– l’art. 80, comma 4, del D.Lgs. n. 50/2016 prevede che “Un operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti. Costituiscono gravi violazioni quelle che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all’importo di cui all’articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602”; l’art. 48 bis del D.P.R. n. 602/1973 individua la predetta soglia in € 5.000,00 precisando altresì che il debito può derivare “dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo”;
– le violazioni degli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse si considerano definitivamente accertate qualora contenute in sentenze o in atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione; ebbene, secondo condivisibile indirizzo pretorio, tali sono le cartelle di pagamento emesse a seguito di avviso di accertamento non impugnato ovvero confermate all’esito del giudizio e, in genere, le cartelle di pagamento che, pur essendo il primo atto con il quale si manifesta la pretesa impositiva, non siano state tempestivamente gravate (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2049/2018; Sez. V, n. 3985/2017);
– nel caso in trattazione il debito tributario era per l’appunto costituito da cartelle di pagamento inoppugnate, alcune delle quali emesse nei confronti di società incorporate dalla istante in seguito ad atto di fusione;
– al riguardo, non vi è ragione di discostarsi dall’indirizzo espresso dal Consiglio di Stato (Sez. V, n. 1415/2019) secondo cui, in caso di fusione tra società, il carico tributario si trasferisce sulla società incorporante ai sensi 2504 bis c.c. che assume i diritti e gli obblighi delle società incorporate, secondo quanto, del resto, ribadito dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 172, commi 4 e 10 (“Dalla data in cui ha effetto la fusione la società risultante dalla fusione o incorporante subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate relativi alle imposte sui redditi, salvo quanto stabilito nei commi 5 e 7”; “Nelle operazioni di fusione, gli obblighi di versamento, inclusi quelli relativi agli acconti d’imposta ed alle ritenute operate su redditi altrui, dei soggetti che si estinguono per effetto delle operazioni medesime, sono adempiuti dagli stessi soggetti fino alla data di efficacia della fusione ai sensi dell’art. 2504-bis c.c., comma 2; successivamente a tale data, i predetti obblighi si intendono a tutti gli effetti trasferiti alla società incorporante o comunque risultante dalla fusione”) nonché dall’art. 15 del D.Lgs. n. 472/1997 (“La società o l’ente risultante dalla trasformazione o dalla fusione, anche per incorporazione, subentra negli obblighi delle società trasformate o fuse relativi al pagamento delle sanzioni. Si applica l’articolo 2499 codice civile”);
– è pertanto irrilevante la circostanza che le notifiche delle cartelle siano precedenti alla fusione delle società incorporate e, in particolare, non può essere invocata la buona fede della -OMISSIS- s.r.l.; difatti, la causa ostativa costituita dalla situazione di irregolarità tributaria ex art. 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici attualmente in vigore rileva in sé, sul piano oggettivo;
– affinché possano considerarsi integrati i presupposti della gravità e della definitività previsti dall’art. 80 del Codice degli Appalti pubblici occorre verificare sul piano oggettivo, sulla base dell’attestazione fornita dall’ente impositore competente, se l’operatore economico partecipante alla gara sia rispettivamente incorso in “un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all’importo di cui all’articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602” e se tale violazione degli obblighi tributari sia stata accertata “in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione” (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 1415/2019 citata);
– la circostanza per cui il debito tributario sia originariamente imputabile alla società incorporata non osta a che la relativa causa di esclusione da procedure di affidamento di contratti pubblici si trasmetta alla società incorporante e che, pertanto, a quest’ultima sia in definitiva riferibile la situazione di irregolarità tributaria venutasi a determinare nei confronti della prima;
– non ha pregio la censura con cui si assume la presunta decadenza della pretesa impositiva sottostante alle cartelle di pagamento per decorso del termine di cui all’art. 25 del D.P.R. n. 602/1973 (“il concessionario notifica la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, a pena di decadenza entro il 31 dicembre …) del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamento dell’ufficio”); ciò in quanto, nel caso specifico il profilo di illegittimità andava dedotto in sede di impugnazione delle cartelle di pagamento che, viceversa, risultano inoppugnate;
– peraltro, ai fini della verifica in ordine al possesso del requisito di ordine generale, non rilevano le ragioni della pendenza tributaria ma l’amministrazione appaltante deve limitarsi a prendere atto del contenuto dell’attestazione dell’amministrazione finanziaria avente efficacia fidefacente;
– va fatta applicazione del consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, secondo cui le certificazioni relative alla regolarità contributiva e tributaria delle imprese partecipanti, emanate dagli organi preposti si impongono alle stazioni appaltanti che non possono in alcun modo sindacarne il contenuto, non residuando alle stesse alcun potere valutativo sul contenuto o sui presupposti di tali certificazioni; spetta, infatti, in via esclusiva all’Agenzia delle Entrate il compito di dare un giudizio sulla regolarità fiscale dei partecipanti a gara pubblica, non disponendo la stazione appaltante di alcun potere di autonomo apprezzamento del contenuto delle certificazioni di regolarità tributaria, ciò al pari della valutazione circa la gravità o meno della infrazione previdenziale, riservata agli enti previdenziali (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 8/2012; Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2682/2013);
– l’eventuale regolarizzazione successiva non sana la carenza originaria del requisito di partecipazione; in proposito è sufficiente richiamare il granitico indirizzo giurisprudenziale secondo cui la regolarità fiscale e contributiva, nell’economia della lex specialis di gara mutuante la disciplina normativa, è un requisito necessario di partecipazione che deve essere posseduto dall’impresa partecipante alla gara non solo al momento di scadenza del termine di presentazione dell’offerta ma per tutto l’arco temporale in cui s’articola il procedimento di gara (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 184/2017; Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, n. 33/2016) restando peraltro irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1497/2018);
– l’attribuzione di un effetto rigidamente preclusivo all’inadempimento fiscale legislativamente qualificato risponde infatti all’esigenza di contemperare la tendenza dell’ordinamento ad ampliare la platea dei soggetti ammessi alle procedure di gara alla stregua del canone del favor partecipationis con la necessaria tutela dell’ interesse del contraente pubblico ad evitare la stipulazione con soggetti gravati da debiti tributari che incidono in modo significativo sull’affidabilità e sulla solidità finanziaria degli stessi (Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 20/2013);
– si aggiunga che la irrilevanza della regolarizzazione della posizione tributaria successiva al termine di presentazione delle offerte è stata ritenuta conforme all’ordinamento comunitario dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza 10 novembre 2016 n. C-199/15 – resa in materia di omesso pagamento di contributi previdenziali ed assistenziali ma applicabile anche nel caso di irregolarità fiscale – in cui ha affermato, con riferimento all’art. 45 della direttiva 2004/18/CE, ma con un principio valido anche nel vigore della direttiva 2014/24/UE (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4039/2018), che la disciplina comunitaria “non osta a una normativa nazionale … che obbliga l’amministrazione aggiudicatrice a considerare quale motivo di esclusione una violazione in materia di versamento di contributi previdenziali ed assistenziali risultante da un certificato richiesto d’ufficio dall’amministrazione aggiudicatrice e rilasciato dagli istituti previdenziali, qualora tale violazione sussistesse alla data della partecipazione ad una gara d’appalto, anche se non sussisteva più alla data dell’aggiudicazione o della verifica d’ufficio da parte dell’amministrazione aggiudicatrice” e ciò anche nel caso in cui l’importo dei contributi sia poi stato regolarizzato, prima dell’aggiudicazione o prima della verifica d’ufficio da parte dell’amministrazione aggiudicatrice;
– la posizione soggettiva dell’offerente diverrebbe variabile dipendente del decorso contingente del tempo con cui si svolgono le operazioni di gara: un esito affatto antitetico ai principi di trasparenza e parità di trattamento che conformano le procedure concorrenziali pubbliche e contrasterebbe con la par condicio degli operatori che prendono parte alle procedure concorsuali e che sono tenuti ad adempiere alle obbligazioni tributarie;
– in ragione di tale pronuncia, non vi è motivo per disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, facoltativamente rimesso agli organi giurisdizionali di primo grado ex art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, sollecitato dalla medesima ricorrente in ordine alla scrutinata irrilevanza dell’eventuale regolarizzazione da parte degli operatori economici;
– quanto alle altre ipotesi (esigenze imperative connesse a un interesse generale quale la salute pubblica, sproporzione dell’esclusione tenuto conto della tenuità dell’importo non versato, tardiva conoscenza del carico tributario da parte dell’operatore) in cui l’art. 57, paragrafo 3, della direttiva 24/2014 consente una deroga alla esclusione obbligatoria per inadempimento agli obblighi relativi al pagamento di imposte, è agevole rilevare che trattasi di previsioni facoltative “in via eccezionale” rimesse alla discrezionalità del legislatore, come tali inidonee a dar luogo ad effettivo contrasto tra la disciplina nazionale e quella eurounitaria;
– non può essere invocato il disposto dell’art. 80, comma 4, del D.Lgs. n. 50/2016 che consente – nel testo vigente ratione temporis a seguito delle modifiche introdotte con l’art. 1, comma 1, lett. n) n. 4 del D.L. n. 32 del 18.4.2019 – la partecipazione alle gare qualora l’operatore abbia “ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, purché il pagamento o l’impegno siano stati formalizzati prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande”;
– invero, nel caso in esame la regolarizzazione attuata dalla istante non rientra nella predetta previsione in quanto è avvenuta successivamente alla scadenza del termine di presentazione delle domande, non rispettando quindi la condizione posta dalla precitata disposizione;
– per l’effetto, non possono trarsi argomenti utili dal precedente di questa Sezione n. 5341/2019 che, nel precisare l’ambito di applicazione della novella forniva un interpretazione conforme al diritto unionale (“dalla lettura combinata dei paragrafi 2, terzo comma, e 3 dell’art. 57 della direttiva 24/2014 si evince l’essenzialità della regolarità tributaria e contributiva delle imprese partecipanti ai fini della partecipazione alle gare d’appalto, mentre la presentazione di una mera dichiarazione di impegno vincolante al relativo pagamento in caso di carenza del requisito è ammessa solo qualora non sia possibile regolarizzare per tempo la propria posizione per aver avuto incolpevolmente notizia della pendenza fiscale o contributiva in ritardo ed in prossimità del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla selezione, tanto da versare nella impossibilità di porvi rimedio tempestivamente”);
– invero, in quel giudizio veniva in rilievo una procedura di gara governata ratione temporis dal D.L. n. 32/2019 in cui l’operatore aveva formulato istanza di adesione alla definizione agevolata del carico tributario (da valere, secondo la ricorrente di quel giudizio, come impegno al pagamento) prima della scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara mentre, nel caso in esame, non è dato ravvisare una tale tempestiva dichiarazione di impegno alla regolarizzazione ma, solo dopo l’aggiudicazione, la -OMISSIS- s.r.l. ha provveduto al versamento, al quale tuttavia non può riconoscersi efficacia sanante alla luce del riferito orientamento della Corte di Giustizia e della giurisprudenza nazionale;
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