5 maggio 2017, n. 2078; V 7 giugno 2016, n. 2433; III, 30 marzo 2016, n. 1255).
    E’ stato, così, escluso che una clausola sociale possa consentire alla stazione appaltante di imporre agli operatori economici l’applicazione di un dato contratto collettivo ai lavoratori e dipendenti da assorbire (cfr. Cons. Stato, sez. III, 18 settembre 2018, n. 5444; V, 1 marzo 2017, n. 932; III 9 dicembre 2015, n. 5597).

    Il vincolo prospettato (…) non derivava neppure dall’art. 30, comma 4, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; la norma, nell’imporre l’applicazione al personale impiegato nel servizio di un contratto collettivo (in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, nonché) “strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto”, intende riferirsi al contratto che meglio regola le prestazioni rese dalla categoria dei lavoratori impiegati nell’espletamento del servizio, e non a quello imposto dai vincoli e alle clausole sociali inserite negli atti di gara .

    In conclusione, gli operatori economici partecipanti alla procedura di gara (…) non erano tenuti ad applicare il CCNL Multiservizi nella formulazione dell’offerta, potendo, invece, scegliere il contratto collettivo ritenuto più adeguato alla propria organizzazione aziendale, e le clausole degli atti di gara, che tale scelta consentivano, erano pienamente legittime.

    Costo del lavoro non soggetto a ribasso – Illegittimità (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Aosta, 09.08.2019 n. 44

    La Stazione appaltante (…) ha stabilito che il “costo del lavoro non [è] soggetto a ribasso” [art. 95 d.lgs. n. 50/2016]
    Avendo la ricorrente offerto un costo del lavoro in misura inferiore rispetto a quanto stabilito negli atti di gara, è stata esclusa dalla procedura da parte della Stazione appaltante. (…)
    Tanto premesso, deve sottolinearsi come l’esclusione della ricorrente dalla gara non appaia legittima, in considerazione della impossibilità di ritenere ex se anomala un’offerta che indichi un costo della manodopera inferiore a quello indicato dalla Stazione appaltante (con dati ricavati dalle Tabelle Ministeriali), dovendo necessariamente lo stesso essere valutato nell’ambito della verifica di congruità [art. 97 d.lgs. n. 50/2016] tenuto conto che di regola siffatte tabelle – redatte dal Ministero competente – esprimono un costo del lavoro medio, ricostruito su basi statistiche, per cui esse non rappresentano un limite inderogabile per gli operatori economici partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, ma solo un parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che lo scostamento da esse, specie se di lieve entità, non legittima di per sé un giudizio di anomalia (Consiglio di Stato, V, 6 febbraio 2017, n. 501; altresì, sez. III, 13 marzo 2018, n. 1609; III, 21 luglio 2017 n. 3623; 25 novembre 2016, n. 4989).
    I costi medi della manodopera, indicati nelle tabelle (ministeriali), del resto, svolgono una funzione indicativa, suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali, laddove si riesca, in relazione alle peculiarità dell’organizzazione produttiva, a giustificare la sostenibilità di costi inferiori, fungendo gli stessi da esclusivo parametro di riferimento da cui è possibile discostarsi, in sede di giustificazioni dell’anomalia, sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, II bis, 19 giugno 2018, n. 6869). Ciò che invece non può essere derogato in peius – e non risulta essersi verificato nella specie – sono i minimi salariali della contrattazione collettiva nazionale, sui quali non sono ammesse giustificazioni (T.A.R. Veneto, I, 19 luglio 2018, n. 774).

    Non appare rilevante, in senso contrario, l’eccezione (…) in ordine alla stretta connessione tra la prescrizione relativa all’inderogabilità del costo del lavoro e la clausola sociale (…), che avrebbe imposto l’immediata impugnazione di quest’ultima in seguito alla pubblicazione del Bando, non potendo procedersi alla sua disapplicazione in fase di gara.
    Dalla lettura della richiamata disposizione – che recita “al fine di promuovere la stabilità occupazionale nel rispetto dei principi dell’Unione Europea, e ferma restando la necessaria armonizzazione con l’organizzazione dell’operatore economico subentrante e con le esigenze tecnico-organizzative e di manodopera previste nel nuovo contratto, l’aggiudicatario del contratto di appalto è tenuto ad assorbire prioritariamente nel proprio organico il personale già operante alle dipendenze dell’aggiudicatario uscente, come previsto dall’art. 50 del D. Lgs. 50/2016 e s.m.i., garantendo l’applicazione dei CCNL di settore, di cui all’art. 51 del D. Lgs. 15 giugno 2015, n. 81” – non emerge affatto un vincolo assoluto in capo al partecipante alla gara (e futuro aggiudicatario) di dover assorbire necessariamente il personale attualmente impiegato presso l’Amministrazione procedente, essendo un tale impegno da conciliare con le esigenze produttive e la libertà di impresa del concorrente (…). Inoltre, l’eventuale assorbimento non risulta essere subordinato al rispetto di specifiche condizioni (…).
    La cd. clausola sociale, difatti, deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e dell’Unione europea in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti lesiva dei richiamati principi nel senso di scoraggiare la partecipazione alla gara e di limitare eccessivamente la platea dei partecipanti.
    Pertanto, siffatta clausola deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente.
    Ne consegue che l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante (Consiglio di Stato, III, 5 maggio 2017, n. 2078).
    Ciò è stato confermato dal Consiglio di Stato, Commissione speciale, parere n. 2703/2018, del 21 novembre 2018, reso sulle Linee guida recanti la disciplina delle clausole sociali (Art. 50 del D. Lgs. n. 50 del 2016, come modificato dal D. Lgs. n. 56 del 2017), che ha precisato che la prescrizione delle clausole sociali non può che avvenire che nel «rispetto della libertà di iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 Cost., ma anche dall’art. 16 della Carta di Nizza, che riconosce “la libertà di impresa”, conformemente alle legislazioni nazionali. E’ in base al necessario rispetto di tale principio che secondo costante giurisprudenza di questo Consiglio, per tutte C.d.S. sez. III 27 settembre 2018 n. 5551 e sez. V 28 agosto 2017 n. 4079, l’obbligo di riassorbimento del personale imposto dalla clausola in questione deve essere inteso in modo compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante» (Consiglio di Stato, III, 30 gennaio 2019, n. 750).

    Da quanto rilevato in precedenza emergono, dunque, sia la tempestività dell’impugnazione dell’esclusione dalla procedura, sia la sua fondatezza, non essendo ammissibile una esclusione automatica per violazione delle tabelle sul costo del lavoro predisposte dalla Stazione appaltante e ricavate dai dati ministeriali (cfr. Consiglio di Stato, III, 8 giugno 2018, n. 3471).

    Clausole sociali: chiarimenti ANAC sulle Linee Guida n. 13

    L’Autorità nazionale anticorruzione ha ritenuto opportuno fornire dei chiarimenti su alcune criticità applicative segnalate da soggetti aggregatori in merito alle Linee guida n. 13 «La disciplina delle clausole sociali».
    I chiarimenti riguardano i dati che la stazione appaltante – nel rispetto della clausola sociale – deve indicare nella documentazione di gara per la formulazione dell’offerta e la presentazione del piano di compatibilità, da parte dell’offerente.

    Comunicato del Presidente del 29 maggio 2019

    Chiarimenti in ordine alle Linee guida n. 13 recanti «La disciplina  delle clausole sociali»

    Alcuni  soggetti aggregatori hanno segnalato criticità applicative in merito alle Linee  guida n. 13 recanti «La disciplina delle clausole sociali» [art. 50 d.lgs. n. 50/2016]. In particolare, chiedono  chiarimenti sui dati che la stazione appaltante – nel rispetto della clausola sociale  – deve indicare nella documentazione di gara per la formulazione dell’offerta e  sulla presentazione del piano di compatibilità, da parte dell’offerente. A tal  riguardo l’Autorità ritiene opportuno fornire i seguenti chiarimenti.

    Le  previsioni di cui ai paragrafi 3.4 e 3.5 delle Linee guida n. 13 sono da  intendersi riferite alla fase di adesione della singola amministrazione alla  convenzione o all’accordo quadro stipulato dalla centrale di committenza. Pertanto, ciascuna amministrazione in sede di emissione dell’ordinativo per il singolo contratto  fornisce all’affidatario della convenzione o dell’accordo quadro le informazioni relative al personale utilizzato nel contratto in corso di  esecuzione e sulla base di tali dati l’aggiudicatario presenta all’amministrazione richiedente il piano di compatibilità.

    Le  indicazioni di cui al paragrafo 3.4 delle Linee guida n. 13 sono da ritenersi  prevalenti rispetto a quelle di cui al paragrafo 24 del Bando tipo n. 1 e al paragrafo 25 del Bando tipo n. 2. A seguito della conversione del decreto legge  18 aprile 2019, n. 32 (Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei  contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di  rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici),  l’Autorità provvederà ad adeguare i predetti Bandi tipo.

    Servizi ad alta intensità di manodopera – Obbligo di utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – Adunanza Plenaria CdS (art. 50 , art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, Ad. Plen. , 21.05.2019 n. 8

    Gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera ai sensi degli artt. 50, comma 1 e 95, comma 3, lett. a), del codice dei contratti pubblici sono comunque aggiudicati con il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, quand’anche gli stessi abbiano anche caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett.  b), del medesimo articolo .

    La questione era stata rimessa da Consiglio di Stato, sez. III, 5 febbraio 2019, n. 882

    Ha chiarito l’Alto consesso che in questo senso va composto il contrasto di giurisprudenza venutosi a creare per effetto delle pronunce richiamate dalla Sezione rimettente, in particolare per effetto della sentenza della III Sezione del 13 marzo 2018, n. 1609, che pure per un servizio di vigilanza antincendio a favore di un’azienda sanitaria locale, aveva invece affermato la prevalenza del criterio del massimo ribasso ai sensi dell’art. 95, comma 4, lett. b), del codice dei contratti pubblici (peraltro supponendo che: «la tipologia di cui alla lett. b) del comma 4 dell’art. 95 attiene ad un ipotesi ontologicamente del tutto differente sia dall’appalto “ad alta intensità di manodopera” di cui all’art. 95 comma 3 lett. a) che concerne prestazioni comunque tecnicamente fungibili»; e non già all’esito di un’analisi del rapporto strutturale tra le due diverse disposizioni di legge).

    Richiamato il principio poc’anzi espresso, va quindi ribadito che le caratteristiche di servizio ad alta intensità di manodopera della vigilanza antincendio non consentono che lo stesso sia aggiudicato con il criterio del massimo ribasso, benché caratterizzato anche da una forte standardizzazione dello attività in esso comprese.

    Ha affermato che il comma 3 dell’art. 95 del Codice dei contratti si pone ad un punto di convergenza di valori espressi in sede costituzionale e facoltà riconosciute a livello europeo ai legislatori nazionali, per la realizzazione dei quali nel codice dei contratti pubblici il miglior rapporto qualità/prezzo è stato elevato ad criterio unico ed inderogabile di aggiudicazione per appalti di servizi in cui la componente della manodopera abbia rilievo preponderante.

    Sulla base dell’analisi normativa interna ed europea, e della cornice indirizzo politico-legislativo ad esse presupposta, si può dunque pervenire a definire il rapporto tra i commi da 2 a 5 dell’art. 95 in esame nel senso seguente: – ai sensi del comma 2 le amministrazioni possono aggiudicare i contratti di appalto pubblico secondo il criterio (ora denominato in generale) dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata dal miglior rapporto qualità/prezzo o che abbia a base il prezzo o il costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia; – in attuazione della facoltà riconosciuta agli Stati membri dalla direttiva 2014/24/UE di escludere o limitare per determinati tipi di appalto il solo prezzo o il costo (art. 67, par. 2, ultimo cpv., sopra citato), e in conformità ai criteri direttivi della legge delega n. 11 del 2016, il comma 3 pone invece una regola speciale, relativa tra l’altro ai servizi ad alta intensità di manodopera, derogatoria di quella generale, in base alla quale per essi è obbligatorio il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo; – per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate si riespande invece la regola generale posta dal comma 2, con il ritorno alla possibilità di impiegare un criterio di aggiudicazione con a base l’elemento prezzo, e precisamente il «minor prezzo», purché questa scelta sia preceduta da una «motivazione adeguata».

    Nell’ipotesi in cui un servizio ad alta intensità di manodopera abbia contemporaneamente caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett. b), del medesimo art. 95, come nel caso che ha dato origine alla rimessione a questa Adunanza plenaria, vi è un concorso di disposizioni di legge tra loro contrastanti, derivante dal diverso ed antitetico criterio di aggiudicazione rispettivamente previsto per l’uno o l’altro tipo di servizio e dal diverso grado di precettività della norma. Si pone quindi un conflitto (o concorso apparente) di norme, che richiede di essere risolto con l’individuazione di quella prevalente. Il conflitto così prospettato non può che essere risolto a favore del criterio di aggiudicazione del miglior rapporto qualità/prezzo previsto dal comma 3, rispetto al quale quello del minor prezzo invece consentito in base al comma 4 è subvalente.

    La soluzione ora espressa (di recente riaffermata dalla V Sezione di questo Consiglio di Stato, con sentenza 24 gennaio 2019, n. 605) è infatti conseguenza diretta di quanto rilevato in precedenza, e cioè del carattere speciale e derogatorio di quest’ultima regola rispetto a quella generale, laddove il criterio del minor prezzo ai sensi del comma 4 ne segna invece il ritorno, con la riaffermazione della facoltà di scelta discrezionale dell’amministrazione di aggiudicare l’appalto secondo un criterio con a base il (solo) prezzo. Il ritorno alla regola generale incontra tuttavia un ostacolo insuperabile nella deroga prevista nel comma 3, che impone alle amministrazioni un obbligo anziché una mera facoltà, per cui per effetto di essa in tanto è possibile aggiudicare i contratti di appalto di servizi con caratteristiche standardizzate al massimo ribasso in quanto il servizio non abbia nel contempo abbia caratteristiche di alta intensità di manodopera.

    fonte: sito G.A.