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Piano Economico Finanziario (PEF) – Sottoscrizione di un Professionista abilitato oltre che del Legale Rappresentante – Legittimità – Soccorso procedimentale – Inapplicabile (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 21.08.2023 n. 7839

7. Va innanzitutto osservato che l’art. 16 del disciplinare di gara al punto 2 prescrive espressamente la sottoscrizione del piano economico finanziario (PEF) anche da parte di un dottore commercialista o di un ragioniere abilitato all’esercizio della professione, a pena esclusione come indica l’incipit dello stesso articolo (nel dettaglio, la busta “C — Offerta economica” doveva contenere il fac-simile n. 3 e il piano economico finanziario: “deve essere presentato, a dimostrazione dell’equilibrio economico-finanziario, dei costi gestionali e degli eventuali investimenti con riferimento all’arco temporale della Concessione, quale presupposto per la corretta allocazione dei rischi di cui all’art. 3-comma 1, lettera zz) del D. Lgs. 50/2016, un dettagliato Piano Economico Finanziario sottoscritto, oltre che dal Legale Rappresentante del concorrente o dal suo Procuratore, anche da un Dottore Commercialista o da un Ragioniere abilitato all’esercizio della professione. Il Piano deve contenere la previsione delle voci di entrata e di spesa (es. personale, canoni, utenze, forniture, eventuali investimenti ecc.) che il Concessionario presume di affrontare per la gestione di cui trattasi a dimostrazione della sostenibilità della complessiva Offerta Economica presentata”).
7.1. Le ragioni che sostengono la razionalità di tale previsione sono dunque quelle esattamente indicate dal Tar in ordine al rischio che doveva essere assunto dal concessionario relativamente all’aleatorietà della domanda di prestazioni e alla conseguente validità imprenditoriale dell’iniziativa economica.
7.2. In questo quadro, il PEF aveva la fondamentale funzione di garantire proprio l’equilibrio economico e finanziario dell’iniziativa attraverso la “corretta allocazione dei rischi” (cfr. art. 165, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016) ed è per tale ragione che è stata prevista la sua sottoscrizione non solo da parte del legale rappresentante dell’impresa, ma anche di un dottore commercialista o di un ragioniere abilitato all’esercizio della professione, figure questa ultime competenti ad asseverare la corretta allocazione dei rischi.
8. Quanto all’invocato soccorso istruttorio, la disposizione del disciplinare di gara (art. 13) ha stabilito che: “Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda, e in particolare, la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del DGUE, con esclusione di quelle afferenti al contenuto sostanziale dell’offerta economica e dell’offerta tecnica, possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui all’articolo 83, comma 9 del Codice”.
8.1. Nel caso in esame, tuttavia, non può ritenersi che la mancata sottoscrizione del PEF da parte del ragioniere o del commercialista abilitati all’esercizio della professione possa costituire un difetto attinente ad un semplice elemento formale, trattandosi invece di una carenza sostanziale non sanabile mediante ricorso all’istituto del soccorso istruttorio. Il PEF infatti non è stato originariamente sottoscritto da uno dei suddetti professionisti ed una successiva sottoscrizione avrebbe necessariamente determinato una nuova valutazione di fattibilità del piano dei rischi da parte di questi ultimi.
8.2. D’altra parte, nelle procedure di gara è pacifico che il soccorso procedimentale deve ritenersi ammesso in relazione all’integrazione della documentazione già prodotta, ma non anche per consentire all’offerente di formare atti richiesti dopo la scadenza del termine di presentazione delle offerte, in violazione dei principi di immodificabilità e segretezza dell’offerta, di imparzialità e di par condicio delle imprese concorrenti (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2023, n.324).

Piano economico finanziario PEF – Valutazione sulla sostenibilità – Insindacabilità (art. 165 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 30.01.2023 n. 1042

8.2. L’esame deve prendere le mosse dalla funzione che assume il piano economico finanziario nelle concessioni di lavori e di servizi. Secondo la definizione legale contenuta nell’art. 3, comma 1, lettere uu) [concessione di lavori] e vv) [concessione di servizi], del Codice dei contratti pubblici, formulata in piena coerenza con il diritto unionale, la concessione è un contratto a titolo oneroso che ha per oggetto l’affidamento, da parte della stazione appaltante, della esecuzione di lavori o della fornitura e gestione di servizi in cui il concessionario ricava il corrispettivo ad esso spettante per l’esecuzione del contratto esercitando il diritto a gestire le opere o i servizi e a trattenere i ricavi della gestione, assumendosi i rischi connessi a tale gestione (e principalmente, nella concessione di servizi in cui la parte relativa ai servizi è prevalente rispetto ai lavori, il rischio derivante dalla domanda del servizio). La concessione, sia di lavori pubblici che di servizi, si caratterizza pertanto per un dato: la remunerazione degli investimenti compiuti dall’operatore economico privato e delle prestazioni rese nell’esecuzione della concessione è costituita dal diritto di gestire funzionalmente ed economicamente il servizio (o i servizi) erogati attraverso le opere pubbliche realizzate. Il che significa, come d’altronde emerge agevolmente dalla lettura sia delle definizioni di cui all’art. 3, comma 1, lett. cit. [si vedano anche le lettere zz), aaa), bbb) e ccc), nelle quali è scolpita la definizione delle diverse tipologie di rischi trasferiti in capo al concessionario], che dell’art. 165 del Codice dei contratti pubblici, che i servizi in questione debbono avere una chiara natura imprenditoriale, nel senso che si rivolgono ad un mercato composto da una pluralità di utenti che ne domandano le prestazioni. Il rischio assunto dal concessionario si valuta proprio intorno alla aleatorietà della domanda di prestazioni poiché l’errore di valutazione del livello di domanda attendibile evidentemente condiziona la remuneratività dell’investimento e misura la validità imprenditoriale dell’iniziativa economica. Si tratta, come noto, di una tipologia di rischio imprenditoriale diversa da quella riscontrabile nel contratto di appalto (di lavori, servizi o forniture), proprio perché entra in giuoco un elemento imponderabile (cioè la domanda di prestazioni per quel servizio pubblico, non determinabile a priori); elemento che nell’appalto non compare.
8.4. In questo quadro, il piano economico finanziario ha la funzione di garantire l’equilibrio economico e finanziario dell’iniziativa (ossia la «contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria») attraverso la «corretta allocazione dei rischi» (art. 165, comma 2, cit.; corretta allocazione che può eventualmente essere temperata da un intervento finanziario posto a carico dell’amministrazione concedente), lungo tutto l’arco temporale della gestione. Se la concessione si qualifica per il trasferimento del rischio operativo dal concedente al concessionario, il PEF è lo strumento mediante il quale si attua la concreta distribuzione del rischio tra le parti del rapporto, la cui adeguatezza e sostenibilità deve essere valutata dall’amministrazione concedente alla luce delle discipline tecniche ed economiche applicabili e sulla base delle eventuali prescrizioni che la stessa amministrazione ha dettato con la lex specialis della procedura per la selezione del concessionario.
Controllo che non si svolge secondo gli schemi propri del giudizio di anomalia dell’offerta nelle procedure d’appalto, il cui oggetto è comunque circoscritto sia per la (di regola) limitata durata nel tempo dell’affidamento, sia per l’assenza di uno specifico rischio operativo e della domanda in capo all’appaltatore. L’assunzione del rischio imprenditoriale da parte del concessionario, i limiti entro i quali tale assunzione è ammissibile e non compromette il proficuo svolgimento dell’attività affidata al terzo [la convenienza economica e la sostenibilità finanziaria: art. 3, comma 1, lett. fff)], è l’oggetto delle valutazioni riservate all’amministrazione concedente.
8.5. La ricostruzione delineata riprende gli orientamenti più recenti (cfr. Cons. Stato, V, 4 febbraio 2022, n. 795, ed ivi ulteriori precedenti conformi) che sottolineano come la funzione del PEF sia quella di dimostrare la concreta capacità dell’operatore economico di eseguire correttamente le prestazioni per l’intero arco temporale prescelto, attraverso la prospettazione di un equilibrio economico e finanziario di investimenti e connessa gestione che consenta all’amministrazione concedente di valutare l’adeguatezza dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto della concessione (v. anche Cons. Stato, V, 26 settembre 2013, n.4760). In altri termini il PEF è un documento che giustifica la sostenibilità dell’offerta, quale dimostrazione che l’impresa è in condizione di trarre utili tali da consentire la gestione proficua dell’attività (Cons. Stato, V, 10 febbraio 2010, n. 653).
8.6. Ciò premesso, deve essere ulteriormente ribadito che le valutazioni circa la sostenibilità del PEF e dell’offerta rientrano in un ambito di valutazione tecnica riservato all’amministrazione concedente, tendenzialmente insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza.

PPP : limite del 49 % di contributo pubblico e utilizzo di contributi europei a fondo perduto anche PNRR

Delibera ANAC n. 432 del 20.09.2022

Sul limite del 49 % di contributo pubblico nelle operazioni di PPP (del decreto legislativo n. 50 del 2016 e ss.mm.), e utilizzo dei contributi europei a fondo perduto.

Se non incidono sulla finanza pubblica nazionale e non risultano in qualche modalità o forma a carico della pubblica amministrazione, i finanziamenti a fondo perduto di provenienza euro – unitaria, anche nell’ambito del PNRR, possono ritenersi esclusi dalle valutazioni in merito al “contributo pubblico” e, in particolare, al perimetro del 49 % di cui agli articoli 165, comma 2, e 180, comma 6, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 in quanto destinati a “nettare” la quota di investimento.

In caso di distinzione tra risorse europee a fondo perduto (grants) e prestiti onerosi soggetti a obbligo di restituzione da parte dello Stato italiano (loans), la predetta indicazione si applica esclusivamente alle risorse europee a fondo perduto (grants).

Piano Economico Finanziario (PEF) – Funzione – Valutazione del rischio e dell’ equilibrio economico finanziario (art. 165 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 04.02.2022 n. 795

L’esame deve prendere le mosse dalla funzione che assume il piano economico finanziario nelle concessioni di lavori e di servizi. Secondo la definizione legale contenuta nell’art. 3, comma 1, lettere uu) [concessione di lavori] e vv) [concessione di servizi], del Codice dei contratti pubblici, formulata in piena coerenza con il diritto unionale, la concessione è un contratto a titolo oneroso che ha per oggetto l’affidamento, da parte della stazione appaltante, della esecuzione di lavori o della fornitura e gestione di servizi in cui il concessionario ricava il corrispettivo ad esso spettante per l’esecuzione del contratto esercitando il diritto a gestire le opere o i servizi e a trattenere i ricavi della gestione, assumendosi i rischi connessi a tale gestione (e principalmente, nella concessione di servizi o in cui la parte relativa ai servizi è prevalente rispetto ai lavori, il rischio derivante dalla domanda del servizio). La concession,e sia di lavori pubblici che di servizi, si caratterizza pertanto per un dato: la remunerazione degli investimenti compiuti dall’operatore economico privato e delle prestazioni rese nell’esecuzione della concessione è costituita dal diritto di gestire funzionalmente ed economicamente il servizio (o i servizi) erogati attraverso le opere pubbliche realizzate. Il che significa, come d’altronde emerge agevolmente dalla lettura sia delle definizioni di cui all’art. 3, comma 1, cit. (si vedano anche le lettere zz), aaa), bbb) e ccc), nelle quali è scolpita la definizione delle diverse tipologie di rischi trasferiti in capo al concessionario), che dell’art. 165 del Codice dei contratti pubblici, che i servizi in questione debbono avere una chiara natura imprenditoriale, nel senso che si rivolgono ad un mercato composto da una pluralità di utenti che ne domandano le prestazioni. Il rischio assunto dal concessionario si valuta proprio intorno alla aleatorietà della domanda di prestazioni poiché l’errore di valutazione del livello di domanda attendibile evidentemente condiziona la remuneratività dell’investimento e misura la validità imprenditoriale dell’iniziativa economica. Si tratta, come noto, di una tipologia di rischio imprenditoriale diversa da quella riscontrabile nel contratto di appalto (di lavori, servizi o forniture), proprio perché entra in giuoco un elemento imponderabile (cioè la domanda di prestazioni per quel servizio pubblico, non determinabile a priori); elemento che nell’appalto non compare.
In questo quadro il piano economico finanziario ha la funzione di garantire l’equilibrio economico e finanziario dell’iniziativa (ossia la «contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria») attraverso la «corretta allocazione dei rischi» (art. 165, comma 2, cit.; corretta allocazione che può eventualmente essere temperata da un intervento finanziario posto a carico dell’amministrazione concedente), lungo tutto l’arco temporale della gestione (si osservi che nella procedura di gara in esame la lettera di invito consentiva ai concorrenti di proporre una durata massima pari a 30 anni). Se la concessione si qualifica per il trasferimento del rischio operativo dal concedente al concessionario, il PEF è lo strumento mediante il quale si attua la concreta distribuzione del rischio tra le parti del rapporto, la cui adeguatezza e sostenibilità deve essere valutata dall’amministrazione concedente alla luce delle discipline tecniche ed economiche applicabili e sulla base delle eventuali prescrizioni che la stessa amministrazione ha dettato con la lex specialis della procedura per la selezione del concessionario.
Controllo che non si svolge secondo gli schemi propri del giudizio di anomalia dell’offerta nelle procedure d’appalto, il cui oggetto è comunque circoscritto sia per la (di regola) limitata durata nel tempo dell’affidamento, sia per l’assenza di uno specifico rischio operativo e della domanda in capo all’appaltatore. L’assunzione del rischio imprenditoriale da parte del concessionario, i limiti entro i quali tale assunzione è ammissibile e non compromette il proficuo svolgimento dell’attività affidata al terzo [la convenienza economica e la sostenibilità finanziaria: art. 3, comma 1, lett. fff)], è l’oggetto delle valutazioni riservate all’amministrazione concedente.
La ricostruzione sinteticamente delineata riprende gli orientamenti più recenti (cfr. Cons. Stato, V, 26 maggio 2020 n. 3348; V, 2 settembre 2019, n. 6015; V, 13 aprile 2018, n. 2214) che sottolineano come la funzione del PEF sia quella di dimostrare la concreta capacità dell’operatore economico di eseguire correttamente le prestazioni per l’intero arco temporale prescelto, attraverso la prospettazione di un equilibrio economico e finanziario di investimenti e connessa gestione che consenta all’amministrazione concedente di valutare l’adeguatezza dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto della concessione (v. anche Cons. Stato, V, 26 settembre 2013, n. 4760). In altri termini il PEF è un documento che giustifica la sostenibilità dell’offerta, quale dimostrazione che l’impresa è in condizione di trarre utili tali da consentire la gestione proficua dell’attività (Cons. Stato, V, 10 febbraio 2010, n. 653).

NARS: Linee guida n. 1/2022 – Valutazione delle revisioni del PEF

Nella seduta plenaria del 13 gennaio 2022, il NARS ha approvato le Linee Guida n. 1/2022 concernenti le revisioni dei piani economico finanziari dei contratti di concessione e delle operazioni in partenariato pubblico-privato.

Gli articoli 165, comma 6, e 182, comma 3, del Codice dei contratti pubblici demandano al NARS, ai fini della tutela della finanza pubblica strettamente connessa al mantenimento della corretta allocazione dei rischi nel contratto tra parte pubblica e parte privata, la valutazione della revisione dei Piani economico finanziari conseguente al verificarsi di fatti non riconducibili all’operatore economico. Il Codice prevede l’obbligo di sottoporre alla valutazione del NARS le revisioni dei PEF di opere di interesse statale o comunque finanziate con contributo a carico dello Stato e, negli altri casi, attribuisce all’amministrazione aggiudicatrice la facoltà di sottoporre la revisione dei PEF alla valutazione del Nucleo.

Le Linee Guida disciplinano l’iter procedurale in caso di espressione del NARS sulle revisioni dei piani economico finanziari di concessioni e operazioni in partenariato pubblico-privato e forniscono indicazioni operative alle amministrazioni per la sottoposizione delle procedure alla valutazione del Nucleo.”