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Sulla distinzione tra “requisiti di partecipazione alla gara” e “requisiti per l’esecuzione del contratto”

Consiglio di Stato, sez. III, 26.10.2023 n. 9255

Ciò chiarito in punto di fatto, in diritto vale richiamare i principi che regolano la distinzione tra “requisiti di partecipazione alla gara” e “requisiti per l’esecuzione del contratto” nonché la disciplina che regola la gara di cui è causa.
La distinzione tra requisiti di partecipazione e requisiti di esecuzione fa capo alla previsione di cui all’art. 100, d.lgs. n. 50 del 2016 che – nel dare recepimento alla normativa eurocomune e, segnatamente, alla previsione di cui all’art. 70 della direttiva 2014/24 e all’art. 87 della direttiva 2014/25 – facoltizza le stazioni appaltanti a richiedere agli operatori concorrenti, in aggiunta al possesso dei “requisiti” e delle “capacità” oggetto di valutazione selettiva di cui all’art. 83, ulteriori “requisiti particolari” (Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 2021, n. 2523).
La giurisprudenza colloca tra i requisiti di esecuzione gli elementi caratterizzanti la fase esecutiva del servizio così distinguendoli dai primi, che sono invece necessari per accedere alla procedura di gara, in quanto requisiti generali di moralità (ex art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016) e requisiti speciali attinenti ai criteri di selezione (ex art. 83, d.lgs. n. 50 del 2016). Non essendo in discussione che il possesso dei requisiti di partecipazione sia richiesto al concorrente sin dal momento della presentazione dell’offerta, merita evidenziare che i requisiti di esecuzione sono, di regola, condizioni per la stipulazione del contratto di appalto (Cons. Stato, sez. V, 30 settembre 2020, n. 5734; id. 30 settembre 2020, n. 5740; id. 12 febbraio 2020, n. 1071), pur potendo essere considerati nella lex specialis come elementi dell’offerta, a volte essenziali (Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2019, n. 2190), più spesso idonei all’attribuzione di un punteggio premiale (Cons. Stato, sez. V, 29 luglio 2019, n. 5309; id. 25 marzo 2020, n. 2090).
Sul punto è intervenuta la Corte di giustizia UE (sez. I, 8 luglio 2021, n. 428) che ha chiarito come l’attrazione di una specifica capacità prestazionale nell’alveo dei requisiti di partecipazione, sebbene inerente stricto sensu alle concrete modalità di svolgimento della futura attività contrattuale, dunque dell’offerta, ben può essere giustificata dal rafforzamento dell’esigenza per la stazione appaltante di assicurarsi, a monte, che coloro che partecipano alla gara dimostrino di poter essere nelle condizioni di svolgere determinate prestazioni richiedenti caratteristiche operative peculiari. Tale esigenza è tuttavia controbilanciata dal principio secondo cui il fatto di obbligare gli offerenti a soddisfare tutte le condizioni di esecuzione dell’appalto sin dalla presentazione della loro offerta costituisce un requisito eccessivo che, di conseguenza, rischia di dissuadere tali operatori dal partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti e, in tal modo, viola i principi di proporzionalità e di trasparenza.
Rileva il Collegio che la regolazione dei requisiti di esecuzione va rinvenuta nella lex specialis, con la conseguenza che, se richiesti come elementi essenziali dell’offerta o per l’attribuzione di un punteggio premiale, la loro mancanza al momento di partecipazione alla gara comporta, rispettivamente, l’esclusione del concorrente o la mancata attribuzione del punteggio; se richiesti come condizione per la stipulazione del contratto, la loro mancanza rileva al momento dell’aggiudicazione o al momento fissato dalla legge di gara per la relativa verifica e comporta la decadenza dall’aggiudicazione, per l’impossibilità di stipulare il contratto addebitabile all’aggiudicatario (Cons. Stato, sez. V, 7 marzo 2022, n.1617).
Sebbene si tratti di distinzione in sé non del tutto perspicua (perché non ancorata a parametri oggettivi) e fonte di potenziali incertezze, la giurisprudenza si è dimostrata, nondimeno, propensa a valorizzarla in una più comprensiva prospettiva proconcorrenziale, legittimando (talora perfino in termini di riqualificazione delle condizioni di gara) la prospettica disponibilità in executivis di requisiti di troppo onerosa (e, come tale, sproporzionata ed eccessivamente restrittiva) acquisizione preventiva (Cons. Stato, sez. V, 16 agosto 2022, n. 7137; id. 17 dicembre 2020, n. 8101; id., sez. V, 9 febbraio 2021, n. 1214).
Va ancora ricordato che, secondo un principio giurisprudenziale posto a salvaguardia dell’attendibilità delle offerte e della serietà della competizione, nonché dell’efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, in caso di incertezza interpretativa va preferita una interpretazione delle clausole del bando nel senso che i mezzi e le dotazioni funzionali all’esecuzione del contratto, soprattutto quando valutabili ai fini dell’attribuzione del punteggio per l’offerta tecnica, devono essere individuati già al momento della presentazione dell’offerta, con un impegno del concorrente ad acquisirne la disponibilità, a carattere vincolante (Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 2020, n. 2090; id. 23 agosto 2019, n. 5806; id. 29 luglio 2019, n. 5308) ovvero compiutamente modulato dalla stazione appaltante quanto alla serietà ed alla modalità della sua assunzione o alle condizioni e ai termini di adempimento dell’obbligazione futura (Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2022, n. 722; id. 18 dicembre 2020, n. 8159).

Requisiti di partecipazione e di esecuzione : onere di indicazione nella disciplina di gara (art. 100 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 18.07.2022 n. 6137

Vale, inoltre, puntualizzare, ancora in termini generali, che occorre tenere adeguatamente distinti i “requisiti di partecipazione” (alla gara) e i “requisiti di esecuzione” (del contratto): la distinzione, come è noto (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 2021, n. 2523), fa capo alla previsione di cui all’art. 100 del d. lgs. n. 50/2016 che – nel dare recepimento alla normativa eurocomune e, segnatamente, alla previsione di cui all’art. 70 della direttiva 2014/24 e all’art. 87 della direttiva 2014/25 – faculta le stazioni appaltanti a richiedere agli operatori concorrenti, in aggiunta al possesso dei “requisiti” e delle “capacità” oggetto di valutazione selettiva di cui all’art. 83, ulteriori “requisiti particolari”, a condizione che: a) siano rispettosi degli ordinari canoni di “parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, innovazione” che ispirano le procedure evidenziali, nella logica della garanzia di compatibilità “con il diritto europeo”; b) siano individuati ed indicati con precisione, come tali (cioè, come distinti dai requisiti speciali di partecipazione) nel corpo della lex specialis di procedura (in tal senso dovendo acquisirsi, per evidenti ragioni di chiarezza e trasparenza, la regola che impone che “siano precisate” nel bando, nell’invito o, in alternativa, nel “capitolato d’oneri”); c) gli operatori economici si impegnino, già in sede di formalizzazione dell’offerta e con espressa dichiarazione di accettazione, a garantirne il possesso “nell’ipotesi in cui risulteranno aggiudicatari” (comma 2).
Sebbene si tratti di distinzione in sé non del tutto perspicua (perché non ancorata a parametri oggettivi) e fonte di potenziali incertezze, la giurisprudenza si è dimostrata, nondimeno, propensa a valorizzarla in una più comprensiva prospettiva proconcorrenziale, legittimando (talora perfino in termini di riqualificazione delle condizioni di gara) la prospettica disponibilità in executivis di requisiti di troppo onerosa (e, come tale, sproporzionata ed eccessivamente restrittiva) acquisizione preventiva (come nel caso, ricorrente ed emblematico, della disponibilità di centri di cottura in relazione all’affidamento di servizi di ristorazione: cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 17 dicembre 2020, n. 8101 e, con pertinenti distinguo, Id., sez. V, 9 febbraio 2021, n. 1214).
Ne discende una indicazione di principio, secondo cui, quando la disciplina di gara intenda riservare alla fase esecutiva il possesso di requisiti inerenti la prestazione oggetto di affidamento (o, più correttamente, di autorizzare le parti a differire alla fase esecutiva la relativa acquisizione) ha, sotto il profilo formale, l’onere di formulare una inequivoca indicazione in tal senso nel corpo della disciplina di gara (in difetto di che tutti i requisiti di idoneità e di capacità devono ritenersi presuntivamente previsti per l’utile partecipazione alla procedura): salvo, peraltro, che la natura stessa del requisito non militi, ragionevolmente, nel senso della sufficienza di una dichiarazione che, in termini seri ed affidanti, impegni il concorrente a garantirne la concreta disponibilità per la sola eventualità di aggiudicazione della commessa.

Criteri di aggiudicazione di natura sociale – Applicazione – Limiti (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 20.10.2021 n. 7053

12. – Esaminando il contenuto dei contestati criteri di aggiudicazione, di cui si è già riferito sopra, appare evidente come, attraverso di essi, l’amministrazione appaltante abbia inteso inserire – accanto o sullo stesso piano degli interessi pubblici specifici connessi alla necessità di acquisire i beni e servizi oggetto dell’appalto – ulteriori interessi sociali, in particolare il conseguimento di un più elevato livello di tutela dei lavoratori impiegati nell’esecuzione del contratto.
Vero questo, la scelta dell’amministrazione solleva il problema dei limiti normativi entro i quali lo strumento dei contratti pubblici può essere utilizzato in una più ampia prospettiva funzionale, per il perseguimento di interessi e obiettivi di natura sociale, ambientale o più in generale di sostenibilità, sia dal lato del prodotto acquisito dal mercato, sia dal lato del processo specifico di produzione dei beni e servizi idonei a soddisfare i bisogni sottesi alla decisione dell’amministrazione di rivolgersi al mercato.
Limitando il discorso agli obiettivi di natura sociale, solo in parte è possibile ricavare dalla disciplina dei contratti pubblici, europea e nazionale una selezione di quelli che potrebbero giustificare una funzione sociale dei contratti pubblici. In particolare, dovendo ulteriormente restringere il campo agli interessi sociali attinenti alla tutela dei lavoratori, e segnatamente alla stabilità occupazionale e al diritto a una retribuzione equa e proporzionata alla qualità e quantità di lavoro (che costituiscono gli interessi sottesi alle clausole del disciplinare oggetto del presente giudizio), il primo riferimento è costituito dall’art. 30, comma 4, del Codice dei contratti pubblici (secondo cui al «personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia astrattamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente»), che impone di verificare la coerenza (la “astratta connessione”) tra l’attività oggetto dell’appalto e l’ambito di applicazione del C.C.N.L. indicato dall’impresa appaltatrice, ma non attribuisce all’amministrazione appaltante il potere di indicare nel bando di gara il contratto collettivo applicabile ai lavoratori impiegati nell’appalto (in tal senso si è assestata anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato: cfr. Sez. V, 17 gennaio 2018, n. 276; più di recente Sez. V, 3 novembre 2020 n. 6786).
12.1. – La norma è invocata dall’appellante per indurne l’illegittimità della clausola impugnata nel presente giudizio, ma a tale conclusione non si può giungere ove si tenga conto che, nella fattispecie, l’indicazione di un determinato CCNL (o meglio l’impegno degli offerenti ad applicare un determinato contratto collettivo) non condiziona l’ammissione alla procedura di gara, non essendo prescritto a pena di esclusione.
Nel caso in esame, infatti, l’introduzione di ulteriori interessi (di natura sociale) accanto all’interesse specifico all’acquisto di beni e servizi si realizza mediante l’integrazione dei criteri di aggiudicazione, con la conseguenza che la valutazione di ammissibilità deve essere condotta alla stregua delle direttive ricavabili dall’art. 95 del Codice dei contratti (anch’esso richiamato dall’appellante, in specie per quanto previsto dal comma 6, che istituirebbe una stretta connessione tra gli elementi di valutazione e l’oggetto dell’appalto, assente nel caso di specie).
12.2. – Si osservi che la dichiarazione di impegno ad applicare il CCNL indicato nel disciplinare di gara è destinata a operare come condizione di esecuzione del contratto e, per tale natura, rientra tra i requisiti per l’esecuzione dell’appalto; i quali, ai sensi dell’art. 100 del Codice dei contratti pubblici, «possono attenere […] a esigenze sociali e ambientali» e possono essere richiesti dalle stazioni appaltanti purché «compatibili con il diritto europeo e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, innovazione» e purché «precisati nel bando di gara o nell’invito».
12.3. – E’ pur vero, quanto alla verifica di compatibilità col diritto derivato dell’Unione, che nel considerando n. 104 della direttiva 2014/24/UE è predicata una netta distinzione funzionale tra condizioni di esecuzione di un appalto e criteri di aggiudicazione (nel senso che «[…], le condizioni di esecuzione dell’appalto sono requisiti oggettivi prestabiliti che non incidono sulla valutazione delle offerte»). Tuttavia, sia nella direttiva (art. 67) che nel Codice (art. 95, comma 6, cit.), la distinzione delineata, e il conseguente trattamento giuridico, non ubbidisce a tale indicazione, poiché diverse condizioni (che dovrebbero, in base alla loro natura e funzione, attenere alla fase esecutiva) sono invece contemplate come criteri di aggiudicazione. Si pensi alla possibilità di richiedere particolari qualifiche professionali per il personale incaricato di eseguire l’appalto [art. 67, paragrafo 2, lettera b), della direttiva; art. 95, comma 6, lettera e), del Codice).
12.4. – La Corte di Giustizia, inoltre, in una recente sentenza ha affermato la natura di principio fondamentale per l’aggiudicazione degli appalti dell’art. 18, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE, (nella parte in cui stabilisce «che gli operatori economici, nell’esecuzione di appalti pubblici, rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro elencate nell’allegato X»), che il legislatore dell’Unione ha inteso elevare «[…] allo stesso titolo degli altri principi contemplati al paragrafo 1 del medesimo articolo, vale a dire i principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di trasparenza, di proporzionalità, nonché di divieto di sottrazione di un appalto all’ambito di applicazione della direttiva 2014/24 o di limitazione artificiosa della concorrenza. Ne consegue che una prescrizione siffatta costituisce, nell’economia generale di tale direttiva, un valore cardine sul cui rispetto gli Stati membri devono vigilare in virtù della formulazione stessa dell’articolo 18, paragrafo 2, della direttiva in parola» (Corte Giust. U.E., II, 30 gennaio 2020, in causa C/395-18, Tim SpA, al punto 38).
12.5. – Alla luce di tali osservazioni, e considerato che sia l’art. 67, paragrafo 2, della direttiva appalti che l’art. 95, comma 6, del Codice, come si evince dalle locuzioni utilizzate («Tra tali criteri possono rientrare ad esempio […]»; «Nell’ambito di tali criteri possono rientrare […]»), non prefigurano un elenco tassativo di parametri sui quali basare i criteri di valutazione delle offerte tecniche ma individuano un catalogo aperto e quindi integrabile con ulteriori criteri (tra i quali, come risulta dallo stesso art. 95, comma 6, «gli aspetti […] ambientali e sociali»), si deve concludere che la stazione appaltante può discrezionalmente inserire tra i criteri di aggiudicazione anche particolari condizioni di esecuzione dell’appalto volte a conseguire obbiettivi di natura sociale (arg. anche dall’art. 100, comma 1, del Codice dei contratti pubblici).
12.6. – La condizione necessaria per il legittimo esercizio di tale potere discrezionale è costituita dalla verifica della sussistenza di una connessione tra i criteri e l’oggetto dell’appalto (art. 95, comma 6), nei termini della definizione di cui all’art. 95, comma 11, che considera connessi all’oggetto dell’appalto i «criteri di aggiudicazione [che] riguardino lavori, forniture o servizi da fornire nell’ambito di tale appalto sotto qualsiasi aspetto e in qualsiasi fase del loro ciclo di vita, compresi fattori coinvolti nel processo specifico di produzione, fornitura o scambio di questi lavori, forniture o servizi o in un processo specifico per una fase successiva del loro ciclo di vita, anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale» (la disposizione recepisce l’art. 67, paragrafo 3, della direttiva 2014/24/UE). Prendendo in considerazione anche fattori relativi all’intero ciclo di vita del lavoro, del bene o del servizio da acquisire, compresi i fattori coinvolti anche in una fase successiva al ciclo di vita, tra i criteri di aggiudicazione possono essere compresi anche criteri di natura sociale riferiti all’applicazione di un determinato contratto collettivo di lavoro o di una determinata tipologia di contratto di lavoro individuale, volti a conseguire specifici obiettivi di stabilità occupazionale e di trattamento economico e normativo dei lavoratori impiegati nell’appalto; fermo restando il limite da tempo individuato dalla giurisprudenza europea, ossia che il requisito non trasmodi nella previsione di criteri sociali che, abbandonando il legame con l’oggetto del contratto (nei termini sopra richiamati), prendano in considerazione gli aspetti relativi alla politica generale dell’impresa o altri aspetti estranei al programma contrattuale (si veda il leading case di cui a Corte Giust., 17 settembre 2002, C-513/99, Concordia Bus Finland; in seguito Corte Giust., 10 maggio 2012, C-368/10, Commissione c. Paesi Bassi, in particolare ai punti 89 ss.).
12.7. – Altri limiti sono di ordine generale e riguardano l’esercizio della discrezionalità dell’amministrazione appaltante nella selezione degli interessi sociali, ambientali o relativi a obiettivi di sostenibilità, la cui individuazione, e il cui peso nell’impianto della gara, devono scaturire dalla ponderazione sia con l’interesse specifico del contratto (ossia dell’interesse all’acquisizione del lavoro, bene o servizio per il soddisfacimento di specifici bisogni dell’amministrazione) sia con i principi generali di proporzionalità, parità di trattamento, non discriminazione e concorrenzialità del mercato degli appalti pubblici (art. 95, comma 2).

Repair exchange – Sostituzione della fornitura in alternativa alla manutenzione – Legittimità – Limite del lock in (art. 63 , art. 100 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 28.09.2020 n. 5713

Né, si badi bene, il comportamento di -Omissis- può dirsi anticoncorrenziale per aver “autorizzato” la pratica manutentiva del repair exchange in virtù della quale il produttore, in luogo della riparazione delle ottiche danneggiate, opta per la loro sostituzione con ottiche nuove al prezzo della riparazione.
E’ pur vero che, a rigore, con il termine manutenzione si intende usualmente la combinazione di tutte le azioni tecniche, amministrative e gestionali, durante il ciclo di vita di un’apparecchiatura, volte a mantenerla o riportarla in uno stato in cui possa eseguire la funzione richiesta, sottintendendo dunque la conservazione del bene nella sua identità fisica.
Ciò nondimeno, a giudizio del Collegio, e nella particolarità del caso qui in rilievo, il suindicato concetto deve essere adeguato nella sua rigida valenza semantica alla ordinarie dinamiche di mercato che individuano il repair exchange come una comune pratica manutentiva frequentemente in uso, come alternativa modalità esecutiva, nei rapporti di manutenzione di apparecchiature sofisticate come quella in argomento e, peraltro, adottata anche dalla stessa odierna appellante finanche nella precedente gara aggiudicata sempre da Estar e qui richiamata a sostegno delle tesi sviluppate con il primo motivo di appello.
[…]
Vi è, infine, da registrare – a fronte delle sollecitazioni dell’appellante – l’impegno anticipato da -Omissis- nei propri scritti difensivi a scongiurare, per il futuro, ulteriori fenomeni di lock in attraverso la previsione nel capitolato in fase di predisposizione per l’acquisto di nuove ottiche di una clausola in virtù della quale, trascorso il periodo di ammortamento decorrente dall’acquisizione iniziale, alla successiva rottura che dovesse verificarsi, l’ottica verrebbe messa fuori uso e dunque dovrebbe essere indetta una gara per l’acquisto di nuova fornitura oppure dovrebbe essere acquistata la nuova ottica dal fornitore medio tempore individuato con gara.

[rif. art. 63 , art. 100 d.lgs. n. 50/2016]